Lievi incontra il vecchio e il cielo

Bresciaoggi, 27 gennaio 2011

Presentata l’ultima opera del regista gargnanese pubblicata da Marsilio

Nella sede dell’Associazione Artisti Bresciani, in vicolo delle Stelle 4, domani alle ore 18.15, verrà presentata l’ultima opera di Cesare Lievi, «Il vecchio e il cielo», edito da Marsilio. L’autore sarà intervistato dalla professoressa Lucia Mor dell’Università Cattolica del sacro Cuore di Brescia; l’incontro è promosso dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura in collaborazione con l’Aab.
Nel teatro di Cesare Lievi sembra farsi centrale, negli ultimi anni, il tema della vecchiaia. Lo era in «La badante» e lo è, forse anche in modo più esplicito, in «Il vecchio e il cielo», che, dopo la partenza di Lievi dal Ctb è stato messo in scena nel novembre scorso a Udine, dove il nostro regista è andato a dirigere il Teatro Nuovo Giovanni da Udine.
IL PUNTO DI PARTENZA di entrambi i t! esti sembra provenire dalla cronaca quotidiana: là era il fenomeno delle donne dell’ Est europeo, a cui sono affidati i nostri anziani, qui il furto di cui è vittima un ex preside arrivato alla pensione sulla soglia dei settanta, ma ancora pieno di progetti e di aspettative nei confronti della vita.
Lo spunto cronachistico non dà vita però ad un approccio di stampo sociologico, a Lievi non interessano tanto l’analisi e la riproduzione della realtà, quanto la possibilità di far emergere dal quotidiano quegli elementi di fragilità e frattura in cui si ritrova il senso più profondo dell’esistere e il non detto contiene in sé il mistero.
Scandito in sette scene, «Il vecchio e il cielo» ha per protagonista un vecchio preside che, raggiunta l’agognato congedo dalla scuola, si culla nel sogno di un radicale cambiamento della sua vita e pensa di scaricare l’amante appassita, di riprendersi il suo tempo e di riappropriar! si di tutto se stesso. Per un curioso capriccio, decide di and! are personalmente alla posta a ritirare la prima rata della pensione e, tornando a casa, entra in un bar, incontra un giovane barbone, che dice di chiamarsi Cielo, e gli offre un caffè.
Spinto da un impulso di generosità, si porta a casa lo sconosciuto, gli offre la possibilità di fare una doccia e abiti nuovi, ma quello, improvvisamente, lo aggredisce e gli porta via i soldi della pensione. Si determina così un crollo, una presa di coscienza che scardina le aspettative e le illusioni del vecchio.
I FANTASMI DEL PASSATO e del presente riemergono attraverso l’amante e la figlia, chiamate in soccorso; i fantasmi del futuro si affacciano nelle parole di Cielo che ricompare come un angelo pasoliniano.
Come il vecchierel canuto e bianco leopardiano, il vecchio si trova di fronte all’abisso orrido immenso e confessa la sua paura della morte: «sono in un cunicolo buio e non so come uscirne», ma Cielo lo conforta e gli apre la via della spe! ranza: «Non devi avere paura. Io sono qui». F.D.L.