In bici lungo la cortina di ferro

Il Sole 24 Ore,  6 settembre 2009, pag.32-33.

Due biciclette, 12 kg di bagaglio a testa, ben ripartiti nelle borse posteriori, camere d’aria e biscotti per l’emergenza, la guida cicloturistica (Michael Cramer, German-German Border Trail, 2008 Esterbauer) che ti accompagna pedalata per pedalata e 10 giorni per seguire un tratto della ex cortina di ferro. 600 km dal Mar Baltico fino ai rilievi dello Harz, lungo quello che un tempo era il confine tra le due Germanie. Un viaggio nella storia e in uno spazio rimasto ancor oggi al margine, sebbene si trovi nel centro dell’Europa. Le dolci colline del Mecklemburgo e le pianure del Sachsen Anhalt sono tutte una successione di vasti campi di frumento, boschi e cavalli al pascolo. Non lontano da Lubecca, ma già oltrecortina, il lago Schaalen, un tempo attraversato dal confine, è il rifugio delle ultime aquile di mare d’Europa. Tranquille strade campestri fiancheggiate da siepi di more o cespugli di mirtilli, come pure viali di meli, peri e pruni carichi di frutti maturi. Case coloniche di mattoni rossi con travi di legno a vista, i tetti di paglia su cui non è difficile scorgere un nido di cicogne. Il fiume Elba che con le sue sponde non ancora imbrigliate da argini distrugge e ricrea ambienti umidi, habitat ideale per cicogne, aironi, e gru. Tranquille cittadine come Dömitz, Salzwedel, un tempo all’Est, Hornburg e Brome all’Ovest, accomunate dalla fortuna di non essere state toccate dalla furia distruttiva della guerra e neppure dalla smania di modernità del dopoguerra. Nelle città e nei paesi strade acciottolate con pavé di cui gli abitanti della ex DDR vanno orgogliosi. Piccoli musei disseminati lungo il percorso documentano com’era il confine: un sistema fortificato, concepito da una sorta d’ingegneria del male non per difendersi dall’invasione del nemico, ma per evitare la fuga dei propri cittadini. A Hötensleben si è conservata la cortina di ferro originale per alcune centinaia di metri, comunque sufficienti per rendere la sensazione dell’invalicabilità di quella barriera. Ben grande doveva essere la disperazione se oltre 800 persone morirono nel tentativo di fuga dalla DDR e 2.400 guardie di confine passarono all’Ovest. Alla stazione di confine Marienborn si vede l’officina in cui le guardie dell’Est smontavano i veicoli in transito per evitare la fuga di persone e alla ricerca di nascondigli per il contrabbando di materiale proibito. Per ogni tipo di veicolo una serie di schede illustrava con fotografie le posizioni dove cercare. Accanto all’officina, in un’apposita cabina, si perquisivano le persone fin nelle parti più intime; le istruzioni di servizio sollecitavano le guardie a usare toni cortesi e pacati. Tutti i musei espongono le fotografie dell’apertura dei confini, che suscitano nel visitatore l’emozione più grande. Guardando quei volti di tedeschi dell’Est e dell’Ovest si capisce che solo nell’autunno’89 la seconda guerra mondiale era davvero finita.

Alberto Franchi