Nota sul problema del male in Tommaso d’Aquino

 Nota sul problema del male in Tommaso d’Aquino[1]

 

1. Argomentazione epicurea (Cfr. Lattanzio, De ira Dei, 13, 19):

Tesi: Dio non esiste perché esiste il male

Prova: Dio sarebbe in queste condizioni:

-non può togliere il male ma vuole toglierlo = allora è impotente; ma un Dio impotente non è Dio!

-non può toglierlo e non vuole toglierlo = allora è impotente e cattivo; ma Dio non è così!

-può togliere il male ma non vuole = allora è cattivo; ma un Dio cattivo non è Dio!

-può togliere il male e vuole toglierlo = allora il male non dovrebbe esserci; ma di fatto c’è, dunque non c’è Dio!

2. Soluzione dell’argomento:

Il difetto sta nel fatto che si interpreta antropomorficamente Dio. Attenzione: in Dio, che è l’Essere Assoluto, non si dà diversità tra essere, volere e potere. In Dio, che è assolutamente semplice, essere sostanziale, agire, sapere, volere, potere sono assolutamente la stessa cosa. Per questo motivo non si può dare l’ipotesi di un volere diverso dal potere e viceversa.

Onnipotente è chi può tutto ciò che vuole e vuole tutto ciò che può. Senza intralci. Per l’onnipotente, volere e potere sono la stessa cosa; come si dice: volere è potere e potere è volere!

Ma anche l’essere, per l’onnipotente, è la stessa cosa che volere e potere, altrimenti ci sarebbe qualcosa che sfuggirebbe al suo potere e al suo volere. Dunque, tutto ciò che esso è, lo può e lo vuole, perché lo è. E tutto ciò che esso vuole e può, lo è perché lo vuole e lo può. E ciò che esso è, è tale perché lo può e lo vuole.

Se il suo volere e il suo potere sono il suo essere, il suo essere è il suo volere e il suo potere. Il suo semplice essere è il suo volere e potere. Essendo vuole e volendo è. Come il suo essere è sempre compiuto – secondo la sua natura -, così sempre compiuto è il suo volere. Dunque è onnipotente.

Ma se lo può e lo vuole perché lo è, tutto ciò che è, esso lo è!

Onnipotenza equivale, quindi, a essere tutto ciò che è; e accettare ciò che è perché è e non può non essere, e non può non essere così com’è; e volere ci che è perché è ed è così com’è.

Onnipotente è ciò che è così com’è!

Questo foglio di carta è onnipotente perché è così com’è.
Si strappa e si stropiccia perché è nella sua natura strapparsi e stropicciarsi; questa è la sua onnipotenza: accettarsi così, perché è assolutamente così! Contra factum non valet argumentum.

D’altra parte, il beato è colui che è pieno, giacché non manca di nulla di ciò che può e deve avere (in quanto perfetto: perfectum est illud cui nihil deest eorum quae potest et debet habere): quindi è onnipotente. La sua beatitudine è il godimento di chi è contento di ciò che è; lo si dice no? Chi si contenta gode!

Ma l’onnipotenza è come l’annientamento assoluto nel coincidere con ciò che c’è.

Ci vuole più potenza per produrre tutto ciò che si vuole, oppure per sopportare tutto ciò che non si vuole? Se il voluto è debole rispetto al volente, il non voluto è potente rispetto al non volente. Dunque, chi sopporta il non voluto è più potente di chi semplicemente realizza il proprio volere.

Dio è onnipotente perché lascia essere ciò che è!

3. Proposta argomentativa:

A) Natura del male:

Il male è privazione, cioè mancanza di un bene dovuto ad un soggetto, che è buono. Per esempio, la cecità: mancanza della vista che implica la presenza della capacità visiva, ma non esercitabile.

Perciò, il male:

– è relativo al soggetto

presuppone il soggetto e non può cancellarlo, altrimenti toglierebbe se stesso

– dunque non è assoluto.

B) Argomento conseguente:

– Se c’è il male c’è il bene;

– ma c’è il male;

– dunque c’è il bene.

Non vale il contrario, cioè: allora se c’è il bene c’è il male.

Posto il bene, non segue né che ci sia, né che non ci sia il male. Non segue né che ci sia il male, né che non ci sia, né che ci debba essere, né che non ci debba essere. Non segue nulla!

Se il male c’è e implica il bene, occorrerà argomentare la sua compatibilità con il bene; anzi, la compatibilità del bene con il male! Il bene che solo può essere assoluto (se c’è il bene non segue che ci debba essere il male…, non lo implica).

Se Dio c’è, occorrerà concepire e argomentare la sua compatibilità con la presenza del male.

a) Punto di vista metafisico o dell’intero o del tutto o dell’Assoluto, cioè di Dio: il coordinamento delle parti nel tutto. Non si tratta di ammettere il male nell’Assoluto (metafora localizzante) ma di vederlo o considerarlo teoreticamente dal punto di vista dell’Assoluto. La legge è quella del Metabolismo (catabolismo e anabolismo), cioè dialettica; non quella simbolica della confusione o quella diabolica della divisione o dell’isolamento (appunto generatrice del male: disordine, de concrezione).

b) Punto di vista esistenziale: scoprire il bene dentro il male o a fondamento del male e attraverso il male.

c) Il Cristianesimo si configura come questo duplice punto di vista: beatitudine nella sofferenza; Cristo in croce ha la visione beatifica; Dio incarnato = da sempre e per sempre con la sua beatitudine (che non è il piacere o la felicità) presso la carne sofferente innocente. Non si tratta di una divinità olimpica, separata dal male: Cristo non scende dalla croce – “Scenda ora dalla croce e gli crederemo” (Mt 27, 42) – per dimostrare la propria divinità, ma proprio al contrario: per dimostrarla non scende né può scendere.

N.B. C’è più festa in Cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione = compare la gioia dell’Assoluto…

Il male è nell’Assoluto nel senso che è nel Disegno di Dio; ma il Disegno di Dio è Dio: dunque solo in questo senso si può ammettere l’espressione[2]. Del resto, l’espressione “in Dio” indica il fatto metafisico che nulla sfugge alla Coscienza Assoluta, allo Spirito Assoluto che è Dio.

Anche dal punto di vista prettamente soteriologico non è possibile pensare altrimenti la presenza del male e dello stesso peccato, come traspare da questa intelligente pagina di G. Biffi:

«Come mai quanto è stato compiuto da Cristo ha portato salvezza a noi? È come se il fratello maggiore subisse le iniezioni, e per questo il fratello minore guarisse dalla polmonite. La riflessione latina ha potuto non sentire troppo acutamente l’urgenza e la gravità di questo problema per la sua consuetudine a usare nella presentazione della redenzione l’immagine della “soddisfazione del debito”: Cristo, si dice, ha pagato al nostro posto; e si sa che, chiunque paghi, il debitore è liberato dai sui obblighi. Ma l’immagine, appena è sottoposta all’analisi concettuale, si rivela subito inadeguata. A chi è stato pagato il debito? Al demonio, come voleva qualche antico scrittore? Ma si può parlare di “diritti del demonio”? A Dio? Ma che padre è, che esige questo tipo di soddisfazione cruenta e proprio dal figlio innocente? E in ogni caso, trattandosi di debito morale, come è possibile che uno soddisfi al posto di un altro? La risposta va trovata nel rendersi conto che non tanto di “soddisfazione vicaria” si deve trattare (che è la categoria concettuale comunemente usata per questa indagine dalla teologia latina), quanto di una arcana “solidarietà tra Cristo e noi”, per la quale ciò che è compiuto da lui è anche nostro e reca vantaggio a noi. La soluzione, cioè, non può che consistere nel riconoscimento di uno strettissimo legame tra Cristo e l’umanità, quasi una mutua immanenza che fa di Gesù e di tutti gli uomini come un unico organismo vivente. E deve trattarsi di un vincolo che non sia tanto conseguenza e frutto del sacrificio redentore (come sempre giustamente abbiamo pensato che sia la connessione che fa della Chiesa il corpo mistico di Cristo), ma sia anzi premessa, condizione previa, ragione determinante per la quale il sacrificio di Gesù possa essere veramente redentivo per noi; un vincolo dunque che non sopraggiunga all’umanità in qualche momento della sua storia, ma sussista già dal principio, all’alba di tutto, all’origine stessa dell’universo[3]».

[1] Si tratta del testo base utilizzato da Giuseppe Barzagli per la conferenza, testo tratto dal volume Lo sguardo di Dio. Saggi di teologia anagogica, Cantagalli, Siena 2003, esaurito.

[2] Cfr. G. BARZAGHI, Soliloqui sul divino. Meditazioni sul segreto cristiano, cit.; G. BARZAGHI, Oltre Dio, ovvero omnia in omnibus. Pensieri su Dio, il divino, la Deità, cit.

[3] G. BIFFI, La capacità salvifica di Cristo. La prospettiva anagogica, in “Divus Thomas”, 2 (2000), pp. 27-28.