L’illustre economista Gaël Giraud, gesuita, su “La transizione ecologica: utopia o progetto?”

Mercoledì 12 ottobre 2022 alle ore 18,00 nella sala Bevilacqua di via Pace 10 a Brescia l’illustre economista Gaël Giraud, gesuita francese, direttore del Centro per la giustizia ambientale della Georgetown University di Washington, autore del recentissimo volume La rivoluzione dolce della transizione ecologica (LEV), parlerà sul tema “La transizione ecologica: utopia o progetto?“, rispondendo alle domande di Enrico Minelli, professore di Economia Politica nell’Università di Brescia.

L’incontro è promosso dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, Libreria Editrice Vaticana, Acli provinciali di Brescia e Accademia Cattolica, in collaborazione con i Padri della Pace.

GAËL GIRAUD (1970), economista, gesuita, francese, ha fondato e dirige il programma per la giustizia ambientale della Georgetown University di Washington, dove insegna economia politica. È stato chief economist all’Agence Française de Développement. Direttore di ricerche al CNRS (Centre national de la recherche scientifique), fa parte del Centre d’Èconomie della Sorbona, del LabExReFi (il «Laboratorio d’eccellenza» dedicato alla regolazione finanziaria) e dell’Ècole di économie di Parigi. Visiting professor allo Stellenbosch Istitute in Sudafrica, docente di teologia politica al Centre Sèvres di Parigi, collabora con La Civiltà Cattolica. Il suo Transizione ecologica. La finanza al servizio della nuova frontiera dell’economia (Emi) ha vinto il Prix Lycéen du livre d’économie e il Premio Biella Letteratura e Industria. Per la Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato nel settembre 2022 il libro La rivoluzione dolce della transizione economica.

IL LIBRO

La rivoluzione dolce della transizione ecologica di Gaël Giraud (Libreria Editrice Vaticana, pp. 236 euro 16, in libreria dal 4 ottobre) è il libro-manifesto per affrontare la crisi ecologica e ambientale, e delineare una risposta alla crisi energetica. L’autore, economista, matematico e teologo, è una delle voci più interessanti del panorama economico attuale e sulle questioni ambientali. Direttore del Programma per la giustizia ambientale della Georgetown University, a Washington, nel suo nuovo libro Giraud procede ad una critica serrata sul modo in cui viene insegnata l’economia, avanzando al contempo alcune proposte concrete per affrontare l’emergenza climatica. Secondo Giraud, la scienza economica neoclassica non tiene conto del concetto di complessità, del fattore-energia, della questione-moneta: essa non considera il fatto che l’energia diventa centrale nell’elaborazione di un ragionamento economico, perché le fonti di energia non sono infinite; la moneta, scrive Giraud, non è neutra rispetto agli stessi mercati finanziari:  «All’interno di questo modello è impossibile immaginare che, oggi, i mercati delle attività finanziarie derivate rappresentino 12 volte il Pil di tutto il pianeta Terra; e che solo il 7% delle transazioni che avvengono su questi mercati coinvolga un attore economico della sfera reale». Giraud contesta la sacralità del Pil come indice da cui far discendere ogni ragionamento economico. Il Pil è un parametro obsoleto, perché non tiene conto di altri fattori: «Il Pil è incentrato sulla produzione e il consumo di merci e denaro, mentre la ricchezza della vita sociale non si riduce affatto a questi valori – annota Giraud –. Il Pil ignora le disuguaglianze sociali, segue una logica di media. Il Pil non tiene conto degli effetti nocivi provocati dal produttivismo (e dal diktat di una resa azionaria superiore al 15% annuo) e dalla “deregulation” (la flessibilità come unica politica di lotta contro la disoccupazione) sulla vita sociale e sull’ambiente. È un indice indifferente alla messa in questione dei beni comuni vitali (acqua, aria, terra, riscaldamento globale, ecosistemi…), alla violazione dei diritti fondamentali e all’aumento del disagio del lavoro salariato». Giraud critica la finanza senza regole che domina i mercati. L’esempio è singolare: oggi le banche spostano i loro mega-computer nei seminterrati dei loro palazzi, sperando di guadagnare qualche secondo sui concorrenti nel reperimento delle informazioni informatiche. Afferma Giraud: «Oggi esiste un commercio di dati venduti pochi secondi prima di essere diffusi pubblicamente. Così Reuters ha comprato per un milione di dollari all’anno dall’Università del Michigan il diritto di trasmettere ad alcuni clienti l’indice di fiducia dei consumatori (calcolato da quell’ateneo) due secondi prima della sua diffusione ufficiale. L’insider trading è diventato un’industria legale. Come fa notare Paul Krugman molti anni dopo Paul Samuelson (entrambi Nobel per l’economia), le somme investite per l’acquisizione di un’informazione due secondi prima del resto del mondo non possono risultare socialmente utili in quanto produttrici di una qualsiasi ricchezza aggiuntiva». Giraud non si ferma alla critica ma avanza anche alcune proposte fattive, sottolineando il ruolo importante che le banche e la finanza in generale possono rivestire nella transizione ecologica ed energetica. Ad oggi i bilanci delle banche sono «pieni» di derivati «bruni» cioè collegati alle energie fossili; per questo motivo gli istituti di credito non spingono per la transizione ecologica perché, se questa venisse decisa (scelta ineludibile, per Giraud), le banche si ritroverebbero con bilanci praticamente azzerati: «Per un euro prestato sui mercati finanziari in favore delle energie rinnovabili, le banche francesi ne hanno concessi otto a quelle fossili. Chi potrebbe credere che questa strana selezione di clienti nel settore energetico da parte delle nostre banche sia il frutto di una concorrenza leale?». La transizione ecologica può permettere la reindustrializzazione verde dell’Europa, proprio in un continente dove l’industrializzazione è ferma anzi in regressione: alcune scelte concrete, come l’idrogeno, il solare ecc …, possono determinare la rinascita industriale del continente, secondo una filosofia nettamente green. Infine, Giraud sostiene con forza la prospettiva di guardare al mondo dei beni comuni, non considerando il pianeta come un insieme di beni privati (aria, acqua, suolo, risorse naturali, ma anche salute globale, perfino il corpo umano) può favorire lo sviluppo di una società più giusta, più sostenibile e capace di futuro.

I commenti non sono disponibili