L’itinerario spirituale di Giovanni Modugno

L’ITINERARIO SPIRITUALE DI GIOVANNI MODUGNO[1]

Una delle presenze più serene e profonde della pedagogia italiana è senza dubbio quella di Giovanni Modugno. La sua voce si spense nel marzo del 1957, ma il suo messaggio etico e pedagogico è oggi ben attuale per l’indipendenza dalle mode correnti, dagli apriorismi e dai relativismi in contrapposizione, per la serietà che lo caratterizza. Modugno ha però altri titoli di validità per proporsi alla nostra attenzione, al di là del grande contributo dato nel delineare gli elementi essenziali di una dottrina pedagogica, di una metodologia e di una didattica; l’itinerario della sua mente, il generoso travaglio del pensiero, le limpide conclusioni a cui pervenne sul terreno religioso elevano la vicenda spirituale di Modugno a paradigma esemplare, ne fanno qualcosa che può essere liberamente rivissuta da tutti coloro per i quali impostare e risolvere i problemi della vita è pur sempre il compito primario e il destino dell’uomo, ciò che dà unità e valore e limite differenziale alla persona umana in quanto tale. Amico fraterno di Gaetano Salvemini, mai la polemica anticlericale lo ebbe convinto fautore; lo infastidiva per il suo inevitabile confondere in un unico fascio il troppo umano e il sacro. Socialista, fu sempre avverso ai miti disumani della dittatura, del collettivismo burocratico e dell’assoluto economicismo, respingendo come una ingombrante eredità l’antiteismo ufficiale. Egli era fuori, non contro il Cristianesimo. Sempre combatté le alleanze impure, le timidezze pseudo-devote, la mentalità da «ancien régime» di certi cattolici, il clericalismo, il conservatorismo. Pure, nella sua stessa rampogna viveva un’esigenza cristiana, la quale non solo si manifestava nel rispetto per la morale evangelica secondo cui vivere, ma si alimentava indirettamente ad essa. Il Cristianesimo dovette infatti, ben presto apparire alla sua anima il più alto codice di vita morale dell’umanità, la più solenne consacrazione del valore della persona umana, la rivoluzione più grande della storia, superiore senza dubbio a quante altre la precedettero e la seguirono; ma egli era lontano dal Cristo della fede e molto di più dalla Chiesa Cattolica, pagando in ciò il suo tributo allo spirito del tempo, dominato da una mentalità alla Renan in fatto di Religione.

Per quali vie, appunto, il Modugno pervenne al Cristo delle fede e, per Lui, al Cattolicesimo? Modugno non ha mai esplicitamente scritto in prima persona di ciò che gli era più caro e in una lettera del 1930 all’amico fraterno Giuseppe Lombardo-Radice afferma testualmente: «Ho un’invincibile ripugnanza a parlare id ciò che c’è nell’intimo dell’animo mio». Egli aveva il pudore delle cose più alte, delle realtà maturate nel profondo. Sant’Agostino nelle Confessioni (X, 8), contemplando gli sconfinati orizzonti delle vita interiore, ha un’espressione in cui vibra un ardente entusiasmo, che non è vana esaltazione retorica, ma celebrazione delle profondità dell’uomo: «animus ad habendum seipsum  angustus est» : l’anima è angusta  a capire  se stessa. Pascal, annotando con il rigore dello scienziato quello che sperimentò nella note del 23 novembre 1654 nel «Memoriale» – un breve testo che conta tuttavia tra le espressioni  religiose più intense che a noi siano pervenute quando si fa chiara al suo spirito la grandezza del Dio vivente («Dio d’Abramo, Dio d’Isacco, non dei filosofi e dei dotti») e il bisogno che l’uomo ha del «Dio  di Gesù Cristo, al quale non si perviene se non attraverso le vie del Vangelo», proprio nel cuore della sua più commossa esperienza cristiana esclama: «Grandeur de l’âme humaine», ponendo la grandezza come costitutivo dell’animo umano. Anche per Modugno, come per ogni spirito autenticamente cristiano l’uomo deve unirsi a Dio non per mezzo di uno svanire panteista, né per cancellazione dei tratti individuali nell’oceano della divinità, ma per il tramite di una coscienza potenziata. L’unione con Dio non si compie che nella personalità e l’umanesimo vero è quello cristiano. Chi ha rivelato il volto di Dio all’uomo è colui che ha aperto agli uomini gli occhi per conoscere se stessi, mentre «fuori di Gesù Cristo noi non sappiamo che cosa sia la vita, la morte, né Dio, né noi stessi» (Pascal, Pensieri, fr. 527).

«Ho potuto pienamente toccare con mano – confida il Nostro al Lombardo-Radice nella lettera già ricordata – ciò che dice il Newman: ossia, chi ha nutrito sinceramente una fede sente, avvicinandosi a Cristo, che non rinuncia a nulla di tutto ciò che di buono vi era in essa, ma lo ritrova anzi approfondito, potenziato, illuminato, integrato». Questo è il significato della metanoia cristiana, della conversione di Giovanni Modugno. Altro che alienazione religiosa, come vanno favoleggiando con sussiego coloro i quali sovrappongono forme decettive della fenomenologia religiosa all’essenza stessa del Cristianesimo, incorrendo in una colossale falsificazione dello spirito cristiano, ignari che proprio l’ateismo di cui menano vanto segna la più radicale umiliazione dell’uomo.

Non si può parlare dell’uno o dell’altro evento, per quanto colmo di significati, o dell’una o dell’altra considerazione come aventi di per sé valore risolutivo. Il Nostro scrive «Ho visto a poco a poco sorgere la luce, una nuova luce», capace di soddisfare le esigenze del pensiero e di appagare le aspirazioni più nobili dello spirito. Si deve, dunque, parlare più esattamente di convergenze unificanti, di una vera e propria dialettica ascensiva dalla scienza alla filosofia, e dalla filosofia al Cristianesimo, dialettica che non fu per lui un vuoto gioco dell’intelletto astratto, ma impegno di tutto il suo essere, rischio, lotta, forma di vita, caratterizzazione dinamica degli stadi della sua esistenza.

Iniziato fin da bambino, in campagna, al «Palombaio», e sulle non lontane Murge, e al mare di santo Spirito, a contemplare la natura, le albe, e i tramonti pugliesi – inarrivabili per dolcezza di toni e serena ampiezza di visione – ancor fanciullo si levava per tempo a godere la limpida bellezza della stella mattutina, com’egli stesso ci narra in alcune pagine di diario. Amava sdraiarsi sull’erba dei prati per guardare a lungo il cielo[2]. Giovinetto, avrà il gusto di erborizzare, classificare, descrivere in accurate monografie il materiale raccolto in escursioni da solo o in compagnia di coetanei.

Spirito indipendente abbandonò il ginnasio e fu adolescente ribelle, non per sfuggire alle proprie responsabilità, ma per una chiara, intransigente coscienza della serietà della vita e della cultura: il futuro pedagogista protestava con tutta l’anima contro la mortificante pedanteria e i sistemi caporaleschi che aduggiavano la scuola e di cui egli si sentiva vittima. Si scelse pochi, geniali docenti che sorreggessero il suo libero sforzo di autocultura e, tra essi, il valoroso latinista Tito Spinelli, il futuro cognato, lo amico-professore, e il professor Alfonso Pallanza, un naturalista in cui il Nostro riconoscerà sempre il suo primo maestro di pedagogia, un maestro di attivismo nel senso migliore del termine. E così la precoce passione politica si accompagnò all’entusiasmo per gli studi scientifici e in scienze naturali il Modugno nel 1905 si laureò brillantemente a Napoli.

Oltre lo scientismo e lo storicismo

La ricerca scientifica presso la facoltà di Napoli e l’insegnamento nelle scuole secondarie, l’attenzione vigile al movimento delle idee pongono allo spirito del Nostro problemi che egli non intende chiudere tra parentesi: la celebrazione del valore della scienza autorizza lo scientismo? La scienza ha valore esclusivo ed esclusivistico, come lo scientismo proclama, o lo scientismo sta alla vera ed autentica scienza come l’estetismo sta alla vera e autentica arte, cioè come un’indebita superfetazione, come fenomeno di degenerazione? Il positivismo non si limitava a riconoscere l’autonomia della scienza e a delimitarne la sfera, ma proclamava altezzosamente il più aperto disprezzo di quei massimi problemi metafisici, etici e religiosi che, negati, rimanevano invece intatti e gravi nel loro acuto e sempre rinascente interesse. Il positivismo tende a risolvere ogni cosa nelle condizioni che lo determinano, l’individuo nell’insieme, riducendo la creatività nella combinazione, la novità nel preesistente, la libertà nella necessità. Esso disconosce l’originarietà del mondo spirituale e i più alti valori della vita. Modugno ne concluse che non poteva essere vero. L’empirismo scientifico di allora, come quello oggi tornato di moda, finisce col restringere l’esperienza alle esperienze che si danno in laboratorio, entro degli apparecchi e che vi si esprimono in un formalismo matematico. Ma tutto ciò che dà per ogni uomo un senso alla vita non passa certo per un laboratorio: l’abnegazione di una madre o di un educatore, il senso profondo dell’amicizia, l’incontro con un Socrate o un S. Agostino, la poesia di Dante o di leopardi, una sinfonia di Beethoven, la gioia per tutto ciò che è squisitamente umano, la preghiera e il sacrificio non sono fatti analizzabili con metodi matematici. Volersi limitare alla esperienza scientifica, è quasi l’esperienza intera che si finisce per espellere. In nome dei diritti di una esperienza integrale, da rispettare e non da mutilare, la filosofia apparve al Nostro come la protesta ordinaria, obbligata, ineludibile dello spirito contro la mutilazione scientista dell’esperienza umana. Con questi intenti e per risolvere questi problemi Modugno passò agli studi filosofici e nel 1911 conseguì il titolo accademico.

Grazie a questa mentalità, a questo vigoroso principio e metodo di umana concretezza, Modugno evita le unilateralità non solo del positivismo, ma anche della corrente filosofica che in Italia si levava a contrastarne il dominio, il neo-idealismo di Croce e Gentile, che agli inizi del secolo si presentava come la forza più considerevole di rinnovamento culturale. Studiosi che nel passato si atteggiavano a fedelissime e ombrose vestali del verbo storicistico crociano e gentiliano, dopo il trauma del secondo conflitto mondiale, hanno dato il via a palinodie e a critiche dell’idealismo; ma il Nostro non attese il «ritorno alla ragione» dei cattedrattici della filosofia italiana, se già in uno scritto del 1919, Il concetto della educazione e la pedagogia, individuava le aporie di fondo dell’idealismo. La cosiddetta «filosofia dello Spirito» o dell’assoluta immanenza riduce Dio ad un superlativo umano e nel contempo dissacra e depotenzia l’uomo, ridotto com’è ad una spoglia fugace di un impersonale ed imperversante Io universale. Il problema del male – cui il Modugno dedico particolare attenzione – è dissolto nel gioco della dialettica idealistica. La negatività del male per gli idealisti, non sarebbe; e poiché lo spirito si realizza sempre positivamente, la distinzione tra essere e dover essere, tra bene e male, valore e disvalore non ha più senso e non è nemmeno possibile. Il Modugno tornava spesso nelle conversazioni con discepoli ed amici sulla «nobile incoerenza» con cui il Croce moralista tentava di respingere le conseguenze  amorali ed immorali del Croce immanentista; ma quelle conseguenze – e cioè la consacrazione del successo, l’adeguazione al fatto compiuto, la negazione di ogni idea del cammino umano, l’apologia del machiavellismo, la impossibilità di una fondazione metafisica e di una giustificazione critica dei valori – erano rigorosamente inevitabili.

Per il Modugno ogni teoria è un ideale di vita e la direzione del pensiero è sempre una mira al valore: l’etica è l’anima d’ogni filosofia e la pedagogia ne è il banco di prova. Fu, dunque, l’incessante approfondimento del problema morale e, in ultima analisi, il suo realismo educativo, la leva, il punto di forza dell’itinerario speculativo del Modugno perché là dove il positivismo e l’idealismo falliscono e il laicismo umanitario è insufficiente e precario, il pensiero cristiano ascende sicuramente.

Il cattolicesimo come sintesi delle antinomie

 L’opera del 1931 Föerster e la crisi dell’anima contemporanea edita da Laterza (la seconda edizione e del 1946) costituisce per noi il diario esplicativo dei motivi che hanno indotto il Nostro al Cristianesimo. Lo stesso Modugno scrisse che quel libro era «autobiografico senza mostrarlo». Il Modugno entrò nella fede attraverso la meditazione vissuta del problema morale; ma le sue conclusioni vanno ben oltre quelle di un puro moralismo teistico. La tensione morale, che è la forza unitaria dello spirito, la forza della coerenza che impone sempre di operare sempre secondo la verità conosciuta, incontra non solo le battaglie tra coscienza e passione, ma anche delle vere antinomie ontologiche che non si risolvono certo facendo ricorso al meccanismo triadico della dialettica hegeliana. Fra la via della forza e quella dello amore, tra ottimismo e pessimismo, tra contemplazione ed impegno operativo nel mondo, il Cristianesimo realizza una sintesi originale e profonda sul piano della realtà personale e della moralità responsabile.

La verità del Cristianesimo la si coglie soprattutto nel fervore drammatico e persino tragico del mondo umano come soluzione del problema della vita. Per questa strada, induttiva, che parte sempre dall’uomo e dai suoi problemi, il Modugno ha incontrato Dio vivente e la sua Weltanschauung ha acquisito profondità e compiutezza.

Non è possibile riassumere in poche espressioni le dottrine essenziali del Nostro; qui si vuole solo ricordarne coerenza logica e lo spirito animatore. A differenza di troppi pensatori moderni, che pur credendo alla esperienza ed alla induzione nel campo delle scienze naturali, non applicano questo metodo alla vita umana, il Modugno indaga il mondo umano e da esso ascende alle verità etico-religiose del vangelo per poi risolvere, in concreto e dal più alto punto di vista, i problemi della vita quotidiana. Ma per riuscire a stabilire questa corrente dalla vita in tutta la sua corpulenta effettualità alle verità e ai valori del Cristianesimo e viceversa, occorre avere in grado eminente il senso «scienza e l’arte della vita» e insieme la fede e l’amore come l’intende il Vangelo, l’esigenza, la più rigorosa per un pensatore e un credente, che il giudizio e l’azione siano permanentemente posti innanzi a una decisione per Cristo.

Una delle cause, secondo il Nostro, dell’anticristianesimo dei nostri tempi è nell’intellettualismo astratto di molti, i quali ben potrebbero meritare il nome di sofisti più che di intellettuali: la vita sradicata dal pensiero, il pensiero estraneo alla conoscenza di sé e di quel che l’uomo può e deve, ecco la sorgente della sempre più nascente sofistica. Di qui l’ingigantirsi di un fenomeno tremendo, su sui la narrativa e la filosofia del nostro tempo hanno tanto insistito: la reciproca incomprensione tra gli uomini e tra i gruppi sociali. Ciascuno resta rinchiuso nel suo punto di vista ristretto ed egoista, senza sforzarsi di vedere la parte di vero che c’è nella tesi opposta. Gli elementi della verità sono così in conflitto; lo spirito di lotta anima principi che dovrebbero armonicamente integrarsi. L’anima contemporanea è così dilaniata da funeste unilateralità e si rende sempre più urgente non un compromesso meccanico tra antitesi inconciliabili, ma una sintesi superiore, che ci liberi dal fanatismo, dall’intolleranza, dal dispotismo, dall’incapacità di scorgere e di far emergere quanto di giusto e di buono ci sia nelle idee altrui. Il monito di Cristo «cogliendo la zizzania, non sradicate con essa anche il grano» (Mt. XIII, 29) indica il solo metodo veramente dialogico e dialettico, perché il Cristianesimo, mentre non ammette nessuna confusione tra bene e male, ci aiuta a discernere ogni germe di verità e di bene esistente anche nelle dottrine e negli schieramenti più opposti. La concezione del Cattolicesimo come «unità delle virtù contrarie», secondo la formula di Newman, mentre nulla concede al relativismo, costituisce una vera e propria metodologia del dialogo.

C’è di più: è proprio una visione così salda e inclusiva della logica cattolica a farci superare deformazioni unilaterali del Cristianesimo e della stessa figura di Cristo. Vedere, ad esempio, nel Cristo soltanto mitezza e dolcezza è un giudizio unilaterale. La mitezza del Salvatore è il segno di una forza irraggiungibile: il Cristianesimo non è soltanto delicatezza, compassione, amor del prossimo, perché porta in tutti questi sentimenti una logica inesorabile, che sfida anche la morte, e li purifica da ogni intromissione di umana debolezza, di vanità, di ambizione. La dottrina cristiana dell’amore proviene dal mondo dell’eroismo pensato, voluto, vissuto sino alla fine, dalla perfezione e non dalla bonarietà, dal divino e non dall’umano. Il Cristianesimo ha trasportato l’eroismo dal campo di battaglia nell’amore e ha creato così l’amore eroico, ha congiunto il mitissimo col fortissimo. Fondendo la forza di carattere con l’amore, il Cristianesimo ha sollevato questo alla dignità di potenza cosciente ed universale, al di sopra delle oscillazioni del sentimento. Compenetrando l’abnegazione con la forza, lungi dall’indebolirle reciprocamente, le ha entrambe approfondite e potenziate. Soltanto Cristo ha fuso armonicamente i due elementi fondamentali del carattere: l’inflessibile, virile forza di volontà e la delicatezza, l’attenzione materna, la generosa dedizione. da quando per opera del Vangelo l’amore è diventato forza e la forza amore, e ciascuno di questi elementi ha accolto in sé l’altro, riuscendone approfondito e rafforzato nella sua essenza, l’uomo è protetto da uno svolgimento unilaterale della sua personalità e del suo carattere morale. L’arrendevolezza al male non è lecita al vero cristiano, perché egli deve lottare fino all’estremo contro tutto ciò ch’è male. la pace deve essere cercata incessantemente, ma non come disarmo morale e resa al male. vi sono casi in cui è possibile evitare i contrasti, ma vi sono pure dei casi in cui bisogna saper affrontare coraggiosamente distacco, inimicizia, contrarietà. Spirito di fraterna comprensione non significa mai confusione, diluzione di mezze verità e di malcelate menzogne, deteriore relativismo, oscuramento di quelle verità che proprio il Cristo ci ha fatto conoscere per primo e per sempre, senza possibilità alcuna di equivoco. Non si edifica che «in spirito e verità», pensando e operando «in ispirito di verità».

La fondazione teonoma dell’autonomia morale

Il tema in un certo senso riassuntivo della speculazione del Modugno fu la fondazione teonoma dell’autonomia morale e della educazione. Autonomia significa indipendenza da motivi egoistici ed estrinseci. La vita morale è esercizio e conquista di autonomia, cioè libertà interiore e purezza d’intenzione. Siamo innanzitutto responsabili verso la nostra coscienza ed è la coscienza che pronuncia la prima sentenza sul nostro valore di uomini: il valore della coscienza e la più schietta affermazione di autonomia si ritrovano alle fonti del Cristianesimo ed è questo spirito cristiano che circola, per quanto depauperato e frainteso, nella miglior parte della filosofia moderna. Il Modugno amava citare alcune formulazioni di quel grande principio, come ad esempio il Salmo IV, in cui alla domanda in qual modo sia dato all’uomo di discernere il bene dal male si risponde che ciascun uomo reca impresso il sigillo di Dio: «Signatum est super nos lumen vultus tui, Domine». E se dall’Antico Testamento si passa la Nuovo e al pensiero filosofico che in esso si radica – da Giustino ad Agostino, da Anselmo a Bonaventura, a Tommaso d’Acquino, da Pascal a Rosmini, da Newman a Blondel, da Maritain a Guardini –.

Assistiamo all’energico affermarsi del valore della coscienza contro la quale non si può operare senza preparare la propria rovina. Ma l’autonomia umana si convalida nella teonomia. Senza un orientamento a Dio, senza un rapporto personale con Dio, il bene è troppo privo di forza: esso ha ontologicamente le radici della sua forza solo nel Dio vivente. L’uomo non può rispettare la propria coscienza se non venerandola come l’altare di Dio («sit ara Tua conscientia mea»). Il pensiero umano non si fa assoluto se non come pensiero dell’Assoluto: tutto può diventare arbitrario per una coscienza che non si radichi nell’Assoluto. L’interna legislazione della coscienza concresce col riconoscimento della legislazione divina che informa la natura razionale creata. Nelle pagine conclusive delle Storia critica e comparativa dei sistemi intorno al principio della Morale il Rosmini aveva ammonito: «Non si dà libertà di sorta per l’uomo ove lo si consideri solo in relazione con sé e con i suoi simili e si faccia astrazione della sua relazione con Dio». Dato un bene non assoluto, mai si troverà modo di spiegare il fatto di un’assoluta obbligazione senza di cui la morale non è più tale. L’uomo non ha orezzo assoluto a condizione che lo si consideri come ordinato ad un valore assoluto». La teonomia, la fondazione di Dio della legge morale» consacra l’uomo» dandogli giusto il titolo ad una assoluta inviolabilità». Ed è per questo che il Vangelo pone con divina sapienza nell’amore di Dio la radice dell’amore degli uomini, facendo seguitare questo a quello come un secondo a un primo, un simile ad un esemplare.

La riscoperta del Cristianesimo, originalmente vissuto con l’ardore e l’umiltà d’un santo, dette i suoi frutti anche sul terreno della concezione pedagogica e della metodologia dell’insegnamento religioso. Nel 1935 Modugno pubblicava presso «La Scuola» di Brescia Religione e vita, il suo libro più bello e più compiuto. Quest’opera (4° ediz. 1957) è un’autentica «apologia pedagogica» del Cristianesimo cattolico. Nulla in essa è invecchiato ed ogni pagina attesta novità di concezione e di metodo. Tutto è sobrio, essenziale, profondo.

Modugno, per le aspirazioni generose del suo animo nobile e puro e soprattutto per quello che ha scritto e fatto valere in fatto di educazione religiosa, deve essere a giusto titolo annoverato tra coloro che in Italia hanno positivamente preparato quella nuova Pentecoste che ha contrassegnato il pontificato di Giovanni XXIII e le conclusioni del Concilio Ecumenico.

Giovanni Modugno ha congiunto nella sua vita la più lucida, acuta razionalità e la più intensa esperienza religiosa. Il suo messaggio può destare pensieri fecondi e alte aspirazioni, far cadere pregiudizi e barriere, disponendo gli animi allo spirito della verità. Socialista senza le preclusioni e le angustie pseudofilosofiche del marxismo, naturalista senza le angustie dello scientismo, credente senza fideismi fuorvianti; dotato di robusto senso storico, e proprio per questo immune dall’ignavia storicistica, Giovanni Modugno, apostolo della educazione del popolo, educatore, pedagogista, pensatore è stato e rimane un maestro di vita, una luce nel cammino di quanti si accostano al suo pensiero e cercano di affermare il significato di un’esistenza che, indubbiamente, reca il sigillo di Socrate e di Cristo.

[1] Fede e scuola, settembre-dicembre 1970, n.53-54, p.169-177.

[2] La consorte dell’illustre pedagogista, Maria Spinelli, ha pubblicato nel 1961 Appunti per una biografia nel volume «Pedagogia e Vita di Giovanni Modugno» (Brescia, La Scuola) e numerose lettere, annotazioni e documenti nel volume Giovanni Modugno, Bari, Editoriale Universitaria, 1967.