La Passione secondo i nemici

Mercoledì 20 marzo 2013, ore 20,45 nella Chiesa Santi Faustino e Giovita, via San Faustino 74, Brescia si è tenuta la lettura de La Passione secondo i nemici, realizzato su un testo di Luca Doninelli.
Tre lettori hanno interpretato Pilato (Andrea Carabelli), Erode (Giorgio Sciumé) e Caifa (Paolo Quinzi).

Ha introdotto l’autore Luca Doninelli, romanziere e scrittore di testi teatrali.

L’iniziativa è stata a ingresso libero. L’incontro è stato promosso da Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura e CTB Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con la Parrocchia dei Santi Faustino e Giovita.

Luca Doninelli
Nato a Leno nella bassa bresciana nel 1956, ha vissuto per lungo tempo a Desenzano del Garda; il padre Angelo era direttore dell’Ospedale di Desenzano, la madre Silvana Fei, fiorentina, è la nipote del celebre pittore Ottone Rosai.
Nel 1982 si laurea in filosofia con una tesi su Michel Foucault. In qualità di critico letterario ed editorialista collabora con diverse testate, attualmente «Il Giornale» e «Avvenire». E’ consigliere d’amministrazione dell’Ente Teatrale Italiano.
Tra le sue opere narrative, I due fratelli, che comprende due romanzi brevi I due fratelli e Il luogotenente (Rizzoli, 1990, Premio Vailate e Premio Giuseppe Berto), La revoca (Garzanti, 1992, Premio Città di Catanzaro, Premio Selezione Campiello e Premio Napoli), la raccolta di racconti Le decorose memorie (Garzanti, 1994, Premio Supergrinzane Cavour e Premio Nicola Stefanelli), La verità futile (Garzanti, 1995), Talk Show (Garzanti, 1996), racconto di una puntata del più famoso programma televisivo di talk-show, La nuova era (Garzanti, 1999, Premio Grinzane Cavour), La mano (Garzanti, 2001), centrato sulla figura di un musicista rock.
E’ anche autore di Intorno a una lettera di Santa Caterina (Rizzoli-BUR, 1981), di Conversazioni con Testori (Guanda, 1993)e di una raccolta di racconti per bambini Le avventure di Annibale Zumpapà (Mondadori, 1994).
Con Cristina Moroni ha curato la traduzione de L’ispettore generale di Nikolaj Gogol‘, poi portata in scena con l’interpretazione di Franco Branciaroli.
Per il teatro è anche autore, tra l’altro, del testo Ite Missa Est, che ha debuttato nel 2002 con la regia di Claudio Longhi.
Il suo libro più recente è il romanzo Tornavamo dal mare, edito da Garzanti nel 2004.

L’idea della “Passione secondo i nemici”
L’idea della “Passione secondo i nemici” mi è nata durante un pellegrinaggio in Terra Santa. La visita dei luoghi nei quali si è svolta la vita di Gesù non può prescindere dall’impatto drammatico con una terra in guerra e sempre in procinto a preparare altra guerra. In questo mondo, così simile duemila anni fa a quello odierno, ha vissuto Gesù: dentro la tragedia, lungo le strade della tragedia.
Il potere avrebbe potuto sopportare il Nazareno se lo si fosse potuto iscrivere all’interno dei fenomeni religiosi del tempo. Ma la sua pretesa di essere la salvezza dell’uomo era troppo: anche perché questa pretesa non si esprimeva con un’ideologia, un progetto politico o sociale, ma con una bontà sconfinata, con una misericordia, con una passione per l’uomo senza paragoni.
I tre monologhi presentano tre rappresentanti del potere – Pilato, Erode e Caifa – alle prese con questo problema. Tutti e tre, ciascuno con le sue ragioni, sarà un testimone involontario della gloria di Cristo.
Pilato è un solido amministratore cresciuto alla vecchia, grande scuola di Roma. Lo vediamo qui mentre risponde alle domande dell’ispettore che Roma ha inviato per indagare sui disordini provocati da quell’uomo.
Noi sentiamo solo la voce di Pilato, ma si capisce dalle sue risposte che l’ispettore è un uomo giovane, esperto più di lettere che di leggi. Roma, evidentemente, sta cambiando, è più raffinata di un tempo ma anche meno capace di comprendere mondi troppo diversi dal suo. Pilato è invece il custode dell’antica grandezza di Roma, e misura gli eventi presenti con quella grandezza. Di qui la stima che lui prova per Gesù, pur senza comprenderlo.
Erode è un uomo ricco e, come tale, prende i suoi modelli di vita non da Roma (troppo morigerata) ma dall’oriente. Ha sempre avuto tutto ma niente gli corrisponde, perciò è annoiato e capriccioso. L’arrivo di Gesù lo eccita: ha sentito dire che quest’uomo è in grado di fare miracoli, e lo vuol vedere all’opera. Ma Gesù rimane immobile, non fa e non dice niente. Questo in realtà è un miracolo, il solo che Erode possa riconoscere come tale e non come un gioco di magia. Il silenzio di Gesù gli fa percepire d’un tratto il nulla della sua vita, la sua totale vuotezza. Lui ne ha paura. E’ un bambino, non sa come cavarsela con quest’uomo, alla fine sceglierà di non decidere. Resta però in lui una strana attrazione.
Caifa è il più grande nemico di Gesù, il vero nemico, ed è anche, dei tre, il più intelligente. Caifa sa – in un certo senso meglio dei Dodici – che quel Nazareno è il Figlio di Dio, il Messia. Ma proprio per questo lo odia: la sua venuta mette in pericolo l’equilibrio precario di quella terra. Prova allora a far cadere il piano di Gesù (lui non può pensare che Gesù non abbia un piano) cercando in lui un punto debole.
Lo trova nei Dodici. Lui pensa che, se uno dei Dodici vacillerà, questo è segno che Gesù ha scelto male, e se ha scelto male è segno che non è il Messia.
Argomenti stupidi e capziosi, come si vede: molto simili a quelli di chi, fraintendendo in malafede le parole del Papa, cerca di gettare discredito sulla Chiesa e sulla pretesa che porta con sé.
Il monologo di Caifa si conclude con una violenta requisitoria contro il mondo che, seguendo il suo esempio – astuzia, pretestuosità, finzione – anziché quello di Cristo, adesso si trova sull’orlo della catastrofe.
Un giorno, spero, scriverò il quarto capitolo: quello dedicato a Giuda.
Sarà il più difficile, perché nel caso di Giuda si capisce che il potere non è la vera causa dell’odio a Gesù. Il potere intercetta questa causa e la fa sua, ma l’odio nasce da prima, si direbbe quasi che nasca dall’amore… Una volta don Giussani disse che il grido che Gesù lancia dalla croce prima di morire è per Giuda, per il dolore di non averlo potuto salvare. Ecco perché, prima di scrivere su Giuda, aspetto un po’.
Luca Doninelli