Il marxismo è un nuovo idealismo etico?

Le premesse: storicismo e immanenza dell’idealismo

La prima radice del marxismo è nella concezione hegeliana del mondo, concezione in cui culminò l’idealismo tedesco fortemente caratterizzato dal principio di immanenza e dallo storicismo. Marx trasformò l’immanenza e lo storicismo dell’idealismo in ateismo e in materialismo economico, ma tanta parte di hegel rivive nel suo critico ed epigono.
Per l’idealismo, immanenza e storicismo significano essenzialmente questo: la realtà è niente altro che storia e la storia è la vita stessa del Weltgeist, ossia dello Spirito del mondo, di un Dio che si fa nella storia, anzi come storia, che si realizza nell’angustia degli orizzonti umani, tessendo la trama della storia attraverso le opposizioni e gli svolgimenti degli individui e dei popoli. Quelle che noi giudichiamo le persone in concreto sono per Hegel istituzioni passeggere e spoglie che lo Spirito del mondo attraversa e depone; né migliore sorte tocca alle cosiddette «individualità storiche» che pure sono investite di una missione speciale nel mondo: la veemente passionalità che spinge «l’uom fatale» all’azione sconvolgitrice travolge l’individuo nella catastrofe della tragedia storica di cui è, a un tempo, protagonista e vittima. La necessità storica è tutto, la persona singola è un’astrazione: uomini e superuomini sono in quanto momenti della vita stessa del Weltgeist, il quale nel suo divenire li disfa e li abbandona, come «gusci vuoti» (leere Hülsen), per esprimersi in nuove e diverse realizzazioni di sé.
L’immanenza è il presupposto dello storicismo: Dio e storia si identificano, tutto ciò che è reale è razionale, non esiste valore alcuno che non sia interamente dissolto nel divenire della storia. La storia è proclamata autosufficiente e divina nella sua indeprecabile necessità: tutto ciò che è, è quale doveva essere.
Questa è l’essenza dello storicismo, di cui è facile scorgere le conseguenze immoralistiche da più parti assunte, per una specie di consacrazione filosofica, a giustificazione di tutti i crimini e di tutte le forze irrazionali comparse nella storia. La fatalità del processo storico-dialettico uccide la libertà; l’immanenza sopprime il dover essere e sommerge in un ottimismo aprioristico la possibilità stessa di ogni valida azione etica. Tutto ciò che fa irruzione nel mondo con una potenza che appaia garanzia di successo, è sempre giusto e deve essere giustificato.

Lo storicismo materialistico

Da una contaminazione dello storicismo idealistico e dell’evoluzionismo materialistico è nato il marxismo. Come per lo storicismo idealistico, così per quello materialistico non ci sono verità che non tramontino, né valori eterni a cui l’uomo sia orientato per l’intima struttura del suo essere. Per Marx – ecco la novità – la natura materiale e la totalità dei rapporti produttivi producono l’uomo e lo spirito umano è un riflesso della materia.
È un luogo comune dell’apologetica marxista il dire che il naturalismo dinamico di Marx non ha nulla a che vedere col vecchio materialismo. In realtà nel marxismo il materialismo non è superato, ma modificato per la confluenza in esso della dialettica idealistica e dell’evoluzionismo positivistico. Marx nella “Ideologia tedesca” ha scritto che «l’uomo non si differenzia dal montone se non in quanto il suo istinto si fa più cosciente» e in una lettera ad Engels (datata 19 dicembre 1860) accetta l’evoluzionismo di Darwin come fondamento naturale del materialismo storico.
D’altra parte, il materialista Marx si avvicina a Hegel per l’asprezza dell’abito polemico, per il comune principio di immanenza, per la violenta irrisione dei valori e del dover essere, per la convinzione – tutta storicistica – del diritto della necessità storica a farsi valere comunque, per lo schema dialettico di interpretazione della storia che Marx piega a giustificare il suo assoluto economicismo e la asserita inevitabilità del trionfo del comunismo.
“Ogni ideale etico è radicalmente bandito, ché lo storicismo materialistico sarebbe negato in pieno dove si ammettesse che una qualsiasi ideologia (compreso il comunismo) possa nascere e realizzarsi senza essere il prodotto della struttura economica della società e contro di essa”. Non esiste alcun valore, alcuna norma, alcun ideale umano, etico, estetico che sia universale ed Engels definisce fallace la coscienza che si ispira ad essi.
«La storia – scrive Marx con dura chiarezza nella “Ideologia tedesca” – è un’azione tutta materiale, empiricamente constatabile, un’attività che trova la sua riprova in ogni individuo per quel che fa e per come agisce, per quel che mangia, per come beve, per quel che indossa. Le leggi morali sono l’espressione mutevole di mutevoli situazioni sociali, perché nulla vi è di universale». Basterebbe, invero, questo criterio a segnare il destino dello stesso materialismo storico e delle norme che pretende fissare in base ai suoi principi, una volta che di esso i marxisti penetrassero le conseguenze che ne discendono.
Nella materia e, consecutivamente, negli spiriti in cui la materia è riflessa, e in seno alla società si svolge con inesorabile necessità una contraddizione, che è il segreto della storia: l’alienazione dell’uomo nelle strutture economiche disumane (tesi) invoca il superamento attraverso la rivoluzione e la dittatura proletaria (antitesi) alla quale succederà l’età dell’oro (sintesi): scomparsa di tutte le classi, crollo dello stato travolto dalla sua stessa superfluità, perfetto dominio di tutte le forze della natura.
Ma la realizzazione della società comunista non è essa almeno un ideale etico, un valore a cui tendere? Ne “La guerra civile in Francia” Marx lo esclude: «La classe operaia non ha da realizzare nessun ideale», egli scrive.
Non mancano dotti quanto dubbi tentativi (dal Mondolfo al Vorländer, al Woltmann, a parecchi dei neo-marxisti italiani) di far apparire il marxismo come un nuovo e più alto ideale etico. Su questa interpretazione del marxismo – di cui assai spesso la propaganda comunista si avvale – è bene dire una parola chiara. La difesa degli oppressi, che fornì al pensiero di Marx lo spunto iniziale, di per sé riveste sempre valore etico; ma non per questo si deve dire che il marxismo come dottrina possa giustificarsi quale idealismo etico. Il sistema, il presupposto storicistico e materialistico escludono il proporsi di ogni e qualsiasi ideale. Si dirà: ma è forse possibile negare lo slancio volontaristico con cui il marxismo predica la rivoluzione proletaria? Affatto. Qui si precisa soltanto che lo slancio volontaristico, là dove appare, non è slancio etico ed è, in ogni caso, in contraddizione con le basi deterministiche di tutta la teoria marxista, basi che rendono impensabile una volontà libera. Il cosiddetto volontarismo marxista trae la sua forza dal preteso determinismo sociale, è fiducia nel determinismo, è volontà di credere nella ineluttabile necessità storica dell’avvento comunista: in tal senso si può dire che Marx è il Maometto dell’economia politica.

Il marxismo, mutilazione dell’uomo

La forza del marxismo, che ne spiega l’efficacia storica, sta nell’aver contribuito a dare alle classi lavoratrici l’esasperata coscienza del problema sociale; ma non per questo le vie del marxismo sono le più agevoli, né le migliori per condurre l’umanità alla realizzazione della grande idea della giustizia sociale. Importanti approfondimenti ed indicazioni si possono trarre dal marxismo nei confronti del problema della giustizia sociale e del concetto di lavoro; ma la visione della vita che il marxismo fa propria è indegna dell’uomo e comporta una mutilazione troppo grave dell’uomo per provocarne l’integrale liberazione.
Nell’opaca visione marxista del mondo non c’è posto per un Platone, per un S. Agostino, come per un Kant e un S. Francesco, per un Dante ed un Beethoven: tutto ciò che sta oltre il limite dell’economico per Marx – allo stesso modo di tutto ciò che sta oltre il limite dell’istintivo e dell’inconscio per Freud – non ha una dignità sua propria ed una sua autonomia, è niente altro che sovrastruttura, cioè manifestazione derivata e secondaria della «base reale» costituita dal sistema economico di produzione. I neo-marxisti ci diano pure un’esegesi marxista di pensatori della levatura di un Pascal o di un Kant (è noto che per Marx la filosofia kantiana non è che l’espressione della… borghesia tedesca): se si tratta di considerazioni serie, esse valgono non per l’intelaiatura marxista, ma malgrado essa.
Sul fondamento unico del determinismo dei rapporti economici, in realtà non c’è problema filosofico o estetico o morale da indagare, se si vuol essere coerenti al presupposto: il carattere di base reale del presupposto economicistico è esclusivo ed esclusivistico, così come l’istintivismo a colorazione pansessualista nella concezione freudiana, e pretende tutto spiegare e risolvere in sé. Onestamente si può dire che col materialismo storico entra nella storiografia una somma di nuove esperienze che consigliano un maggior interesse per i fenomeni economici nel divenire storico-sociale; ma l’attenzione dovuta ai fatti economici non significa affatto che nel parallelogramma delle forze storiche, se mai fosse lecito e possibile tracciarne uno, l’attività economica rappresenti quella realmente basilare, la vera matrice di ogni altra. L’uomo è qualche cosa di più e di diverso ed il dogmatismo marxista, con tutta la sua pretesa «scientificità», pecca proprio di semplicismo.
È facile d’altra parte, cogliere l’illogicismo flagrante di un materialismo che, mentre irride al dover essere e nega la realtà di una natura umana, denuncia «l’alienazione dell’uomo» da se stesso e dalla sua natura, estraneamento operato da quelle strutture economiche che pure «producono» l’uomo.
In realtà, il marxismo si spoglia di ogni valore non rigettando l’umiliazione materialistica dell’uomo e, in ultima analisi, l’ateismo.

Beni economici e valori spirituali

Il conferimento di valore assoluto ed esclusivo al fattore economico accomuna stranamente il narxismo ai suoi nemici, il capitalismo e la società borghese. La priorità cronologica, la strumentalità assolutamente necessaria dell’economia non può essere confusa con la priorità di valore che è propria della spiritualità umana, a cui peraltro si devono lo stesso progresso economico, le aspirazioni ed il graduale accostarsi ad un ideale di concreta giustizia. L’importanza eccezionale, e si può ben dire anormale, che oggi assumono i valori biologici e quelli economici deriva certamente dal fatto che essi sono ancora in pericolo per centinaia di milioni di uomini e che, quando sono minacciati, turbano totalmente l’organismo umano.
Ma per andare incontro alla loro urgenza attuale non occorre sopravvalutarne materialisticamente l’importanza; è, invece, necessario sottrarre l’uomo alla miseria fisiologica e sociale, affinché possa accedere ai valori superiori. È doveroso, però, denunciare il fariseismo di coloro che rimproverano all’uomo di trascurare i valori, mentre non gli offrono alcun mezzo per accostarsi ad essi.
L’epoca che schiuderà il trionfo del proletariato è concepita dai teorici del marxismo come un periodo indefinito di lotte, durante il quale il fine prescelto giustificherà qualsiasi mezzo: stragi, slealtà, tradimenti, parole tutte svuotate nel marxismo di ogni significato in quanto deducibile solo da principi o postulati morali estranei al materialismo storico.
Fino all’instaurazione del regno della perfetta uguaglianza vige la norma dell’effettiva sospensione di ogni rispetto dei valori etici: norma che è di per sé paurosa, e che raggela il sangue nelle vene, se si pensa alle lacrime ed al sangue che questa nuova e più scaltrita apologia del machiavellismo in anticipo comporta e giustifica.

Scuola e didattica. Non è stato possibile rintracciare la  data. Ai fini della pubblicazione sul sito è stata indicata la data del 31.12.1970.