Angelo Mor

Tematiche: Biografie

GHEDI, VIA DANTE 8/A PRESSO LA SEDE ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI

QUI ABITAVA
ANGELO MOR
NATO IL 20.05.1911
ARRESTATO IL 08.09.1943
INTERNATO MILITARE A WILHERING
ASSASSINATO IL 04.05.1945

Mi chiamo Angelo Mor, vengo dalla campagna bresciana, da Ghedi, il mio paese natale. Sono nato il 20 Maggio 1911. Amo la campagna e la natura, sono un semplice giardiniere, con la licenza elementare, il mio sudato titolo di studio. Ho iniziato a lavorare per aiutare i miei genitori, Francesco e Teresa. Molti dicevano che ero il ritratto di mio padre: capelli castani e lisci, occhi celesti, non molto alto. Anche lui medesimo lavoro, divenuto passione con il passare del tempo. Tutto ciò interrotto dalla chiamata alle armi, il 12 Dicembre 1940. Partii per l’Albania il 14 Aprile del 1941, salutando il mio paese: addio Ghedi, con la tua estesa campagna, addio al vento fresco, che scompiglia le fronde di quei grandi pioppi e platani elevati verso il cielo. Addio campi di grano sparsi e dorati, come coperte che avvolgono e scaldano. Addio cascina, con le grandi distese che ti circondano, addio stalla, che accogli il nostro bestiame, addio aia che mi hai spesso rasserenato, con i balli e i canti.
Addio Ghedi, mai più rivedrò i miei genitori, mai più sentirò il profumo della cucina di mia madre e la voce imperativa di mio padre, che mi insegnava e educava. Com’è triste questo viaggio verso l’Albania, che dai più cari affetti mi allontana. Addio da chi non se ne voleva andare e non desiderava sapere com’era il mondo esterno, da chi aveva basato tutti i suoi sogni su questo paesino, e n’è stato trascinato lontano da una maledetta guerra. Che distrugge e rode fin dentro l’anima, che sradica
gli alberi come la nostra speranza, ed estirpa gli uomini come boccioli di  fiori. Che tristezza questa nave che parte da Bari, con tutti questi uomini che non vogliono altro che le proprie famiglie e il tepore della casa. Ho combattuto per due interminabili anni, arruolato in fanteria come soldato, in Albania e in Jugoslavia. Poi… 8 settembre 1943: vengo catturato nel Montenegro, mi trasportano a Willerytingn…
Wellarting… Non so come si pronunci, forse Willhering. Leggo il nome Linz su alcune insegne. “Wir sind in Linz angekommen”. Ma che cosa significa? Nessuno di noi conosce il tedesco. Sappiamo però
che, per guadagnarci la zuppa, dobbiamo lavorare duramente. Sento uomini parlare del cibo a qualsiasi ora del giorno; alcuni pure di notte, mentre dormono a fatica; altri scrivono ricette di dolci, primi, secondi e antipasti, immaginando e ricordando pasti gloriosi con la famiglia.
Io stesso sento la fame, sogno pane, pane fragrante mentre dormo; digrigno i denti, serro le mascelle. Mangiare così poco aumenta inesorabilmente la fame, conducendo alla pazzia. La fame consuma
non solo lo stomaco, ma pure il cervello. Mancano pochi giorni a Natale e tutti speriamo in una razione speciale, pieni di emozione sogniamo finalmente un vero pasto. Ma al suo posto: rape stagionate, come se di rape non ne mangiassimo abbastanza… E poi una sbobba acquosa con patate congelate, pane impastato con segatura ed erba di prato, come insalata. Il dolce? Una torta di patate e melassa ed un intruglio di foglie per caffè. Il lagerfürher grida dall’alto della sua posizione: “Arruolatevi nelle SS, se non volete morire. Chi si arruola andrà a combattere in Italia, sotto il comando tedesco e riceverà doppia razione”. Sopporto la fame, il duro lavoro e la malattia, ma non posso cedere a questo ricatto. La sera i tedeschi fanno sfilare davanti alle baracche di noi che abbiamo resistito, coloro che si sono arruolati. Vediamo gamelle ricolme di zuppa nelle loro mani, patate e sigarette. Ma neppure questo ricatto, ci fa tornare sui nostri passi. Dormire diventa sempre più difficile, oltre alla fame, paura e timore mi fanno sudare freddo e un brivido mi oltrepassa la spina dorsale.
Bombardano, sempre più spesso veniamo svegliati dal rumore dei bombardamenti. Ormai sono settimane che i bombardamenti si susseguono, diventando via via sempre più violenti. Una mattina, 4 maggio 1945, neanche il tempo di unirmi agli altri prigionieri, sento un grande trambusto. Vedo alcuni dei miei compagni già svegli che sembrano festeggiare… Nella confusione generale riesco a capire “I tedeschi fuggono!” Mi dirigo al grande cancello d’uscita il più velocemente possibile, voglio abbandonare questo dannatissimo posto! Sgomitando tra gli altri riesco ad avvicinarmi sempre di più e… Boom.
Sento un dolore lacerante allo stomaco, la mia vista si offusca sempre più, riesco a malapena a scorgere i miei compagni allontanarsi… Un varco di luce si apre davanti a me. Mentre gli altri sono riusciti a tornare in Italia io sono rimasto qui… In terra straniera.
A cura degli alunni delle classi 3 I e 3 A della scuola secondaria di primo grado di Ghedi