La vita e l’attività di Henri Bergson (1859-1941)

PROFILO BIOGRAFICO E CRONOLOGIA

I- GLI ANNI DELLA FORMAZIONE (1859-1881)

1859

II 18 ottobre nasce a Parigi, in rue Lamartine 18, Henri-Louis Bergson. Il padre Michel, pianista e compositore di notevole talento, aveva abbandonato giovanissimo Varsavia. Era un ebreo la cui famiglia era originaria della Polonia orientale, la terra segnata dalla presenza di quei profeti e santi del giudaismo conosciuti col nome di «chassidim».

Michel era stato in Germania e in Italia prima di approdare in Francia.

La madre, ebrea anch’essa, era inglese, della zona mineraria dello Yorkshire. Si chiamava Catherine Lewison.

La famiglia Bergson visse costantemente in condizioni di grande ristrettezza: i figli a cui provvedere erano quattro maschi (Henri-Louis, era il secondogenito) e tre femmine.

La madre parlava con i figli l’inglese, lingua che Bergson padroneggiò sempre perfettamente.

1863

La famiglia Bergson lascia Parigi per la Svizzera, perché Michel ha trovato lavoro al Conservatorio di Ginevra. Henri ha quattro anni.

1868

I Bergson ritornano a Parigi.

1868, ottobre – 1878, luglio

Un rabbino ottiene per Henri una borsa di studio al Liceo Condorcet di Parigi, come esterno. Henri è in pensione nell’Istituto Springer, che ospita studenti ebrei.

1870-1871

La famiglia Bergson si trasferisce a Londra; il borsista undicenne è solo nella Parigi della guerra franco prussiana del 70-’77 e durante la guerra civile della Comune.

Bergson sarà, per forza di cose, lontano dalla famiglia per tutto il periodo della sua formazione. Come per Agostino e Kant, il rapporto di Bergson con la madre, malgrado i lunghi periodi di lontananza, è decisivo. Tra Bergson e la madre vi è uno scambio settimanale di lettere. La madre è molto religiosa, fedele alle osservanze del giudaismo, dotata di una felice larghezza di spirito. Di sua madre Bergson rese questa testimonianza: «Fu una donna d’intelligenza superiore, un’anima religiosa nel senso più elevato della parola. Le sue doti di bontà, dedizione, serenità e, potrei quasi dire, santità, suscitarono l’ammirazione di tutti quelli che la conobbero».

In un ritratto il volto dell’adolescente Bergson appare nobilmente pensoso; le testimonianze dei compagni lo descrivono discreto e gentile, capace di attenzione rispettosa verso gli altri, dotato di forte senso di indipendenza.

La straordinaria disposizione alla matematica è attestata non solo dai premi speciali conseguiti di anno in anno in quella disciplina, ma anche dalla soluzione data nel 1877 al cosiddetto «problema dei tre cerchi» enunciato da Pascal nella lettera del 29 luglio 1664 a Fermat. La soluzione di Bergson è fatta conoscere al mondo scientifico l’anno seguente. La Francia saluta nel liceale diciottenne la promessa di un nuovo Cartesio. Bergson nel frattempo legge con entusiasmo Il fondamento dell’induzione che Jules Lachelier aveva pubblicato nel 1871 e lì si incontra per la prima volta con un’idea di filosofia alta e rigorosa.

1878-1881

Bergson è accolto alla École Normale insieme a Jean Jaurès, il futuro storico della rivoluzione francese e leader del socialismo democratico. Jean Jaurès ha generosità ed eloquenza trascinante, Bergson logica serrata e gusto per la precisione. Tra gli altri compagni di studio ci sono il futuro sociologo Émile Durkheim e il cattolico Alfred Baudrillart, che in seguito diventerà cardinale. Braudrillart descrive il normalista Bergson come agnostico in materia di religione. Bergson, che adempie anche all’ufficio di bibliotecario, legge avidamente Herbert Spencer, il positivista inglese autore dei Primi principi (1862) e dei Principi di sociologia (1876).

Alla Normale Bergson non incontra l’Autore del Fondamento dell’intuizione perché Lachelier si ritira in pensione. C’è tra i docenti Émile Boutroux, che nel 1874 aveva pubblicato Della contingenza delle leggi della natura. Quell’opera avrebbe potuto attirare l’attenzione del geniale allievo, se questi non fosse allora impegnato nella esplorazione del pensiero positivista, di cui apprezza l’appello a «stare ai fatti» e a «ragionare sui fatti». Bergson giudica comunque Boutroux ancora «troppo kantiano», cioè incline a concepire la verità come «costruzione» invece che come «auscultazione del reale».

Alla École Normale Bergson legge il celebre Rapporto sulla filosofia in Francia nel XIX secolo di Félix Ravaisson. In quell’opera, che è del 7867, Ravaisson usa l’espressione «realismo spiritualistico», che il Bergson della maturità avvertirà come la meno inadeguata per designare il suo stesso orientamento di pensiero.

Nel 1881 Bergson consegue la licenza in matematica, quella in lettere e il grado di agrégé de philosophie.

II- L’INSEGNAMENTO LICEALE – LA NASCITA DELLA NUOVA FILOSOFIA: IL SAGGIO SUI DATI IMMEDIATI DELLA COSCIENZA, MATERIA E MEMORIA (1881-1897)

1881, ottobre – 1883, settembre

Bergson è professore di filosofia in provincia, al Liceo di Angers, e dall’aprile ‘82 anche alla Scuola superiore femminile.

I suoi corsi vertono su testi importanti, ma semplici e non troppo ampi; Bergson s’impone di far lezione parlando senza appunti. Non se ne sta seduto, cammina in su e in giù davanti all’uditorio. Gli allievi sono affascinati dal suo stile elevato e semplice, senza fronzoli e pedanterie, e dalla sua capacità di far riflettere in profondità su ogni questione. «Non posso non attribuire una grande importanza, almeno soggettivamente, al mutamento che sopravvenne nel mio modo di pensare durante i due anni che seguirono alla mia uscita dalla Scuola Normale, dal 1881 al 1883». Così Bergson scriverà nel 1908 a William James che gli aveva richiesto qualche informazione biografica. Sono esattamente gli anni in cui egli insegna nel Liceo di Angers.

1882, agosto

Alla distribuzione annuale dei premi tiene il suo primo discorso sul tema La specializzazione («La spécialité»). Ha 23 anni. Bergson celebra il valore della scuola secondaria come strumento di formazione sia al «buon senso», attraverso le lettere classiche e il francese, sia al «rigore logico delle matematiche e delle scienze». La scuola secondaria ritarda provvidamente il momento della scelta definitiva, facendo nel frattempo sperimentare agli allievi possibilità diverse. Ogni precoce specializzazione comporta, infatti, un impoverimento in umanità, una vera e propria mutilazione della personalità.

1883

Ad Angers lavora agli Estratti di Lucrezio, pubblicati, con un saggio introduttivo, a Parigi nel 1883. La poesia del De rerum natura, piena di maestà, lo affascina, così come la passione del suo Autore per le origini dell’universo. Tuttavia Lucrezio, tra gli antichi, e Spencer, tra i contemporanei, col loro universo meccanico il cui divenire è senza uno slancio e senza una direzione, costituiranno l’esatta antitesi della visione del mondo a cui Bergson sarebbe pervenuto tra breve.

1883-1888

Bergson passa a insegnare filosofia al Liceo Pascal di ClermontFerrand. I cinque anni a Clermont-Ferrand sono decisivi. In quel periodo Bergson gode buona salute, pratica gli sports (il cavallo e la scherma), frequenta assiduamente l’ambiente universitario aprendosi a molteplici interessi. È a Clermont-Ferrand che Bergson mette a punto la critica della filosofia di Spencer e la scoperta della durata reale come vita della coscienza.

Bergson è «incaricato di conferenze» all’università. Sono divenute celebri due di esse: Il riso («Le rire») tenuta nell’84, e La gentilezza («La politesse»), nell’85.

Bergson riproporrà ben due volte in futuro il discorso sulla gentilezza, la virtù dell’animo che prediligeva.

La gentilezza è innanzi tutto ripugnanza per ogni indiscrezione e rozzezza, rifiuto dei tanti modi di ferire gli altri nel loro intimo con l’indifferenza, o col misconoscere i sentimenti, le legittime attese, il valore personale. La gentilezza, che Bergson praticò con i condiscepoli fin da ragazzo, caratterizzò da professore i suoi rapporti con gli studenti liceali e universitari. La gentilezza, che a livello elementare si manifesta come buona educazione, oltrepassa la sfera sociale delle regole di comportamento per attingere l’interiorità del cuore e farsi simpatia per i sentimenti degli altri. La «politesse mondaine», da sola, non è che una vernice superficiale, ma se è penetrata dalla «politesse du coeur», diviene tatto, signorilità, preveggente delicatezza, grazia.

1888-1897

L’insegnamento liceale a Parigi. Bergson è nominato professore di ruolo al Liceo Luigi il Grande e poi al Collegio Rollin; dal 1890 al 1897 insegna al Liceo Enrico IV.

Gli anni tra l’88 e il ‘96 sono assai importanti per la cultura europea e mondiale: il più interessante pensatore statunitense, William James, pubblica I principi di psicologia (1890); Maurice Blondel si fa conoscere con un’opera originalissima, L’azione (1893), e l’ex-condiscepolo di Bergson, Émile Durkheim, con Le regole del metodo sociologico (1895). L’austriaco Sigmund Freud pone i fondamenti della psicanalisi con l’opera Progetto di una psicologia (1895).

1889

Bergson pubblica presso l’editore Alcan due scritti per il dottorato: il Saggio sui dati immediati della coscienza («Essai sur les données immédiates de la conscience»), la tesi principale, in francese; e Quid Aristoteles de loco senserit («L’idea di spazio in Aristotele»), la tesi complementare, in latino. Aveva 30 anni.

Il Saggio è dedicato a J. Lachelier. L’arditezza del metodo seguito e delle conclusioni a cui Bergson perviene sfugge del tutto agli esaminatori. II significato metafisico dell’«io profondo» e della «durata reale» non è colto neanche da Boutroux, che pure è ben disposto verso Bergson.

La stessa incomprensione del mondo accademico Bergson sperimenta per ben due volte, nel 1894 e nel 1898, quando si vede respingere la candidatura alla Sorbona.

Nel 1889 Bergson ottiene comunque il dottorato, grado accademico che corrisponde alla nostra libera docenza.

Nascono in quell’anno Gabriel Marcel, Martin Heidegger e Ludwig Wittgenstein.

A Parigi viene innalzata la Torre Eiffel per l’esposizione Universale.

1891

All’età di 32 anni Bergson sposa Louise Neuburger, diciannovenne. Alle nozze il testimone («le garçon d’honneur») per la sposa è Marcel Proust, che sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori del Novecento.

Dal matrimonio nasce Jeanne, sorda dalla nascita. Jeanne sarà pittrice e scultrice di talento.

1895, luglio

Bergson pronuncia nell’aula magna della Sorbona, per la premiazione di fine anno dei liceali, il discorso Il buon senso e gli studi classici («Le bon sens et les études classiques»), uno dei testi pedagogici che gettano più luce sul pensiero del filosofo. È presente il Ministro della Pubblica Istruzione, che rimane sconcertato. Bergson, infatti, riassume l’ideale a cui deve tendere l’educazione in un’espressione assai modesta: «il buon senso», e ciò era già di per sé irritante. Ma che cosa intende egli per «buon senso»? Il «buon senso» non è il senso comune che recepisce insieme ai pregiudizi correnti qualche valido consiglio per la vita. È apertura dello spirito alla realtà, bisogno di rompere le clausure della specializzazione, capacità di «apprendere ad apprendere», ignoranza consapevole che s’accompagna alla ferma determinazione di voler pervenire alla conoscenza vera. È un’intensificazione della volontà che produce insieme penetrazione intellettuale, senso del limite e, nei rapporti umani, rispetto degli altri, aspirazione alla giustizia, gusto per le sfumature. Non la riuscita immediata è un valore, bensì la riuscita che è frutto del risveglio dello spirito e dello sforzo creatore: questo è il solo pragmatismo degno dell’uomo.

1896

Bergson pubblica Materia e memoria – Saggio sulla relazione del corpo allo spirito («Matière et mémoire – Essai sur la relation du corp à l’esprit»). È la seconda delle grandi opere, forse la più geniale; ad essa il filosofo aveva lavorato intensamente per sette anni. Materia e memoria è libro di alta meditazione filosofica che suggerisce implicazioni e conclusioni di grande portata metafisica, ma attirò l’attenzione soprattutto degli psicologi e dei medici per il solido impianto scientifico. II libro è «un lavoro su misura» dei fatti osservati sul funzionamento della memoria.

Guglielmo Marconi inventa il telegrafo senza filo.

Muore il poeta Paul Verlaine.

III. L’INSEGNAMENTO UNIVERSITARIO ALL’ÉCOLE NORMALE E AL COLLÈGE DE FRANCE. IL FILOSOFO DELL’INTUIZIONE METAFISICA E DELL’EVOLUZIONE CREATRICE MAESTRO DELL’ÉLITE INTELLETTUALE DI FRANCIA E D’EUROPA (1897-1914, FEBBRAIO)

1897

Bergson ha un incarico all’École Normale, dove era stato allievo, e due anni dopo passa ad insegnare al Collège de France, il celebre istituto di conferenze fondato da Francesco I, per tradizione aperto a idee nuove.

È docente di Filosofia greca e latina, cattedra di cui diventa titolare nel maggio 1900.

Il martedì e il venerdì tiene i suoi corsi su Plotino («Trovò in Plotino un altro se stesso», ebbe a scrivere l’ex-discepolo Émile Bréhier). Le lezioni di Bergson sono seguite sempre con intensa partecipazione.

Tra il 1897 e il 1914 Bergson fu con le sue lezioni e con gli scritti l’educatore dell’élite intellettuale francese ed europea. Tra i più assidui ad ascoltare Bergson c’erano il poeta Charles Péguy, che aveva nove anni meno del filosofo, di cui era stato allievo alla Normale, i giovani Jacques e Raïssa Maritain, Jean Laporte, Étienne Gilson, Gabriel Marcel, l’anziano Georges Sorel.

1899

Il riso – Saggio sul significato del comico («Le rire – Essai sur la signification du comique»). È una ripresa e una rielaborazione della conferenza tenuta cinque anni prima.

Non c’è comico all’infuori di ciò che è propriamente umano. Se si ride anche del gesto di un animale, ciò avviene perché evoca un gesto umano. Il riso «puro», cioè non mescolato ad altri elementi, è un segno del comico. Il comico, a sua volta, nasce quando l’intelligenza afferra un aspetto della rigidità meccanica che si sostituisce alla vita e lo ingrandisce fino a farne una caricatura. Come fa il vignettista che coglie in un viso un movimento, il cui automatismo lo fa apparire qual è, appunto, una smorfia. Così un’anima diventa un lineamento e un’azione si fissa inappellabilmente in un gesto, lineamento e gesto capaci di suscitare il riso.

Di qui i moduli tipici della situazione comica: la ripetizione, l’inversione delle parti, l’interferenza. Se osservata attentamente, la macchina che è in noi, mimando la vita e sostituendosi ad essa, fa ridere. Ma per ridere occorre, da una parte, l’incoscienza del personaggio e, dall’altra, l’insensibilità dello spettatore. Insomma il comico esige una specie di «anestesia momentanea del cuore».

A Il riso si richiama esplicitamente Sigmund Freud nello scritto Il motto di spirito, apparso nel 1905.

Nei suoi interventi all’assemblea del Collège de France, Bergson difende a più riprese il mantenimento della cattedra di psicologia sperimentale e l’istituzione di quella di scienze economiche e sociali. L’autore di Materia e memoria ancora una volta mostra così che la sua critica dello scientismo e delle indebite conclusioni metafisiche che se ne traggono nasce dall’apprezzamento dei contributi che ci vengono dalle scienze e non dalla negazione del loro valore.

1902 febbraio

Discorso su La potenza creatrice dello sforzo («La puissance creatrice de l’effort») tenuto agli studenti del Liceo Voltaire.

1903, gennaio

Bergson scrive l’Introduzione alla metafisica («Introduction à la métaphysique»). È il discorso sul metodo di Bergson. Giovanni Papini ne pubblica la traduzione italiana insieme ad estratti di altre opere col titolo La filosofia dell’intuizione (1908, Carabba, Lanciano).

Negli anni 1902-1903 tiene un corso sulla Storia dell’idea di tempo, divenuto poi il capitolo IV, quello conclusivo, dell’Evoluzione creatrice.

Muore Herbert Spencer.

I fratelli Orville e Wilbur Wright costruiscono il primo aeroplano.

1904

Bergson è chiamato a succedere a Ravaisson all’Accademia di Francia. È nominato ordinario di filosofia moderna al Collège de France. Insegna sino al febbraio del 1914. D’ora in poi i suoi corsi verteranno sul problema della libertà, sulle teorie della conoscenza e della volontà, sulla personalità, sull’idea di evoluzione e su pensatori come Spinoza e Berkeley. Nel 1904-1905 consacra uno dei corsi a un’ultima revisione dei Primi principi di Spencer prima di por mano a L’evoluzione creatrice.

1907

Bergson pubblica L’evoluzione creatrice («L’évolution crèatrice»). Aveva 48 anni. L’evoluzione elabora originalmente e fa entrare nella cultura mondiale la critica dell’idea del nulla e della nozione di disordine nonché quella, che ebbe un’immensa eco, del materialismo meccanicistico e del finalismo esagerato. Queste ultime due teorie sembrano opposte, ma conseguono lo stesso risultato, quello di vanificare il tempo e di non spiegare la creazione di nuove forme di vita. Il successo dell’opera è di portata mondiale.

William James pubblica Il pragmatismo.

Pablo Picasso dipinge Les demoiselles d’Avignon.

Pio X con l’enciclica Pascendi dominici gregis condanna il modernismo.

1910

Muore William James.

1911

Al Congresso internazionale di Filosofia, svoltosi a Bologna, Bergson tiene una relazione su L’intuizione filosofica («L’intuition philosophique» ).

La fama di Bergson nel mondo anglosassone l’obbliga a portare il suo messaggio direttamente nelle maggiori università inglesi. In Gran Bretagna tornerà ancora nella primavera del 1914, tenendo undici lezioni all’università di Edimburgo, e nel 1920.

1912-1913

La sua influenza non è meno importante negli Stati Uniti. Nel 1912-13 è incaricato di tenere alla Columbia University di New York due corsi. I legami di profonda simpatia che legano Bergson al paese del suo più caro amico, William James, gioveranno enormemente alla Francia in uno dei momenti più difficili della sua storia.

Bergson parla alla comunità ebraica di New York sui doveri degli ebrei di fronte ai loro paesi di adozione.

Bergson, al ritorno, racconta le sue impressioni sugli Stati Uniti, sforzandosi di far comprendere ai francesi la mentalità americana, così spesso fraintesa.

1914, febbraio

Bergson chiede di essere supplito nell’insegnamento dal filosofo Édouard Le Roy, epistemologo, di 11 anni più giovane. Bergson non salirà più in cattedra.

Aveva insegnato per trentatré anni, sedici come professore di liceo e diciassette all’università.

È eletto presidente dell’Accademia delle Scienze morali e politiche, nonché membro dell’Accademia di Francia.

Viene messo all’indice dalla Chiesa cattolica per l’insieme delle sue opere.

Péguy, approdato dal socialismo alla fede cattolica, pubblica la Nota congiunta su Bergson e Descartes nei suoi ««Cahiers de la Quinzaine» per protestare contro la condanna del suo maestro e per difenderne il metodo. È l’ultimo dei suoi atti di coraggio intellettuale.

IV- PATRIOTA E CITTADINO DEL MONDO: IL DECENNIO DELL’IMPEGNO DIRETTO NELLA VITA PUBBLICA (1914-1924)

1914, 28 luglio

II governo austro-ungarico dichiara guerra alla Serbia. La Germania invia alla Francia e alla Russia un ultimatum con pretese inaccettabili.

31 luglio

L’ex-compagno di studi universitari, Jean Jaurès, il socialista umanitario che credeva ancora possibile salvare la pace, viene ucciso con un colpo di pistola.

3 agosto

La Germania dichiara guerra alla Francia e le truppe tedesche, violando la neutralità, invadono il Belgio.

5 settembre

Charles Péguy, partito volontario per la guerra a 41 anni, cade pochi giorni dopo a Villeroy, colpito da una palla in fronte.

La guerra cambia la vita di Bergson. A partire dall’estate del 1914, egli pone la sua persona e il suo prestigio internazionale a servizio della patria, su cui incombe la minaccia della macchina bellica tedesca, consacrando larga parte del suo tempo all’attività politica. Bergson aveva allora 55 anni. Il suo diretto impegno civile e politico va ben oltre il periodo bellico, ‘14-’19, e anzi si accresce a dismisura proprio nel dopoguerra, tra il 1919 e il 1924.

Tre sono le forme principali che assume l’impegno di Bergson.

  1. Durante in conflitto, egli è incaricato di delicatissime missioni all’estero quale ambasciatore ufficioso del governo francese.
  2. Nel dopoguerra partecipa vivacemente al dibattito pubblico e ai lavori della commissione ministeriale per la riforma dell’insegnamento secondario.
  3. Primo presidente e instancabile ispiratore delle iniziative assunte dalla Commissione di collaborazione intellettuale, all’interno della Società delle Nazioni, a Ginevra, Bergson è colui che di fatto ha creato quello strumento di pace e di incontro che sarà ricostituito nel 1945 con il nome di UNESCO (United Nations Education, Science, Culture Organization).

A) Le missioni all’estero durante il conflitto

1915, primavera

Bergson è inviato in Spagna dal governo francese. Lo scopo è di suscitare simpatia per la Francia, per le cui sorti era decisivo il mantenimento della neutralità della Spagna nel conflitto. L’ambasciatore ufficioso non dice una sola parola sulla guerra, benché quelli fossero i giorni della battaglia di Verdun.

A Madrid Bergson tiene ai suoi colleghi una conferenza piena di spirito su La filosofia. «La filosofia non è l’arte di dedurre da alcuni principi semplici tutto il reale e tutto il possibile. Il suo metodo differisce sotto certi aspetti dalla scienza positiva, ma è suscettibile della stessa precisione. Il filosofo, pertanto, è colui che, quale che sia la sua età, è sempre pronto a rifarsi studente». Sui rapporti tra le due nazioni neolatine solo questo cenno: «Alcune nazioni sono nobili. Chiamo nobili quelle nazioni che hanno conservato qualcosa di cavalleresco, mettendo il diritto al di sopra della forza, che credono alla giustizia e che conoscono la generosità. Francia e Spagna, ecco due nazioni nobili».

1917, febbraio

La seconda missione di Bergson è di ben altra importanza. Bergson è pregato da Aristide Briand, Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari esteri, di recarsi negli Stati Uniti. La traversata comportava gravi rischi poiché la Germania aveva deciso di condurre ad oltranza la guerra sottomarina. Negli Stati Uniti, paese ancora neutrale, Bergson si muove con tempestività e somma discrezione; parla direttamente al presidente Wilson e soprattutto ai suoi più autorevoli consiglieri, che il filosofo incontra regolarmente fino alla vigilia del messaggio al Congresso, con cui Wilson il 2 aprile chiede una dichiarazione di stato di guerra. Il Ministro degl’Interni del governo statunitense, Franklin Lane, ebbe a dire in seguito a Bergson: «Voi non immaginate neppure quanto avete influito sulla decisione del Presidente». Bergson non parlò neppure in seguito della sua missione a Washington.

Bergson, però, sentì il bisogno di tornare su questo momento della sua vita nel 1936, ma solo per reagire alla «colpevole ingratitudine» di cui dava prova l’Europa nei confronti di Wilson e del suo paese. «Mio dovere – scrive Bergson – è di certificare che la decisione del 2 aprile 1917 fu presa dall’America in uno di quei momenti di eroismo e di entusiasmo per la bellezza del bene comune come poche volte capita nella storia. Cosa curiosa, chi dichiara dettato solo dall’interesse l’intervento dell’America nel conflitto parla poi dei progetti di pace del presidente Wilson come se fossero i sogni di un idealista. La verità è che quei sogni erano perfettamente realizzabili, e tali rimasero anche dopo che Clemenceau e Lloyd George ne ebbero fortemente modificato lo spirito. Disgraziatamente, la malattia del presidente Wilson portò alla sua sconfitta politica e al ritiro degli Stati Uniti dalla Società delle Nazioni».

1918, giugno-settembre

Nel momento peggiore della guerra il premier francese Georges Clemenceau affida a Bergson una seconda missione in America. Parigi era bombardata e quattro armate tedesche avanzavano nelle Fiandre e in Piccardia, inoltre la Russia di Lenin aveva firmato un armistizio, e poi la resa di Brest-Litovsk, con la Germania.

Si tratta di convincere Wilson che occorre una diversione in Europa centro-orientale, in collegamento con i cecoslovacchi, per salvare Parigi. Bisogna, cioè, impedire che le armate tedesche dal fronte orientale, ormai inesistente, si rovescino in breve tempo sul fronte francese.

Anche questa volta Wilson fa sua la proposta di cui è latore il filosofo e il 3 agosto una dichiarazione del Dipartimento di Stato annuncia il progetto di un’azione militare in difesa dei cecoslovacchi. Il piano, però, non ebbe esecuzione perché gli alleati, grazie anche alla rapidità con cui giunsero in Francia gli aiuti statunitensi, vinsero la seconda battaglia della Marna, fermando così l’avanzata tedesca.

B) Le contrastate proposte per la riforma dell’insegnamento secondario

1919, novembre

Bergson è eletto membro del Consiglio superiore dell’Istruzione pubblica e partecipa ai lavori con grande assiduità. Ne fa parte fino al 1925.

Nel dopoguerra il problema della riorganizzazione dell’insegnamento secondario è vivacemente dibattuto in vista di una riforma.

Quali sono le idee di Bergson sulla riforma della Scuola secondaria?

  1. È urgente organizzare in modo diffuso ed efficiente un sistema di «insegnamento industriale, commerciale e agricolo», in stretto rapporto con le necessità produttive del paese, una scuola di cultura scientifica che sia però nettamente orientata verso la pratica. L’accesso da questa scuola alle facoltà universitarie è riservato ai giovani che, segnalati con relazione scritta dai loro docenti, siano in grado di superare gli esami di ammissione.
  2. Il problema sociale esige un innalzamento del grado d’istruzione anche di chi non sia in grado di frequentare le scuole secondarie superiori. Occorre un appropriato sistema scolastico di formazione umana e professionale, sì da poter disporre su tutto il territorio nazionale di un esercito di tecnici e di operai altamente specializzati.
  3. La democrazia in campo scolastico non si salvaguarda con soluzioni demagogiche, qual è quella della «scuola secondaria unica», né abbassando il livello culturale dei licei e delle università. Occorre, invece, assicurare a tutti uguali punti di partenza nella gara della vita e ai migliori l’accesso agli studi più alti.

C) Al servizio della Società delle Nazioni, per promuovere la cooperazione intellettuale

1921, 21 settembre

L’istituzione alla Società delle Nazioni di una Commissione in­ternazionale di cooperazione intellettuale (C.I.C.I.) è approvata dal­l’Assemblea della Società delle Nazioni.

4 novembre

Sono nominati i 12 membri della Commissione tra personalità di fama mondiale. Tra essi Bergson, Einstein in rappresentanza della Germania e l’italiano Francesco Ruffini, professore di diritto ca­nonico a Torino.

Bergson è eletto presidente all’unanimità.

Le idee a cui si ispira la presidenza Bergson sono molto chiare:

– collegare tra loro e potenziare gli organismi di cooperazione intellettuale già esistenti, invece di crearne artificiosamente altri;

– preferire sempre ciò che è effettivamente realizzabile a pro­poste chimeriche, astratte, altisonanti;

– non permettere al C.IC.I. di trasformarsi in una specie di intelligenza sovranazionale o di super-intelligenza demiurgica;

– andare oltre il carattere «consultivo» della Commissione di Collaborazione intellettuale «per fare subito il bene che è possibile».

Le linee operative seguite da Bergson sono molteplici ed estre­mamente concrete, malgrado la povertà dei mezzi a disposizione:

– favorire in ogni modo lo scambio di studenti e di professori tra le università;

– inviare libri, riviste e strumenti di laboratorio nei paesi che si trovavano nelle situazioni più difficili;

– accantonare i progetti di una lingua internazionale prodotta artificialmente, l’esperanto, e diffondere la conoscenza sistemati­ca delle lingue viventi e delle letterature moderne per avvicinare i popoli tra loro;

– istituire nelle università corsi, tenuti da docenti stranieri, sulla cultura, lo spirito pubblico, gli interessi vitali degli altri popoli;

– avviare la revisione critica dei manuali scolastici di storia, vei­coli abituali di pregiudizi ostili e menzogne nei confronti di altre nazioni;

– pubblicare un Indice bibliografico per mettere a disposizio­ne degli studiosi le conoscenze in via di acquisizione.

La generosità straordinaria con cui Bergson lavorò alla riconciliazione internazionale in campo culturale fu tale che un membro della Commissione, Julien Luchaire, ebbe poi a dire, nel 1928, che al primo presidente della C.I.C.I. doveva essere concesso il Nobel della pace.

Altri avvenimenti significativi

1919

Bergson raccoglie i testi di sue conferenze su temi di interesse teoretico nel volume L’energia spirituale («L’énergie spirituelle»).

1921, novembre

Bergson chiede il collocamento a riposo dall’insegnamento per motivi di salute.

1922

Pubblica, in polemica con Albert Einstein, Durata e simultaneità («Durée et simultaneité»). Quel libro, però, fu poi escluso dal corpus delle opere bergsoniane per esplicita volontà dell’Autore.

V- LA PROVA DELLA MALATTIA L’ULTIMO CAPOLAVORO, LE DUE FONTI DELLA MORALE E DELLA RELIGIONE – IL TESTAMENTO E LA MORTE (1925-1941, 4 GENNAIO)

1924-1925

Durante l’inverno, Bergson subisce il primo, duro attacco di reu­matismo deformante. La malattia doveva condannarlo per sedici anni a una immobilità pressoché completa, non lasciando intatto che il pensiero.

Nel dicembre Bergson confida a un corrispondente che il «male oscuro» da cui è afflitto (solo dopo parecchio tempo i medici capi­rono che si trattava di reumatismo articolare) l’obbliga «a contare il tempo utile per il lavoro in minuti piuttosto che in ore».

Bergson è pertanto costretto a chiudere la sua vita politica e torna a dedicarsi esclusivamente ai suoi «cari studi». Aveva allora 65 anni. Il tempo che gli rimane egli lo consacra interamente alle sue ricerche sulla morale e sulla religione. Nel dicembre del 1924 scrive ad un amico: «È una delle questioni a cui sono più attaccato e sulla quale medito ormai da venticinque anni».

1928

Bergson è insignito del Premio Nobel 1927 per la letteratura, ma non può recarsi a Stoccolma a ritirarlo. Un nuovo raggio di gloria investe il filosofo e appaiono su di lui saggi e testimonianze di notevole rilievo.

1930, 29 marzo

Il governo francese conferisce a Bergson la più alta ricompensa, la gran croce della Legion d’Onore. Il filosofò, ammalato, alla ce­rimonia della consegna è colto da malore e perde conoscenza.

1930, novembre

Bergson esprime il suo ringraziamento alla Svezia per il Nobel conferitogli scrivendo per una rivista svedese uno dei testi filosofi­ci più profondi e originali: Il possibile e il reale («Le possible et le réel»).

1931

Il pensatore francese di origine russa Vladimir Jankélévitch pub­blica l’opera Henri Bergson. È un libro nato da una profonda sim­patia intellettuale.

1932

Bergson ci dà l’ultima delle sue grandi opere, Le due fonti della morale e della religione («Les deux sources de la morale et de la religion»). Aveva 73 anni.

Alla seduta dell’11 giugno 1932 della società filosofica «L’union pour la verité» le tesi bergsoniane sono discusse da René Le Sen­ne, Émile Bréhier, Jacques Maritain, Roger Lacombe, Georges Gur­vitch, Alfred Loisy.

1933

Il nazionalsocialismo sale al potere in Germania con Adolf Hi­tler. Hitler aveva dichiarato già nel 1923-1924 nel libro La mia bat­taglia («Mein Kampf») l’ideologia razzista e il violento antisemiti­smo del suo movimento.

Bergson ravvisa con angoscia nell’avvento della dittatura nazi­sta una terribile minaccia per la Francia e l’Europa, per gli ebrei, per la pace nel mondo.

1934

Con il titolo Il pensiero e il diveniente («La pensée et le mou­vant») vede la luce la seconda raccolta di testi filosofici bergsonia­ni. Quest’ultima pubblicazione è costituita da articoli antecedenti al 1914, eccetto l’ampia Introduzione scritta nel 1922 e il saggio Il possibile e il reale.

1937, 8 febbraio

Bergson redige il suo Testamento.

Sull’orientamento religioso, il filosofo ci offre un singolare ritratto della sua anima. «Le mie riflessioni – è detto testualmente – mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo in cui vedo il coronamento completo del giudaismo. Mi sarei convertito se non avessi visto che da anni si preparava la formidabile ondata di anti­semitismo che sta per scatenarsi sul mondo. Ho voluto restare tra quelli che domani saranno perseguitati».

Per quanto riguarda i suoi scritti c’è una clausola draconiana: «Dichiaro di aver pubblicato tutto ciò che volevo portare a conoscenza del pubblico. Interdico formalmente la pubblicazione tota­le o parziale di qualsiasi manoscritto, di corsi, di appunti, di lezio­ni e conferenze, e così pure delle mie lettere». Il filosofò ci dà an­che qui un esempio di discrezione e di serietà.

1939, 26 gennaio

Il suo ultimo intervento pubblico è un atto di riconoscente amicizia: una Lettera a Halévy su Charles Péguy. II 1939 era l’anno in cui si sarebbe dovuto commemorare il 25° anniversario della morte del fondatore dei Cahiers. Il vecchio maestro parla dell’allievo di un tempo con animo commosso: «Grande e mirabile figura! La sua stoffa era quella di cui Dio si serve per fare gli eroi e i santi!».

1939, 23 agosto

La Germania nazista e la Russia comunista firmano un patto di non-aggressione e il protocollo segreto aggiuntivo sulla spartizione della Polonia e delle zone d’influenza nell’Europa orientale.

1° settembre

Hitler invade la Polonia. Francia e Inghilterra, alleate della Polonia, dichiarano guerra alla Germania. Bergson si ritira a Saint Cyr-sur-Loire.

1940, maggio-giugno

Si scatena la cosiddetta «campagna d’Occidente»: i nazisti invadono il Belgio, l’Olanda e la Francia. Il 14 giugno Parigi è occupata.

Bergson si sposta a Dax, in Aquitania, ma ben presto anche lì arrivano i tedeschi.

In giugno Bergson riparte per Saint-Cyr. In novembre, grazie a un salvacondotto procuratogli da Sacha Guitry, commediografo e attore francese, Bergson può rientrare nella sua casa a Parigi.

Gli ultimi due mesi del 1940 sono di una tristezza senza nome. Malgrado la temperatura glaciale, in casa Bergson le stufe sono spente per mancanza di carbone. La nazione è umiliata, la grande cultura francese rinnegata, l’antisemitismo dilaga.

Unico sollievo per Bergson è ascoltare Radio Londra e incontrare qualche amico, come il filosofo Jean Wahl e il nipote Floris Delattre, ai quali confida angosce e speranze.

1941, 2-4 gennaio

A causa del freddo, Bergson è colpito da congestione polmonare. Prima di perdere la conoscenza, cade in delirio per un paio d’ore, durante le quali pronuncia frasi che riguardano Materia e memoria e i suoi corsi al Collège de France. Il terzo giorno giunge per Bergson l’ora della separazione della memoria dalla materia. Bergson si spegne sabato 4 gennaio 1941, a 81 anni.

La signora Louise Bergson, in esecuzione della volontà espressa dal marito nel Testamento del 1937, prega un sacerdote, il canonico di Neuilly, di recitare davanti alla salma le preghiere della litur­gia cattolica per i defunti e di tracciare il segno della croce sulla fronte del filosofo.

Bergson è sepolto in un piccolo cimitero della periferia parigina, a Garche, ove riposa tuttora. II poeta Paul Valéry nell’allocuzione pronunciata qualche giorno dopo all’Accademia di Francia ricorda alcuni particolari: «Nessuna cerimonia, nessun discorso, funerali civili, presenti solo una trentina di amici. Fu così che salutammo per l’ultima volta il più grande filosofo del nostro tempo».

NOTA: testo tratto da Henri Bergson, Le due fonti della morale e della religione. Saggio introduttivo, traduzione e commento di Matteo Perrini, La Scuola Editrice, Brescia 1996, pp. 21-27, esaurito.