Il buon giornalista è un testimone di fatti

Dal “giornalismo dello stare seduti” alla notizia che insegue il giornalista. Un cambiamento epocale nella professione di chi fa informazione, analizzato nell’ambito dell’incontro dal titolo “Informazione e responsabilità”, promosso alla Pace dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura in ricordo di Fulvio Manzoni, direttore di Teletutto e consigliere Ccdc, e degli amici Massimo Bongiovanni e Paolo Giuntella. La serata, aperta dal saluto della presidente Ccdc Paola Paganuzzi, ha visto l’intervento dei giornalisti Elia Zamboni, vicedirettore de “Il Sole 24 ore”, e Luigi Accattoli, vaticanista del “Corriere della sera”, preceduti da un commosso ricordo di Manzoni fatto dall’amico Maurizio Faroni. Coerenza, capacità di ascolto, distinzione dei fatti dalle opinioni, spirito di gratuità, responsabilità: sono alcune delle qualità ricordate da Faroni a proposito di Fulvio Manzoni, col quale ha condiviso la straordinaria avventura delle origini della Ccdc, alla scuola dell’indimenticato Matteo Perrini.
“Un buon giornalista – diceva Enzo Biagi – è soprattutto un testimone dei fatti”. Un testimone – ha detto Zamboni – capace di capire e spiegare le cause e le conseguenze di un fatto, capace di capire i processi di trasformazione della società, anticipandoli anche. “Oggi – ha spiegato – anche grazie alla rivoluzione di Internet, si allarga l’orizzonte dell’informazione, ma si restringe quello della testimonianza diretta, per cui nelle redazioni si lavora soprattutto di agenzia”. Più sensazionalismo e meno approfondimento, insomma: il fruitore della notizia spesso ha la falsa sensazione della presenza diretta agli avvenimenti, ma si ritrova in realtà “superficiale mangiatore dell’informazione”. A ciò si deve aggiungere il fatto che oggi, i giornali vivono soprattutto di pubblicità: testimone diretto dell’esplosione del mercato pubblicitario, a fine anni Ottanta, è stato Accattoli, che ha ripercorso brevemente la sua carriera. “Tra “Repubblica” e “Corriere della sera” ho passato nove direttori – ha spiegato -, con un cambiamento epocale che ha visto dare spazio ai più giovani per un giornalismo di spietata concorrenza”. Da uno Scalfari attento alle esigenze dei suoi collaboratori, a Cavallari, quello del “giornalismo dello stare seduti” citato in apertura, inteso come necessità di pensare sulle cose e verificare le notizie, fino a Stille e Mieli. “Oggi i giornali sono più attraenti, leggibili, dinamici che in passato – ha detto -, ma molto meno rispettosi dell’autonomia del singolo giornalista”. Spesso capita che un direttore o un caporedattore si chieda: l’articolo che il giornalista propone vale lo spazio che occupa e che potrebbe invece essere occupato da una pubblicità? I rischi di un’invadenza sempre maggiore della pubblicità sulla libertà di informazione sono stati ricordati da entrambi i relatori. “Siamo attanagliati dalla concorrenza e dalla velocità – ha aggiunto Accattoli -: non c’è il tempo di verificare le notizie perché se ti fermi, la concorrenza ti batte”.
Sull’etica della professione Zamboni ha fissato alcuni punti fermi: “Fine e misura dei media – ha detto -, che sono strumenti di partecipazione democratica, sono le persone, sia come singole che nelle comunità in cui vivono, e con esse i media devono comunicare”. Accattoli ha invece spiegato come “democrazia e mondialità siano le sfide che attendono il giornalismo oggi”.
Un recupero della dimensione della testimonianza, il vaticanista del “Corriere” lo vede nelle possibilità offerte da Internet: i blog che alcuni professionisti hanno in rete sono spazio di confronto e dialogo libero e diretto con i lettori. Meno ottimista sotto questo profilo Zamboni, che considera invece la rete un “mare magnum” nel quale è davvero difficile orientarsi. “Nel futuro – ha detto Zamboni – vedo meno giornali nelle edicole, più di opinione e meno di informazione, che invece sarà delegata ad altri mezzi”.

 Articolo pubblicato sulla Voce del Popolo.