Diluvi universali: punizione divina prima della misericordia

Dopo aver visto episodi ed aneddoti relativi alla positività dell’acqua, secondo la narrazione fantasiosa della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, ora incontriamo altre pagine che ci parlano degli effetti catastrofici delle inondazioni.
Il racconto antico più famoso al riguardo è quello del diluvio universale, che non appartiene solo all’ Antico Testamento, ma è motivo ricorrente in svariate lingue e culture del passato. Gli esegeti biblici da una parte e gli esperti di mitologia dall’altra sono arrivati a contare circa quattrocento differenti versioni del diluvio, testimoniato sia in forma scritta nelle più svariate lingue sia nel patrimonio orale della cosiddetta primitività. É fuori discussione il carattere storico del fenomeno: comunque esso venga interpretato o ridimensionato, il nucleo costituito dalla memoria di una cataclisma dalle proporzioni molto estese appare come incontrovertibile.
Nella maggior parte dei casi il diluvio viene chiamato universale. Questo non significa però che abbia riguardato l’intera ecumene, ma certo tutta l’umanità conosciuta dalla civiltà che lo ha narrato. Sempre la maggior parte di queste narrazioni considera il diluvio come una forma di punizione divina nei confronti di colpe proprie dell’uomo. Così è nella Genesi, dove viene sanzionata la corruzione umana con quaranta giorni di piogge ininterrotte: il patto che viene stabilito alla fine della prova è suggellato dal famoso arcobaleno che unisce cielo e terra. Anche nel racconto babilonese del diluvio c’è la malvagità umana all’origine dell’evento; la vicenda è narrata all’interno del ciclo epico dell’ eroe Gilgamesh.
Nel mito greco delle origini si trova un’analoga narrazione del diluvio. Non è un solo autore a parlarne, ma le fonti sono diverse, come se si trattasse di un patrimonio collettivo del popolo greco. Possiamo seguire la versione di Apollodoro, compilatore di una grande raccolta di miti, uno dei quali ha per protagonisti Deucalione e Pirra.
Il primo è figlio dell’eroe Prometeo, il titano benefico verso l’umanità; la seconda è cugina e moglie di Deucalione, in quanto figlia di Pandora e di Epimeteo, fratello di Prometeo. Quando Zeus vuole punire gli uomini della Grecia per la loro empietà, Deucalione si costruisce un’arca, in cui entra con la moglie e con adeguate provviste per la sopravvivenza. Inizia allora il diluvio, sotto forma di pioggia torrenziale che sommerge quasi tutto il territorio ellenico: di conseguenza gli uomini muoiono, tutti tranne pochi che raggiungono le zone più alte dei monti più vicini. La catastrofe ha inizio dalla zona centrale della penisola greca, vale a dire dalla Tessaglia e dalla Beozia; presto si estende a quasi tutto il territorio, che durante i nove giorni del diluvio si spopola progressivamente. Anche il bestiame viene travolto e scompare tra i flutti, insieme alle abitazioni e a quelli che erano i beni materiali degli uomini.
Alla fine dei nove giorni l’inondazione cessa e Deucalione e Pirra approdano con l’arca sul monte delle muse, cioè il Parnaso che sovrasta Delfi. Quando escono all’aperto, ringraziano Zeus della salvezza loro concessa, ma subito si rendono conto delle dimensioni della catastrofe: la quasi totale scomparsa dell’ umanità. Le terre inondate e ricoperte di fango possono ritornare alla vita, ma mancano gli uomini per abitarle e coltivarle.
Ecco che a questo punto interviene l’aiuto divino, che dopo la terribile punizione fa conoscere ora il volta della misericordia. E così Zeus concede a Deucalione di far nascere uomini dalle pietre da lui gettate dietro le spalle, e altrettanto fa con Pirra, da cui nasceranno le donne. I superstiti eseguono i lanci e in questo modo ricompare la vita umana, rigenerata dopo la punizione sterminatrice.
Anche Virgilio ha fatto un accenno significativo al mito del diluvio e della rinascita umana. Lo leggiamo nel primo libro delle Georgiche, dove vuole educare alla durezza del lavoro agreste. Si tratta, scrive, di un lavoro congeniale alle capacità degli uomini che però sembrano lontani e refrattari a ciò. Il motivo è che tutti discendiamo dalle pietre di Deucalione e Pirra, perciò siamo una razza dura, dice Virgilio, alludendo sia in positivo alla durezza fisica, sia in negativo alla nostra insensibilità e ottusità.

Giornale di Brescia, 5.8.2003