L’ecumenismo “necessario” di mons. Bonomelli

Giornale di Brescia, 3 febbraio 2010

Nell’estate del 1910 si sono riuniti a Edimburgo 1215 delegati di chiese e società missionarie, appartenenti al mondo protestante e anglicano, per riflettere insieme sulle sfide che in quel momento la situazione mondiale poneva alla missione cristiana e per cercare un coordinamento tra gli sforzi compiuti dai diversi soggetti impegnati nell’attività missionaria. A distanza di cento anni noi ricordiamo oggi l’anniversario della Conferenza di Edimburgo perché in essa si fissa abitualmente la data di nascita del movimento ecumenico contemporaneo.
I delegati delle chiese erano convenuti nella città scozzese con l’obiettivo di cercare un più efficace coordinamento delle attività missionarie. Le menti più lucide si resero però conto che, al di là di questa finalità di carattere pratico, si poneva la questione della credibilità dell’annuncio del vangelo compiuto da cristiani divisi e da chiese che, insieme al messaggio cristiano, esportavano anche le loro divisioni.
Da Edimburgo ha perciò preso avvio un cammino che ha portato le chiese ad assumere iniziative comuni in campo sociale e ad avviare il dialogo sulle questioni dottrinali aperte tra di loro. Tale cammino ha portato nel 1948 alla formazione del Consiglio ecumenico delle chiese.
La chiesa cattolica, fino al Vaticano II, ha guardato con un certo sospetto a queste iniziative e non ha ritenuto vi fossero le condizioni per una sua partecipazione. La voce della chiesa cattolica non è però stata del tutto assente dalla Conferenza di Edimburgo. Ed è stata la voce del bresciano Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona, che, su invito dell’americano Silas McBee, ha indirizzato un messaggio ai delegati riuniti nella città scozzese.
Geremia Bonomelli dichiara di guardare con simpatia all’iniziativa e osserva che una Conferenza di rappresentanti di tutte le denominazioni cristiane, tenuta con il nobile intento di far conoscere Cristo e la sua chiesa alle coscienze, merita l’attenzione di tutti. Altri potranno guardare con sorriso scettico all’iniziativa e accusare i partecipanti di essere dei sognatori. Bonomelli non condivide questa valutazione ed è convinto che quello che ha riunito i delegati a Edimburgo non sia «un idealismo ottimistico, né un sogno ideale». Sono infatti numerosi gli elementi su cui i convenuti concordano e questi elementi possono servire da base per il confronto, al fine di tendere verso l’unità nella dottrina e nella pratica.
«Siamo perciò uniti – conclude Geremia Bonomelli – nella profonda convinzione che una religione universale è necessaria e che questa deve essere la religione cristiana; non una religione fredda e formale, una cosa separata dalla vita umana, ma una forza vitale, che pervade l’anima umana nella sua essenza e nelle sue varie manifestazioni – una religione, in breve, che completa e corona la nostra vita e porta frutti in opere di amore e di santità. D’altra parte, tutti voi sentite la necessità di una chiesa che possa esser la manifestazione esterna della vostra fede e del vostro sentimento religioso, la vigile custode qui e ora della dottrina e della tradizione cristiana. Essa sorregge e tiene viva la attività religiosa e individuale in virtù di quella potente forza suggestiva che sempre esercita collettivamente sull’individuo. […]
Infine, dalle varie chiese e denominazioni religiose in cui voi cristiani siete divisi sorge un nuovo elemento unificante, una nobile aspirazione ad astenersi da un’eccessiva impulsività, ad appianare le barriere che dividono e ad operare per la realizzazione della Chiesa Una Santa tra tutti i figli della redenzione. E ora, mi domando, non sono questi elementi più che sufficienti a costituire un terreno comune di accordo e a offrire una solida base per un’ulteriore discussione che tenda a promuovere l’unione di tutti i credenti in Cristo?»