La riflessione filosofica come apertura all’oltre

La Voce del Popolo, 21 maggio 2010

Nel percorso del pensiero umano, alcuni filosofi sono al centro del dibattito culturale, sono considerati fondamentali per la ricerca speculativa; altri pensatori sono visti come “marginali”, poco incisivi, non determinanti per le questioni filosofiche cruciali. Spesso, però, tra questi ultimi, possiamo trovare dei veri tesori nascosti, che, una volta scoperti, ci danno la possibilità di arricchire la nostra indagine conoscitiva, il nostro sapere. Maurice Blondel (1861-1949) fa parte di questo gruppo di filosofi, poco noti, ma ricchi di pensieri preziosi, che possono aprire nuovi orizzonti di ricerca.
Il pensatore francese è stato l’argomento della conferenza, organizzata dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, nella sala Bevilacqua dei Padri filippini della Pace, il 23 aprile scorso. Il relatore è stato Paul Gilbert, gesuita, docente di Metafisica nell’Università gregoriana di Roma, che ha fatto emergere i caratteri principali della filosofia di Blondel.
Secondo la sua analisi, il contesto storico-culturale, a cavallo tra Ottocento e Novecento, è dominato o da filosofie “immanentiste”, che negano Dio e ciò che richiama la trascendenza, o da filoni positivisti, che vedono nella scienza sperimentale moderna l’unica forma di conoscenza umana. Blondel, con il suo pensiero, vuole proporre un percorso diverso, che non si esaurisca nell’esperienza e nei limiti del mondo, ma che si apra all’orizzonte dell’”oltre”, della trascendenza.
In questo modo, il Nostro attua una lotta eroica contro i “giganti” della sua epoca, che hanno l’egemonia della cultura filosofica e universitaria, andando incontro ad un’esistenza difficile, piena di delusioni, amarezze, fino agli ultimi anni di vita, funestati dalla cecità.
Secondo Blondel, bisogna partire dall’uomo, dalla sua vita, per seguire una ricerca speculativa, che, però, non deve fermarsi all’immanente. Infatti, tutti i caratteri dell’essere umano tendono a qualcosa che li trascende. Il linguaggio implica una dimensione più ampia, che richiama realtà che vanno al di là delle nostre percezioni. Il nostro stesso corpo, i suoi sentimenti, le passioni contengono delle tensioni verso un completamento ulteriore, che ci spinge sempre oltre il nostro io, nell’azione. Il pensiero, l’intelletto, la ragione hanno delle capacità che colgono sfere di significati non sperimentabili, che sfuggono a classificazioni esaustive.
Per Blondel, nell’uomo, tutto rimanda all’oltre: noi siamo un ponte tra immanenza e trascendenza, che ha nell’azione il suo fulcro, poiché nell’attività le facoltà umane trovano la loro sintesi. A tale riguardo, egli valuta l’uomo nella sua interezza: il corpo, la sensibilità, la volontà, l’intelligenza sono tutti cifre essenziali dell’uomo. Il momento cruciale dell’esistenza umana, infatti, è l’opzione, la scelta, in cui l’uomo decide di intraprendere una strada. Per tale motivo, alla base dell’esistenza c’è la libertà, che apre all’uomo orizzonti sempre nuovi di vita e di ricerca, di azione e di pensiero, di prassi e di teoria.
Allora, nell’ottica blondeliana, la filosofia può ancora avere un ruolo centrale, perché può affrontare l’esistenza umana e il suo tendere alla trascendenza. Il Positivismo riduce tutto il sapere a ciò che è misurabile, sperimentabile: ma, per Blondel, la realtà è più complessa della sfera delle indagini scientifiche. Non esistono solo i fenomeni studiati dalle scienze, ma ci sono anche strati più profondi di realtà, che riguardano la vita, i valori, i significati ultimi, il “senso” dell’esistere. Perciò è necessaria la filosofia, che permette all’uomo di cogliere la complessità del reale. Del resto, all’interno delle stesse scienze emergono delle tendenze ad andare oltre: le stesse lacune degli studi scientifici fanno emergere qualcosa di più profondo nell’esperienza.
A tale riguardo, citando Ricoer, il relatore ha usato la distinzione tra “spiegazione” e “comprensione”: la prima è legata alle scienze, è il discorso razionale; la seconda è legata alla filosofia, all’indagine dell’intelligenza e del “cuore”. L’uomo ha bisogno di entrambe: la scienza serve per definire i fenomeni naturali; la filosofia serve per capire meglio noi stessi, la nostra vita, i nostri fini.
Come possiamo vedere, la lezione di Maurice Blondel è ancora attuale. La scienza ci aiuta, ci fa progredire, però non può essere sufficiente per le esigenze dell’uomo. Noi abbiamo bisogno di capire il senso delle cose, il fondamento della realtà. Il filosofo francese ci invita a continuare questa ricerca, ad aprire orizzonti di trascendenza, a non accontentarci dell’hic et nunc, a tendere oltre i confini del finito.