A 10 anni dalla caduta del Muro di Berlino

Noi viviamo oggi in tempi assolutamente straordinari: i tempi della dimenticanza, in cui gli uomini si rifiutano di riflettere sul loro più recente passato per riuscire a capirlo. Quest’anno si commemora il decennale della caduta del muro di Berlino. Molti dicono che con quell’evento sono finiti comunismo e guerra fredda. Ma non dimentichiamo che quest’anno si celebra anche un altro anniversario, ovvero il decennale di piazza Tien An Men a Pechino. Sembra che nessuno voglia ricordare che al giorno d’oggi oltre un miliardo di persone continua a vivere sotto il regime comunista. Ci dicono che il comunismo è finito senza considerare che esiste ancora in Cina, nella Corea del nord, in Vietnam; dicono che è finita la guerra fredda, ma non ci dicono chi l’ha vinta. Non c’è paese al mondo, istituzione né organizzazione internazionale ove sia stata compiuta un’indagine storica esatta e rigorosa sul periodo della guerra fredda. Come mai si continua a perseguire uomini che hanno compiuto i loro crimini cinquanta e più anni fa e si dimentica invece di rincorrere quelli che hanno compiuto i loro assassinii quindici o venti anni fa? Il decennale della caduta del muro viene ricordato e festeggiato in tutti i paesi del mondo, ma nessuno sembra averci spiegato che cosa è successo in quell’occasione. Si è trattato di un caso fortuito? Ovvero si è trattato di un piano concreto da parte dell’Unione Sovietica di arrivare alla distruzione del muro? Nel giugno di quest’anno ho partecipato a Roma ad una conferenza dedicata appunto a questo anniversario e con mia grande meraviglia mi sono accorto che al mio stesso tavolo sedevano ex burocrati sovietici, come, per esempio, l’ex capo della sezione internazionale del comitato centrale. Ho quindi approfittato immediatamente dell’occasione per rivolgere a questo personaggio delle domande: “Faceva parte dei vostri piani la caduta del muro di Berlino? E quali erano i vostri compiti, se veramente questa strategia è partita da voi? Quali le finalità che vi ponevate? Se veramente quello era un vostro piano e avevate determinate finalità, siete riusciti a realizzarle? E in quale misura? Se invece non le avete realizzate, in quale percentuale non lo sono state?”. Tutti questi vecchi burocrati sovietici si sono nel frattempo trasformati in rispettabili professori. Parlano naturalmente di cose importanti, e ne parlano con voce solenne. Anche questo burocrate ha parlato con me per qualche minuto, ma senza rispondere precisamente alla mia domanda. Sembra che nessuno ancora sia disposto veramente ad ammettere che cosa si riproponessero di fare veramente con la caduta del muro di Berlino. C’è stata anche una festa commemorativa del decennale della caduta del muro celebrata recentemente in Berlino stessa. Hanno invitato i capi dei paesi che hanno partecipato a questo grande avvenimento all’epoca: Gorbacev da un lato, il cancelliere Helmut Kohl e l’ex presidente degli stati uniti George Bush. Tutti a pari merito sono stati elogiati dall’attuale cancelliere tedesco per il contributo da loro dato alla caduta del muro. Mi sono assolutamente stupefatto alla vista di questo spettacolo alla televisione, chiedendomi a che livello di assurdità siamo arrivati ponendo sullo stesso piano personaggi come Gorbacev, Bush, e Kohl, in merito a questo avvenimento. Non bisogna dimenticare che Gorbacev si era prodigato per l’unificazione della Germania, ma alle condizioni poste dall’Unione Sovietica, e che di più aveva fatto per conservare l’esistenza della stessa. Ma perse il controllo della situazione e le carte andarono a 48. Dall’altra parte abbiamo visto un Gorge Bush che ha fatto tutto il possibile per evitare il collasso dell’Unione Sovietica. Nel 1991 si recò in Ucraina, un mese prima dell’indipendenza dalla Russia, cercando di convincere gli ucraini di non fare quel passo e stare uniti alla madrepatria. Ora questi tre personaggi vengono glorificati sullo stesso piano come combattenti contro il comunismo. Ho avuto la possibilità di controllare direttamente e in prima persona i documenti autentici del comitato centrale del partito comunista, relativi proprio al periodo della guerra fredda e agli ultimi periodi dell’Unione Sovietica. Nel 1991, quando ebbi la possibilità di andare a Mosca e chiesi al governo di mettermi a disposizione gli archivi, in un primo tempo ricevetti un diniego. Ma nella primavera del 1992 ci fu un risveglio del partito comunista, che decise di fare causa contro il divieto imposto all’esistenza del partito e di ricorrere alla corte costituzionale per definire la legittimità di questa decisione. Sembra che Eltsin a questo punto si sia spaventato, nel timore che effettivamente avrebbe potuto perdere il processo, per cui uno dei suoi più vicini assistenti mi telefonò a Cambridge invitandomi ad andare a Mosca in qualità di assistente, per un aiuto processuale. Io diedi il mio consenso ma posi una condizione ben precisa: ci sarei andato solo nel caso in cui avessero messo a mia disposizione gli archivi del comitato centrale. Effettivamente così avvenne e gli archivi vennero aperti ma solo per la durata del processo e unicamente a fini processuali. Io venni in tal modo invitato in qualità di esperto presso la corte costituzionale della federazione russa, ed in questa veste ebbi la possibilità di venire a diretta conoscenza dei documenti relativi al comitato centrale del partito. Mi resi immediatamente conto che sebbene mi avessero dato la possibilità di consultare i documenti, sicuramente mi avrebbero negato la possibilità di riprodurli o fotocopiarli. Per cui decisi di comperarmi un piccolo computer portatile e uno scanner, un apparecchio per la copiatura dei documenti, contando sul fatto che uno strumento come quello fosse un’assoluta novità in Russia, tanto più che era una novità anche in occidente, all’epoca. Per i 6 mesi durante i quali si svolse il processo ebbi la possibilità di passare tranquillamente allo scanner tutti i documenti che arrivavano nelle mie mani. Alla fine del processo gli archivi vennero nuovamente sottoposti ad un regime di segretezza per un periodo di trent’anni, per cui mi ritrovo ora ad avere a disposizione alcune migliaia di pagine e documenti che nel frattempo a Mosca sono stati posti di nuovo a regime di segretezza. Sono documenti riferiti al periodo della perstrojka, della Glasnost e a tutto il periodo degli anni ’80 sulla cui base è possibile dedurre che cosa effettivamente pianificasse Gorbacev in quegli anni. E’ vero che egli volesse veramente porre fine all’impero sovietico? Assolutamente no . Fino al 1991 il partito comunista sovietico ha continuato a finanziare tutti i partiti comunisti del mondo intero. E non si è solo limitato ad estendere il suo appoggio finanziario ai partiti, ma anche a far frequentare ai vari attivisti corsi speciali di istruzione, organizzati dal KGB a Mosca. Nel 1989 il governo sovietico decise di ritirare le proprie truppe dall’Afghanistan. Ho avuto sottomano i documenti relativi a questa decisione. Il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan era comunque calcolato e pianificato in modo da garantire la sopravvivenza del regime comunista all’interno dell’Afghanistan stesso, ed effettivamente così avvenne: il regime in Afghanistan è crollato solo dopo quello dell’Unione Sovietica. In seguito al verificarsi della così detta rivoluzione di velluto in vari paesi ex comunisti, come Cecoslovacchia e Polonia per esempio, sono stati aperti dai rispettivi governi delle inchieste per capire come esattamente siano andate le cose. In particolare il governo ceco ha proposto un’analisi storica per verificare lo svolgimento dei fatti nel proprio paese. E’ risultato che anche questa rivoluzione di velluto era stata architettata e organizzata da Mosca attraverso i canali del KGB. I giornalisti hanno condotto un’indagine analoga in Romania, e pressappoco sono arrivati alle stesse conclusioni. Dall’analisi di tutti questi documenti emerge che da parte del governo sovietico queste rivoluzioni di velluto erano state promosse, ma con un fine assolutamente diverso: trasformare tutti i grandi capi delle repubbliche socialiste sorelle in tanti piccoli Gorbacev. Ed è a questo punto che il processo sfuggì loro di mano, perché le popolazioni dei vari paesi dimostrarono di volere qualcosa di diverso: la liberazione dal comunismo. Lo stesso per quanto riguarda il processo di unificazione della Germania: l’Unione Sovietica voleva effettivamente la riunificazione della Germania, purché avvenisse alle sue condizioni. In effetti quello che si proponeva Mosca era una smilitarizzazione della Germania, e contemporaneamente la vittoria della social democrazia. Il processo, tuttavia, non ebbe lo sviluppo che desideravano. A causa di un buffo errore nemmeno il muro di Berlino venne aperto nel giorno che i sovietici avevano programmato. Avrebbero voluto che il muro cadesse quasi fosse un gesto liberale e generoso concesso da parte loro ai tedeschi, ottenendone appunto del credito in cambio. Ma le cose andarono diversamente: il muro cadde un giorno prima per un futile errore di comunicazione interna e il popolo di Berlino est semplicemente diluviò attraverso il foro a Berlino ovest. Ora, ci dicono che il grande merito di Gorbacev sia stato dare l’ordine di non sparare su quella gente. Ma in base ai documenti che ho potuto esaminare, già circa sei mesi prima Gorbacev pianificava che il processo sarebbe avvenuto in maniera assolutamente normale. Solo verso la fine del 1990 il governo russo cominciò a rendersi conto che le cose non si svolgevano come avrebbe desiderato. La domanda più logica che viene da porsi ora, soprattutto in occasione di questo anniversario, è chiedersi come mai sia crollato quel sistema. Perché mai il governo russo avrebbe promosso determinate operazioni estremamente pericolose? Quello che ci propinano ora è che Gorbacev sia stato una specie di saggio riformatore il cui fine è sempre stato quello di riformare il suo paese. Ma noi riusciamo perfettamente a capire che, sulla base delle strutture del sistema sovietico, era impossibile che tale sistema producesse un riformatore vero. La verità è che all’inizio degli anni ’80 l’economia dello stato era in pieno sfacelo. La prima causa di ciò va ricercata sicuramente nella natura stessa del socialismo: questo sistema non è basato sul principio della produzione, ma su quello della distribuzione. Quindi fino a che il paese ha qualcosa da distribuire l’economia è salva; ma quando non c’è più nulla ecco che si arriva presto alla bancarotta. Il sistema sovietico era riuscito a sopravvivere per un periodo così lungo per il semplice fatto che il paese disponeva di straordinarie ricchezze naturali. Persino ora, dopo settantatre anni di continuo defraudamento di queste sue ricchezze, continua ad essere ricchissimo in materie come petrolio, gas naturale, diamanti e mille altre cose. Ma il socialismo comporta una struttura mentale talmente stupida che diventa persino difficile essere capaci di sfruttare le ricchezze naturali di cui il paese disponeva. Dal momento che il sistema si appoggia sul collettivo è impossibile pensare ad un sistema di miglioramento della produzione, ovvero si viene a creare un tipo di economia estensiva, che consente solo lo sviluppo di piccole industrie singole. Per esempio, per migliorare la rendita dell’agricoltura, è necessario aumentare progressivamente la quantità e la dimensione della terra coltivata. Teniamo presente che non appena si crearono delle difficoltà nell’agricoltura risultò che non si riusciva a produrre a sufficienza per mancanza di terre. Non dimentichiamo che l’Unione Sovietica possedeva il 6% delle terre emerse. Al tempo di Krusciov si pensò di allargare e migliorare l’economia coltivando distese immense di steppa, ovviamente senza risultati positivi. Questa dilatazione enorme della superficie coltivabile creò una mancanza di mano d’opera; in questo un paese la mano d’opera era un punto di forza: da questo punto di vista era uno dei più ricchi della terra. Negli anni ’70 cominciarono a scarseggiare petrolio e gas naturale, nonostante la Russia disponesse di enormi giacimenti di questi prodotti. Il fatto è che fino ad allora per le estrazioni si erano limitati a sfruttare i giacimenti in cui l’estrazione era facile, e si poneva ora il problema di sfruttare quelli più difficoltosi. Si può dire che agli inizi degli anni ’80 il sistema economico sovietico fosse al livello della bancarotta, dello sfacelo. Era rovinata al punto tale che l’ Unione Sovietica non riusciva a sopravvivere in due aspetti estremamente importanti della sua politica estera. Il primo era la corsa agli armamenti: nel momento in cui Reagan proponeva la politica del rafforzamento nella corsa agli armamenti, l’Unione Sovietica si trovò in una situazione in cui non era assolutamente in grado di seguire questa tendenza. Il secondo grande problema erano i costi dell’impero. Il paradosso del sistema sovietico è sempre consistito nel fatto che i loro successi sono sempre stati sopraffatti, per così dire, dai loro insuccessi, ovvero quanto più avanzava la conquista dei nuovi paesi, tanto più alto diveniva il prezzo per il mantenimento di questi loro successi. Esportavano in quei paesi un modello socialista assolutamente improduttivo, e se ne resero conto per la prima volta all’epoca della crisi polacca. Prima di introdurre la legge marziale nel paese le autorità polacche chiesero all’ Unione Sovietica determinati rifornimenti di specifici prodotti. In particolare una delle richieste fu la fornitura di trentamila tonnellate di carne. La cosa assurda è che quell’immenso paese si rivelò incapace di mettere insieme una tale quantità di carne. Nei documenti che riguardano le sedute del comitato centrale, parte dei quali io ho riportato nel mio libro, si vede come di tempo in tempo il comitato centrale tornasse puntualmente a discutere di queste trentamila tonnellate. Bresnief apriva quasi ogni seduta con la domanda fatidica: “Come va con la carne della Polonia?”. Gorbacev, che a quell’epoca era segretario per l’agricoltura, si affrettava a rispondere che dal canto suo erano state emanate le direttive ed erano state spedite a chi di dovere. Rispondeva che in tutti i comitati provinciali e regionali la risposta era stata immediata e che quindi c’erano buone possibilità che la carne si reperisse. Ma Bresnief non era soddisfatto e continuava a domandare: “La carne c’è?”. Gorbacev rispondeva: “La carne non c’è, ma noi insistiamo”. E’ veramente paradossale, perché sembra che questo immenso paese avesse concentrato tutte le forze al fine di ottenere della carne; che tuttavia non fu trovata: ne reperirono solo sedicimila tonnellate. A questo punto i leader sovietici cominciarono effettivamente ad accorgersi che non ce la facevano più a sopperire alle necessità del loro impero: la base politica era troppo piccola per le loro ambizioni. Sorse quindi l’idea di dare inizio a qualche riforma strutturale interna. Ovviamente lo scopo di tale riforma era tutt’altro che eliminare il comunismo o far cadere l’impero sovietico. Il compito preciso era salvare entrambi, sia il partito, sia l’unione. E’ a questo punto che nasce la perestrojka. Dopo di che vennero scritti decine, centinaia, migliaia di libri in occidente in cui si analizzava la figura di Gorbacev, definendolo il riformatore che effettivamente si opponeva ai vecchi riformatori all’interno del paese per dare inizio ad una nuova fase. E’ un’assoluta stupidaggine e nemmeno è vero che ci sia stato conflitto fra Gorbacev e i conservatori ai vertici del regime. Prima ancora che Gorbacev assumesse il potere la decisione di dare inizio alle riforme era stata presa; lui si limitò ad eseguire programmi già sanciti prima della sua salita. Tuttavia si resero conto ben presto che si trattava di programmi difficilmente realizzabili: per l’economia erano insufficienti e per la politica erano di troppo. Era impossibile ormai salvare l’economia e tali riforme avrebbero messo in pericolo la stabilità politica. Ad esempio, uno dei punti del piano stabiliva di concedere maggiore autonomia alle repubbliche alleate dell’impero, un’indipendenza culturale ed economica. Non appena tali repubbliche ricevettero questa autonomia, esigettero anche l’indipendenza politica. Nel 1989 il piano comprendeva l’introduzione di riforme per i vari paesi dell’Europa orientale. Quando gli uomini capirono che avevano la possibilità di operare la loro scelta, si proclamarono tutti, indistintamente, contro il socialismo. In definitiva si verificò ciò che è molto facilmente riscontrabile nel periodo di una tirannia al momento delle sue riforme. Gorbacev sopravvalutò la forza del sistema, e sottovalutò decisamente la forza del popolo. Nel 1991, ormai, nessuno avrebbe potuto salvare quel sistema. L’ultimo passo perpetrato da Gorbacev nell’ultimo periodo del suo regime fu la privatizzazione delle proprietà del partito; così le migliori industrie e imprese vennero suddivise tra i vari membri del partito comunista.

Per esempio, un gruppo speciale di funzionari dovette frequentare dei corsi intensivi nel campo finanziario, per essere poi in grado di dirigere e di creare delle banche private. Non appena questi ex burocrati e funzionari di partito si trovarono a maneggiare denaro e ad avere in mano le proprie banche, si resero conto che il partito non era più loro necessario; a questo punto il partito cominciò a cadere a pezzi. Ciò che interessava a questi uomini erano i soldi, gli interessi del partito erano assolutamente secondari. Da questa situazione venne a crearsi quella che ora noi definiamo mafia russa. C’è un equivoco da parte dell’occidente nell’interpretazione del termine mafia russa: non c’è paragone possibile fra la mafia russa e la mafia siciliana. I mafiosi russi sono persone che hanno seguito corsi intensivi molto validi; sono vecchi funzionari di partito passati attraverso una buona scuola di ex funzionari del KGB. Queste persone, che sono state così gratificate, a cui è stato dato in mano tanto potere e denaro da Gorbacev, si trovano ora a controllare i gangli vitali del paese. Ovvero in Russia è avvenuto qualcosa di paradossale: il sistema è crollato, ma gli uomini che occupavano i posti cruciali del paese sono rimasti esattamente dov’erano. Con una differenza: oltre al potere amministrativo, di cui già disponevano, si ritrovano ora ad avere un immenso potere finanziario. E’ una situazione che comunque non porta assolutamente il paese verso un’economia di mercato, per il semplice fatto che la mafia non può accettare una tale forma di libero mercato, non può accettare nessun tipo di concorrenza. Lo stesso è avvenuto nella sfera politica: a tutti i livelli amministrativi sono rimasti gli stessi uomini che c’erano al tempo del comunismo; e se prima si limitavano ad attenersi alle reti del partito adesso semplicemente si limitano ad essere corrotti, se prima si limitavano a portare avanti il volere e gli ordini dei loro capi, adesso fanno le stesse cose, ma per denaro. Ovviamente i legami che esistono fra questi burocrati, in campo legislativo, amministrativo, giudiziario ed economico sono molto stretti, perché si tratta di vecchi colleghi, gente che si conosce e che ha mantenuto comunque i legami che esistevano prima. Il risultato è stato una fusione delle forze politiche e di quelle economiche: la nostra mafia è appunto politica ed economica insieme. Per quanto riguarda invece la grande massa della popolazione, la sua unica preoccupazione è quella di sbarcare il lunario e pensare oggi a quello che succederà domani. La vita è talmente difficile che resta loro ben poco tempo da dedicare alla politica, per cui il quadro che presenta la Russia attuale è veramente molto triste. Sicuramente, se fosse stato possibile prima porre fine al sistema comunista, ci sarebbero state possibilità maggiori per un risanamento. Ma purtroppo, proprio nel momento più necessario, c’è stato un allentamento di pressione da parte dell’occidente; proprio quando Gorbacev ha dato inizio alle sue presunte riforme, l’occidente avrebbe dovuto insistere ed esercitare una maggiore pressione sull’ Unione Sovietica. Invece è avvenuto l’inverso e l’occidente ha prestato tutto l’aiuto e l’appoggio possibile a Gorbacev. Basti dire che nei sette anni della sua presidenza, ha ottenuto dall’occidente quarantacinque milioni di dollari, denaro che la Russia naturalmente non sarà mai in grado di restituire. A che fine sono stati spesi questi milioni di dollari? Per consentire al sistema di sopravvivere ancora per qualche tempo. E’ stata sicuramente folle la politica occidentale di questi ultimi anni nei confronti della ex Unione Sovietica. In qualche modo mi ricorda la situazione che si creò con la guerra del golfo. Sarebbe bastato insistere un giorno ancora per farla finita; invece l’occidente è stato incapace di concludere le cose. Come le truppe nella guerra del golfo si fermarono alle soglie di Baghdad, l’occidente si fermò esattamente in Unione Sovietica nel momento in cui avrebbe dovuto insistere e continuare. Nel mio libro, sulla base dei documenti che propongo e che ho avuto modo di esaminare, traggo una conseguenza estremamente importante: affermo che tale politica da parte dell’occidente non è stata casuale né è stato un errore, bensì si è trattato di una decisione coscientemente perseguita. Ho trovato in proposito dei documenti molto interessanti, in particolare uno che risale al 1991, in cui la sessione internazionale del comitato centrale fa rapporto al centro. Vi si dice che le forze socialiste, in particolare l’internazionale, esprimevano la loro profonda preoccupazione per un possibile crollo del comunismo in Unione Sovietica. Il crollo del socialismo avrebbe comportato la fine per loro, come socialisti e social democratici in occidente; era quindi necessario rallentare il processo di crollo del comunismo, renderlo il più soffice possibile, per consentire a sé stessi una vittoria in occidente. Viceversa sapevano benissimo che un crollo immediato del comunismo in oriente avrebbe significato l’impossibilità per loro di raggiungere posizioni di potere in occidente. Scelsero quindi la prima variante, che conduceva ad un prolungato crollo del comunismo. Per cui assistiamo ora ad una situazione veramente assurda: il comunismo è effettivamente crollato, ma i suoi alleati in occidente sono tutti arrivati ad impugnare le leve del potere. Provate ad immaginarvi il 1945, la fine della seconda guerra mondiale: la Germania nazista è stata battuta e nonostante questo in tutti gli altri paesi dell’Europa sono rimasti al potere gli ex collaborazionisti della Germania. Siamo forse in grado di figurarci un quadro così assurdo? Non possiamo, perché la politica da parte dell’occidente nei confronti della Germania sconfitta è stata molto precisa ed esigente: hanno preteso dal paese una capitolazione totale, incondizionata. Invece da parte dell’ Unione Sovietica non è stato preteso nulla di analogo; l’unica cosa che si è chiesta è stata l’introduzione parziale di moderate riforme. Come risultato di questo tipo di politica ora siamo in un’Europa nella quale, con la sola eccezione della Spagna, si trovano al potere le forze socialiste, e con una Russia che ha come dirigenti gli stessi che governavano nel periodo comunista. E’ mia convinzione che fino a che non riusciremo a liberarci, qui di questi personaggi, e in Russia di quei residui del passato, non riusciremo a cambiare veramente la faccia dell’Europa. La conclusione degna della seconda guerra mondiale è stata la celebrazione del processo di Norimberga. Se non riusciremo a celebrare un processo analogo a quello, ma sulle spalle del comunismo, ritengo che questa pagina della storia europea non potrà mai considerarsi chiusa.

Domanda:

Approfitto dell’occasione rarissima e faccio una domanda, forse un po’ specifica, su uno dei settori cruciali: quello delle grandi risorse naturali dell’Unione Sovietica. Una delle più grandi è proprio il gas naturale; e in Russia c’è la più grande società del mondo di estrazione di gas, ed è produttore dell’oltre 40% del gas naturale estratto al mondo. Cosa ci può dire sulle prospettive, sapendo che è una società controllata dagli stessi grandi burocrati che l’ hanno sempre seguita prima?

Risposta:

Ho già detto che le risorse naturali in Russia sono ancora sufficientemente ricche. Ma lo sfruttamento di queste risorse è semplicemente barbarico. Normalmente vengono sfruttati per primi i giacimenti di più facile estrazione, e quello che se ne ricava dal punto di vista economico, viene utilizzato per passare poi a tipi di estrazione più complicati. Questo avviene normalmente in una compagnia petrolifera seria; ma dal momento che in Unione Sovietica c’è sempre stata una patologica mancanza di denaro, le autorità, anziché servirsi degli utili ricavati da queste estrazioni più facili ai fini di migliorare la tecnologia e quindi passare a sfruttamenti di giacimenti più difficili, hanno utilizzato questi ricavati per altri scopi. Riguardo alla domanda sul gas “Promm” le devo rispondere che i giacimenti di più facile raggiungimento, sia di gas naturale che di petrolio, sono già esauriti. Naturalmente, per passare a tipi di estrazioni più complicati in giacimenti che presentano dal punto di vista tecnico maggiori difficoltà è necessaria una tecnologia più raffinata, che nel paese per ora manca e non ci sono possibilità di ottenerla. Ora come ora la situazione della Russia è paragonabile a quella della Nigeria: vive sui petrol dollari. In pratica vendono la materia prima, gas naturale e petrolio, in occidente e ne ricavano i petrol dollari, usati per l’acquisto di prodotti di prima necessità. Ma l’estrazione del gas naturale e del petrolio, dal punto di vista quantitativo, diminuisce regolarmente dal 5% al 7% l’anno. Questo non avviene perché mancano le risorse naturali; ma di anno in anno bisognerebbe investire più denaro per poter veramente passare ad estrazioni di tipo più costoso. Anche i vecchi apparati per l’estrazione non sono più utilizzabili: i gas dotti e gli oleodotti hanno bisogno di continue manutenzioni, ma non ci sono soldi. Le multinazionali petrolifere in passato hanno manifestato molto interesse per i giacimenti esistenti nel territorio della federazione russa. Agli inizi degli anni ’80 molte compagnie hanno cercato di ottenere concessioni per i vari giacimenti e le estrazioni di gas e petrolio; ma si sono convinti molto rapidamente che le cose non sarebbero andate bene. Per esempio il contratto, anche sottoscritto, finiva per non avere nessun valore giuridico. Non solo, ma era anche necessario pagare a destra e a manca, e la situazione diventava estremamente pericolosa. Le grandi compagnie internazionali del petrolio non hanno più affari né grandi né piccoli all’interno del paese, tanto più che il prezzo a livello internazionale di queste materie prime non rende ormai molto attraenti i tipi di commercio che si potrebbero avere con la federazione russa. La congiuntura è leggermente migliorata in questo ultimo anno, ove il prezzo del barile e del greggio è leggermente aumentato; non è però tale da poter giustificare la bontà di un eventuale affare con la Russia. In realtà il mondo ha fin troppo petrolio, per cui i capitali occidentali non manifestano troppi interessi a investire e a correre rischi in un paese quale è la Russia attuale. Non penso che il gas Promm abbia delle buone prospettive future. Soprattutto per quanto riguarda il gas naturale si può veramente parlare di una specie monopolio statale. E’ in questo senso che continuano ad avere grande influenza sulla vita della Russia, ma non sono già ora in condizione di garantire il fabbisogno della loro stessa società.

Domanda:

Volevo tornare ai primi anni ’90. Mi ricordo il colpo di Stato a Mosca, quando Gorbacev venne portato in Crimea. All’epoca i media avevano parlato di “ritorno dei dinosauri” contro questo innovatore, questo uomo che aveva modernizzato la Russia. E mi ricordo l’apprensione con cui vidi quelle immagini di carri armati che giravano per Mosca. Mi immaginavo che sarebbero tornati i comunisti. Alla luce di ciò che lei ha detto stasera mi vengono dei dubbi su quello che pensai. In base a ciò che lei ha visto, in quella settimana che Gorbacev ha passato in Crimea, cosa è realmente successo? E quando è tornato, perché abbiamo visto processi in cui sono stati condannati tutti i vari gerarchi, poi usciti nuovamente?

Risposta:

Di questo parlo più compiutamente nel mio libro sugli archivi, per cui mi limiterò ad un riassunto breve dei fatti. Verso il 1990 l’entourage di Gorbacev ha cominciato a rendersi conto che stava perdendo il controllo della situazione. Stavano perciò dando inizio ad un piano che prevedeva l’introduzione della legge marziale all’interno del paese. Di conseguenza Gorbacev, alla fine del 1990, sostituì le persone che gli stavano vicine, introducendo personaggi che sarebbero stati in grado di attuare comandi e accettare direttive molto dure. Hanno fatto una prova generale all’inizio del gennaio 1991 nelle repubbliche baltiche. Quanto si verificò nel baltico in quel mese venne puntualmente ripetuto a Mosca in agosto. Anche questo rientra perfettamente nella logica e nella strategia del sistema. Questa prova generale venne fatta in Lituania e in Lettonia. Le truppe speciali vennero mosse verso il parlamento e gli edifici della televisione, mandate a circondarli e ad occuparli, mentre le autorità centrali dei rispettivi paesi davano vita ad un comitato di salvezza sociale. Fu creato un quadro reale della situazione, molto simile a ciò che si era fatto in Polonia con l’introduzione della legge marziale nel 1981. Non appena furono attuati questi primi passi la reazione nel resto del paese fu enorme; i capi di governo non si sarebbero mai attesi una opposizione di tal fatta. Tutti i minatori si misero in sciopero, sulle piazze ebbero luogo enormi dimostrazioni; gli uomini si stavano rendendo conto che si stava preparando qualcosa di analogo in tutto il paese. La dimostrazione che venne organizzata a Mosca in marzo radunò ben mezzo milione di persone. In aprile ci fu uno sciopero nazionale che durò un giorno, ma al quale parteciparono, secondo dati ufficiali, cinquanta milioni di persone. A quel punto l’entourage di Gorbacev ebbe paura e decise di spostare l’introduzione della legge marziale, per dar modo all’atmosfera di raffreddarsi. Bisogna certo rendersi conto che la Russia non è la Polonia. Sarebbero persino mancate le truppe per introdurre in tutta la superficie della regione la legge marziale. Si trattava ormai di una soluzione non più adatta al momento. Si prepararono allora ad introdurre la legge marziale nell’autunno di quell’anno. Stando a tutti i dati di cui ora disponiamo, Gorbacev era al corrente di tutto quello che sarebbe dovuto succedere. In agosto fu lui a decidere il piano, secondo il quale sarebbe andato in Crimea, la legge marziale sarebbe stata introdotta in sua assenza e la situazione del paese in questo modo si sarebbe tranquillizzata; e nel giro di un paio di mesi lui sarebbe dalla Crimea ritornato a Mosca, e forse avrebbe anche deciso di eliminare la legge marziale. Avrebbe di nuovo finito per essere l’eroe e tutto sarebbe andato per il meglio. Tuttavia fece male i suoi conti: la struttura interna del paese cominciava ormai a perdere colpi e la forza centrale non era più la stessa. In primo luogo per quanto riguarda l’esercito si pretese l’ordine diretto di Gorbacev, che secondo la costituzione era capo degli eserciti. I generali decisero in modo perfettamente logico, ma poi questi stessi finirono per diventare capri espiatori della situazione. Loro, cioè, si rendevano conto che se avessero iniziato qualsiasi azione senza una disposizione precisa del capo dell’esercito, sarebbe stato molto facile una volta avvenute le cose liberarsi di loro. Per questo i vertici dell’esercito si rifiutarono esplicitamente di intraprendere qualsiasi azione senza una autorizzazione scritta del capo delle forze armate. Allora i capi organizzatori decisero di andare da Gorbacev, cercando di convincerlo ad uscire dal suo rifugio, far ritorno a Mosca e introdurre la legge marziale. A questo punto Gorbacev si spaventò e si rese conto che c’era il pericolo che il suo piano andasse a rotoli. Tutti danno questa stesa versione degli avvenimenti, e io non ho motivo per dubitare della sua veridicità, per il semplice fatto che un sistema come quello dell’Unione Sovietica non avrebbe mai potuto intraprendere un tipo di azione di quel genere senza l’approvazione da parte del governo centrale e in particolare del segretario generale, ovvero Gorbacev; non si sarebbe potuto nemmeno dare l’ordine di muovere una divisione dell’esercito senza un preciso comando in questo senso. Sulla base dei documenti che ho potuto vedere negli archivi del comitato centrale, emerge chiaramente che tutti i particolari, anche i più infimi, di quanto succedeva nel paese, venivano riportati e messi a conoscenza di Gorbacev. Immaginarsi che gli stessi membri del complotto contro Gorbacev, ad un certo punto richiedano il suo aiuto è un quadro assolutamente assurdo: era esattamente l’ultima persona alla quale si sarebbero dovuti rivolgere. Ora come ora, non esiste persona in Russia che non sia convinta del fatto che negli avvenimenti di quell’anno Gorbacev sia stato attivo partecipante. Ma non bisogna dimenticare il valore delle persone che hanno cercato di difendere la loro libertà personale e il coraggio di tutti coloro che sono scesi sulle piazze per salvare il salvabile, naturalmente senza avere la minima idea di quello che invece si era complottato dietro le quinte. Il ruolo di tutti costoro è stato determinante, ed è grazie a loro che i piani dei partecipanti al complotto non si sono realizzati, evitando l’intervento delle forze militari ed enormi spargimenti di sangue nel paese.

Domanda:

Avrei piacere di sapere cosa pensa della situazione in Cecenia.

Risposta:

Teniamo presente che quanto avviene ora in Cecenia è una seconda guerra. C’è già stata una prima guerra cecena, che purtroppo ha suscitato molto meno reazione nell’occidente di quante se ne stiano verificando ora. La prima guerra di Cecenia ha determinato più reazioni negative all’interno della Russia. La maggior parte dell’opinione pubblica russa, allora, era contro tale guerra. Da parte dell’occidente invece si espressero solamente alcune riserve, senza una precisa condanna di essa. Sono convinto che se le reazioni dell’occidente fossero state più dure, probabilmente avremmo evitato la seconda guerra.

NOTA: testo, non rivisto dall’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 22.11.1999 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.