L’idea di Europa nel pensiero di Albert Camus

Città & Dintorni, n.112, aprile 2014.

Ci avviciniamo a grandi passi alle elezioni europee, previste per il 25 maggio, e ancora una volta i commenti e le attenzioni sono tutti concentrati sui riflessi che queste avranno nella politica interna, quando invece come tutti sappiamo una parte sempre più rilevante delle scelte politiche sono effettuate a livello europeo.

Scontiamo un provincialismo miope e l’incapacità di fare squadra, frutto anche di un’assenza di visione alta su cosa significhi essere europei e sui valori che fondano la casa comune europea.

Ci può aiutare in questa riflessione il pensiero di un grande personaggio della cultura europea, Albert Camus, di cui da poco si sono ricordati i cento anni della nascita.

Significativamente all’Europa è consacrata la Terza lettera ad un amico tedesco, scritta nel 1944 e destinata alla pubblicazione clandestina resistenziale nella Francia sottoposta al giogo nazista. Mentre per il nazismo l’Europa è “una proprietà, noi sentiamo di dipendere da essa. Per noi, – dice Camus – è la terra dello spirito, dove da venti secoli continua ininterrotta la più sorprendente avventura dello spirito umano”, la cui frontiera sono “il genio di alcuni e il cuore profondo di tutti i suoi popoli”. Lo scrittore francese in questa lettera rimasta inedita[1] a causa dei rischi inerenti la stampa clandestina, pensa a Firenze, Cracovia, Vienna, Praga e Salisburgo come a “un volto solo, quello della mia patria più ampia”, “una terra magnifica fatta di dolore e di storia”.

Sul futuro della civiltà europea Albert Camus si sofferma il 18 aprile 1955 partecipando ad Atene ad un incontro organizzato dall’Union Culturelle Gréco-Française[2], in cui si confronta con i più stimati intellettuali greci del tempo. L’elemento caratterizzante il pensiero europeo è il suo carattere pluralista, che trova il suo fondamento nella nozione di libertà. L’Europa “è il luogo delle diversità delle opinioni, delle contrapposizioni, dei valori contrastanti e della dialettica che non arriva a una sintesi”. L’uomo, che è caratterizzato dal limite, deve assumere le contraddizioni dentro di sé, nella consapevolezza che sono ineliminabili se non si vuole mutilare l’uomo. Occorre quindi avere misura, che non è solo una formula razionalistica e umanistica, ma anche un “metodo per affrontare l’analisi dei problemi che ci vengono posti e per avviarci verso un futuro tollerabile”.

Camus applica questo metodo in ambito sociale e politico, soffermandosi sul difficile equilibrio, che in certi momenti richiede fermezza d’animo fino all’eroismo, tra diritti e doveri e tra libertà e giustizia, pur partendo dalla considerazione che una delle debolezze della società occidentale è la creazione di un individualismo eccessivo in cui l’uomo è considerato come un tutto ed è separato dalla comunità. Si deve arrivare a “riconoscere che la libertà ha un limite, che anche la giustizia ne ha uno, che il limite della libertà risiede nella giustizia, cioè nell’esistenza dell’altro e nel riconoscimento dell’altro, e che il limite della giustizia si trova nella libertà, cioè nel diritto della persona di esistere così com’è in seno a una collettività”. Tesi, questa, che trova la sua esplicazione nel filone del più schietto pensiero democratico oltre che in molte carte costituzionali, come quella italiana.

L’impegno di Camus per il federalismo europeo, come abbiamo visto, risale alla guerra e alla Resistenza, dove aderì al gruppo Combat, politicamente molto vicino al Partito d’Azione italiano, di cui in clandestinità ne diresse il giornale. Il movimento Combat, fondato da Henry Frenay, affermava fin dai suoi atti fondativi la necessità di creare una federazione europea, unita sul piano giuridico e politico, per garantire la pace e il progresso economico attraverso una democratizzazione delle istituzioni. Proprio dalle pagine del giornale Camus scrive in uno dei suoi editoriali datato 3 dicembre 1944: “Tutti i paesi europei sono tra loro strettamente indipendenti, nella produzione come nel consumo dei beni, Sappiamo di poter contare sulla solidarietà di tutti, nella vita e nella morte. Sappiamo che l’indigenza di una popolazione vicina è una minaccia per noi, così come può esserlo un’eccessiva potenza economica. A un’economia internazionale è ormai impossibile far corrispondere solo politiche nazionali”.[3]

In queste parole traspare anche un aspetto della visione umana e politica di Camus, cioè la generosità che fa appello ad obiettivi alti e disinteressati, che rifiuta i meschini calcoli della convenienza, perché – scrive sempre su Combat – “siamo certissimi che nessuna missione umana è impossibile per l’uomo. Ed è appunto di uomini, solo di uomini, che abbiamo bisogno. Uomini: vale a dire cuori che conoscono per esperienza l’audacia e la prudenza, animi sensibili e volontà ferree, spiriti capaci al tempo stesso di disinteresse e impegno morale”.[4]

Questa incapacità di volare alto e di magnanimità, che attanaglia lo stato attuale della politica europea, era stato stigmatizzato da Albert Camus con la consueta lucidità nella conversazione tenuta ad Atene: “penso che l’Europa sia costretta da una ventina di lacci in un quadro rigido all’interno del quale non si riesce a respirare… La sovranità per molto tempo ha messo i bastoni in tutte le ruote della storia internazionale. Continuerà a farlo. Ci troviamo davanti a ostacoli che rendono difficile la realizzazione di questo ideale. Detto questo, bisogna lottare per riuscire a superare gli ostacoli e fare l’Europa, l’Europa finalmente, dove Parigi, Atene, Roma, Berlino, saranno centri nervosi di un impero di mezzo, oserei dire, che in un certo qual modo potrà svolgere un suo ruolo nella storia di domani”.

A Camus, come a noi, interessa poco una confederazione di Stati sovrani in cui ognuno fa cinicamente la sua politica e porta avanti uno sterile patriottismo, per cui rimane quanto mai attuale il suo progetto: “dare un contenuto ai valore europei, anche se l’Europa non si farà domani”.

 


[1] Sarà pubblicata, insieme alle altre tre lettere ad un immaginario amico tedesco, nel 1945,

[2] Il testo di questa conversazione è stato pubblicato sotto il titolo Il futuro della civiltà europea da Castelvecchi (Roma 2012).

[3] Albert Camus, Questa lotta vi riguarda. Corrispondenze per Combat 1944-1947, Bompiani, Milano 2010, p. 290-291.

[4] Op. cit., p.215, editoriale del 21 ottobre 1944.