Etty Hillesum, la forza interiore contro l’aggressione del male assoluto

Giornale di Brescia, 27 ottobre 2011

Su iniziativa della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura e dei Padri della Pace giovedì 27 ottobre alle ore 20,45 nella Sala Bevilacqua di via Pace n.10 a Brescia la prof. Isabella Adinolfi, autrice del recente saggio Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile (Melangolo) parlerà sul tema “Etty Hillesum, l’intelligenza del cuore”.

__________________________________________________________________________

Negli ultimi anni si sta verificando una riscoperta della figura di Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese autrice di un intenso diario, nel quale annotò giorno per giorno lo straordinario percorso di maturazione interiore di cui fu protagonista. Alle edizioni italiane del Diario e delle Lettere si va infatti affiancando una sempre più corposa e variegata bibliografia secondaria; da saggi critici a studi filosofici e psicanalitici, da riflessioni teologiche a immaginarie prosecuzioni delle sue opere, l’interesse per questa figura pare toccare gli ambiti più diversi. Merito non solamente di una scrittura cristallina e coinvolgente, ma soprattutto di una parabola esistenziale libera da convenzioni di ogni tipo e in grado di essere accolta da ognuno.
Etty Hillesum, nata in Olanda da genitori ebrei non osservanti, nel 1941 era studentessa di Lingue slave nella Amsterdam occupata dai nazisti. Il 9 marzo di quell’anno incominciò la stesura del diario su consiglio di Julius Spier, il suo psicochirologo, nel tentativo di superare gli stati di depressione e i disturbi psicosomatici che la affliggevano con continuità. Il lettore la incontra come una persona confusa e sofferente, disordinata, inquieta, dai costumi sessuali liberi e disinvolti. Pagina dopo pagina, si può assistere a una singolare terapia, in grado di spaziare da esercizi respiratori e ginnici alla dieta alimentare e alla lotta col terapeuta, attraverso la quale la ventisettenne ritrovò con sorprendente celerità il proprio benessere interiore e divenne prima l’assistente e poi l’amante di Spier. Grazie a questo rapporto complesso e contrastato, la Hillesum imparò a leggere i libri delle grandi tradizioni spirituali e ad avvicinarsi a Dio, da lei mai identificato in un’appartenenza religiosa, ma come “la parte più profonda di me”, a cui si rivolgeva nel dialogo e nella preghiera.
Con la franchezza che solo una scrittura personale può consentire, il Diario ci ha lasciato una delle testimonianze più alte delle vittime della persecuzione nazista. Al lucido sguardo della Hillesum non sfuggirono la gravità della situazione né le reali intenzioni degli occupanti, ma comprese che l’odio è un atteggiamento troppo superficiale e dannoso, in quanto priva le vittime designate delle proprie “forze migliori”. Convinta quindi che “siamo noi stessi a derubarci da soli” e che le misure naziste fossero sostanzialmente impotenti – in quanto riguardanti unicamente “qualche bene materiale e un po’ di libertà di movimento” -, Etty Hillesum riuscì a mantenere un atteggiamento costruttivo, che non la abbandonerà neppure nei momenti più difficili. Con parole simili a quelle di Vasilij Grossman in Vita e Destino scrive nel Diario: “A ogni nuovo crimine e orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi”. Bisognava profondere il proprio impegno per restare umani, perché si avevano delle responsabilità verso le altre persone, verso se stessi e soprattutto verso Dio: “Dio non è nemmeno responsabile verso di noi per le assurdità che noi stessi commettiamo: i responsabili siamo noi!”. Dinanzi a un Dio che non poteva aiutarlo, spetta all’uomo aiutare Dio, “difendere fino all’ultimo la tua casa in noi”.
Sulla scorta di queste motivazioni, Etty Hillesum inoltrò la richiesta di essere inviata come volontaria al campo di smistamento di Westerbork, per ricoprire l’incarico di “aiuto sociale per le persone in transito”. Lì soggiorno dall’Agosto del 1942 fino al Settembre 1943, con la volontà di “rimaner con gli altri e cercare di essere per loro quel che ancora siamo in grado di essere”.
Il 7 settembre, Etty, la sua famiglia e altre 980 persone, furono deportate ad Auschwitz. La giovane ebrea non si lasciò prendere dallo sconforto neppure in questa situazione e scrisse dal treno su cui era stivata le sue ultime righe, nelle quali racconta che la partenza era giunta piuttosto inaspettata e che avevano lasciato il campo cantando. Secondo un rapporto della Croce Rossa, Etty Hillesum morì il 30 novembre 1943 ad Auschwitz, probabilmente per un’epidemia di tifo.
Le notizie biografiche sulla vita della Hillesum sono reperibili dagli unici suoi scritti giunti sino a noi, serbati per anni da amici e conoscenti in cerca di un editore disposto a pubblicarli, che trovarono solamente nel 1981 presso De Haan. Gli undici quaderni che formano il diario – di cui il settimo andò perduto -, sono ora raccolti, assieme alle lettere recuperate, nell’edizione critica nerlandese e, da poco, anche nelle traduzioni inglese e francese di questa. Le versioni italiane del Diario e delle Lettere, edite rispettivamente nel 1985 e nel 1996 dalla casa editrice Adelphi, sono invece parziali, e corrispondono alla selezione di circa un quinto del contenuto complessivo dell’opera.