Asse tra Napoli e Brescia per affermare la legalità

Autori: Rodella Mara

L’INCONTRO/1. Nella sala Bevilacqua di via Pace la testimonianza del parroco 37enne Don Luigi Merola

«Asse tra Napoli e Brescia per affermare la legalità»

Franchi: «Criminalità organizzata: fenomeno esteso a tutta l’Italia»

Pace: «Il danno peggiore è la crescita della cultura mafiosa»

«Napoli, in te si toccano mondi lontani. Il genio si unisce alla miseria, santità e violenza si guardano: sembri narrare la buona novella del cielo che, in croce, si è unito alla terra». Così scrisse l’arcivescovo Bruno Forte, napoletano. E sono queste le parole che don Luigi Merola, parroco 37enne schierato in prima fila nella lotta alla camorra, sceglie con fervore per agganciare la più soave delle poesie alla più nuda realtà quotidiana. Ospite nella sala Bevilacqua di via Pace, è stato invitato dalla Cooperativa cattolico-democratica di cultura (in collaborazione con Padri della Pace, Centro studi per l’educazione alla legalità della Cattolica, Confraternita dei Santi Faustino e Giovita, Rete antimafia e Ammazzateci tutti) proprio! per parlare de «La mia lotta per la legalità», al fianco del Procuratore a capo della Dda di Brescia, Nicola Maria Pace. E «per creare un ponte di solidarietà sull’asse Napoli-Brescia – come sottolineato dal presidente della Cooperativa, Alberto Franchi – visto che la criminalità organizzata non è un tumore circoscritto, ma un male che attraversa tutta l’Italia».
«SONO QUI per portare la testimonianza di una Napoli che non si arrende, dove davvero santità e violenza si incontrano. E dove, per contrastare la mafia, è necessario fare rete insieme». E lui l’ha fatto, pagandolo a caro prezzo: dal 2004 vive sotto scorta, dopo essere stato ripetutamente minacciato per aver tentato di togliere Forcella (dove è stato parroco dal 2000 al 2007 prima di trasferirsi a San Carlo alle Brecce) al potere assoluto della criminalità. Ma la svolta arriva dopo una tragedia: «la morte di una bambina del mio oratorio,! Annalisa Durante, uccisa durante uno scontro a fuoco tra camo! rristi». Insieme ad associazioni e a chiunque gli desse una mano, don Merola ha dato vita alla fondazione «A voce de’creature»: quelle che toglie dalla strada per offrire loro la Parrocchia come punto di aggregazione. «Per me la speranza è grande. A Brescia ho incontrato più di 500 ragazzi e non è vero che sono vuoti: sono quello che noi siamo. A noi chiedono l’esempio. Per questo a loro dico studiate, per contribuire al progresso sociale del Paese, ma ai genitori raccomando: tornate a parlare con i vostri ragazzi e partecipate al patto educativo con le scuole». Del resto, quando don Luigi Merola è arrivato a Forcella, la scuola non c’era nemmeno: sarà costruita nel 2004, dopo la morte di Annalisa. «E non c’era nemmeno lo Stato, lo stesso che, in due anni, alla mafia ha conquistato 11.152 beni tra immobili e imprese. E badate bene – ricorda don Merola -: la criminalità organizzata è una monarchia assoluta che ! tiene in riscatto lo Stato». Nella classifica delle regioni a cui sono stati confiscati i patrimoni, «la Lombardia è quarta, dopo Sicilia, Campania e Calabria, ma prima della Puglia».
A FORCELLA, don Merola ha portato la Chiesa sulla strada e la legalità nelle case. L’hanno scambiato per un mafioso, ma è andato avanti. E ci è riuscito: «si deve cambiare per non morire – ha ribadito – e tutti devono dare il proprio contributo». «E il contributo di persone come don Luigi è fondamentale – ha sottolineato Nicola Maria Pace -: sono l’altra faccia dell’antimafia, quella più qualificata e qualificante rispetto alla dimensione giudiziaria. Sono coloro che si sporcano le mani e conquistano la sensibilità delle persone, inventandosi i mezzi per farlo». Perchè in una dimensione criminale che conta 6.700 organizzazioni e nuove mafie che si muovono sui mercati internazionali, «il danno maggiore non sta ne! gli espropri o negli arresti, ma nell’insorgenza della cultura mafiosa ! – ha spiegato Pace -: il problema vero è la traccia sociale che il passaggio della mafia lascia. Ecco perchè bisogna intervenire prima che questa cultura insorga e, si radichi. A Brescia? Non abbiamo ancora una cultura mafiosa, ma bisogna stare attenti, sempre. La presenza mafiosa, invece, quella esiste eccome: se gli economisti americani la definiscono "Il governo dei mercati neri" come potrebbe Brescia non allettare la criminalità organizzate?».

BRESCIA OGGI – Giovedì 10 Febbraio 2011 CRONACA Pagina 11