Il genocidio: dalla negazione alla presa di coscienza

La Voce del Popolo, 5 marzo 2010

Su iniziativa della “Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura” nei giorni scorsi, presso la Sala Bevilacqua dei Padri della Pace, si è tenuta una conferenza sul tema: “Gli armeni, dal genocidio alla speranza”. Ospite e relatrice la scrittrice padovana Antonia Arslan autrice, tra gli altri, de “La masseria delle allodole” e de “La strada di Smirne”

È stata una conferenza molto partecipata quella che ha portato nella nostra città la scrittrice padovana Antonia Arslan per parlare degli armeni e del loro genocidio. Ha introdotto e moderato l’incontro Pietro Gibellini, ordinario di Letteratura italiana nell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia.
“Accostare i libri di Antonia Arslan – ha esordito Gibellini – è, nel contempo, approcciare una verità dolorosa ricevendone un’iniezione di speranza.
Antonia Arslan, nota scrittrice di origine armena, laureata in archeologia, già docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea nell’Università di Padova, ha curato un libretto divulgativo sul genocidio degli armeni “Metz Yeghern. Il genocidio degli armeni” e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti rifugiatisi in Italia “Husher, la memoria, voci italiane di sopravvissuti”. I romanzi che l’hanno resa nota, però, sono due: “La masseria delle allodole”, con cui ha vinto il premio Campiello 2004, e “La strada di Smirne”, in cui l’autrice attinge ai ricordi familiari per raccontare la tragedia del popolo “mite e fantasticante”, gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. Sono libri di alto valore culturale e spirituale, a servizio della memoria degli armeni e dell’umanità intera, che raccontano del primo genocidio del XX secolo.
Negli anni 1915-16, per ordine del partito dei “Giovani turchi”, un milione e mezzo di armeni furono sterminati. Lo Stato turco stabilì che non c’era più posto per le minoranze ed iniziò così la deportazione in massa delle donne armene, mentre gli uomini furono sterminati. “La parola ‘genocidio’ – ha spiegato Antonia Arslan – è una parola con un peso terribile, inventata nel 1944 da Raphael Lemkin, giurista ebreo-polacco che aveva capito la tragedia del popolo armeno”.
Nella “Masseria delle allodole”, la scrittrice padovana racconta la vicenda di tre bambine e un bambino vestito da donna che, avviati alla deportazione verso il deserto siriano, attraverso diverse peripezie, riescono a salvarsi raggiungendo l’Italia. La masseria delle allodole, infatti, è la casa, sulle colline dell’Anatolia, dove nel maggio 1915, all’inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia e da dove comincia l’odissea delle donne trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. La memoria familiare dell’autrice, i racconti autobiografici del nonno, si intrecciano con la storia, dolorosa, del popolo armeno. Il secondo libro, “La strada di Smirne”, documenta la cacciata dei greci dalla Turchia, l’incendio della città di Smirne (città del cosmopolitismo romano), la diaspora di armeni, greci e assiri, allargando la tragedia alla fine di tutte le minoranze cristiane dell’Anatolia.
“Il negazionismo della Turchia nei confronti del genocidio degli armeni – ha spiegato Antonia Arslan – è qualcosa di terribile e umiliante. Oltre alle condanne agli editori, scrittori e pensatori turchi che osano affrontare il tema, altre forme di censura sono state messe in atto. Ma gli storici di tutto il mondo, oggi, non hanno alcun dubbio sulla veridicità dello sterminio degli armeni. Le prove sono numerose e schiaccianti e, finalmente, anche molti storici turchi si battono contro il negazionismo di Stato”.
Nella seconda parte dell’incontro, Antonia Arslan si è soffermata anche su altri episodi dolorosi e poco conosciuti della storia del ’900: le stragi contro gli assiri e i greci di Ponto, lo sterminio dei contadini ucraini lasciati morire di fame nel 1930 e le vicende di Cipro, episodi che devono essere un costante monito per il futuro.
A breve uscirà il terzo romanzo di An¬tonia Arslan. Al centro, il racconto del¬la malattia vissuta dalla scrittrice.