L’illusione finanziaria. Il gesuita ed economista Gael Giraud inaugura le lezioni dell’Accademia Cattolica

Corriere della Sera, 23 ottobre 2013

Come orientarsi nella crisi economica che dal 2008 attanaglia il mondo globalizzato? E che tipo di crisi è del capitalismo? Uno dei momenti di «distruzione creativa», che costellano la sua storia? O una crisi provocata dalla prevaricazione della finanza sull’economia reale, che sta trasformando la natura stessa del capitalismo? Interrogativi che rimbalzano dalle pagine dei quotidiani ai simposi accademici, e che, di fatto, tutti vivono nel progressivo impoverimento del lavoro dipendente, salvo i top manager: al punto che la divaricazione della retribuzione tra salariati e top manager, che all’inizio del XX secolo era di 1 a 20, oggi è 1 a 2000. Segno delle ineguaglianze che questa crisi sta scavando nella carne viva della società. Per riflettere su queste domande, una buona occasione è offerta dalla conferenza che sarà tenuta oggi – Aula magna dell’Università cattolica, ore 18 , per l’inaugurazione del nuovo anno dell’Accademia Cattolica di Brescia – da Gaël Giraud, gesuita, già consulente finanziario, docente di economia matematica alla Sorbonne di Parigi. Giraud parlerà della «Illusione finanziaria», titolo anche del libro pubblicato in Francia dalle Editions de L’Atelier, è già alla seconda edizione. Un libro che prosegue la ricerca iniziata dall’autore nel 2009 con un volume che fece scalpore tra gli economisti e nel dibattito pubblico: 20 proposte per riformare il capitalismo, scritto con un’altra economista e religiosa, Cécile Renouard. In quel libro, gli autori, con rigore scientifico, affrontavano le cause della crisi economica ipotizzando soluzioni socialmente ed economicamente sostenibili: ad esempio, fare della funzione sociale dell’impresa una priorità strategica; valorizzare il lavoro salariato per ridare senso alla stessa impresa; promulgare una legislazione che riporti la finanza al servizio dell’economia; mettere fine alle derive incontrollate dei mercati e di certi prodotti finanziari (i derivati) che sfuggono ai medesimi ideatori; introdurre una fiscalità extraterritoriale per le multinazionali, e una tassa europea ecologica; pensare un’economia capitalista verde, equa e pluralista. Un progetto di riforma che in modo prosaico sapeva unire l’attenzione cattolica per il bene comune, come collante per la convivenza sociale, con la prospettiva a là John Rawls di un patto sociale giusto perché equo. Nel nuovo libro, questa prospettiva fa un nuovo passo: dall’interno, Giraud smonta matematicamente l’ideologia dell’assoluta autonomia dei mercati finanziari dall’economia reale. Un’ideologia fallace scientificamente: postulando un mercato di attori immaginari dimentica le asimmetrie informative con cui si svolgono di fatto le transazioni sul mercato internazionale. Un’ideologia – un idolo per lo sguardo cristiano – politicamente devastante: non solo per il fallimento dei debiti sovrani (il caso della Grecia), ma per le conseguenze economiche e sociali. Economiche, perché l’economia stenta a ripartire, sociali perché il rischio è una frattura tra poche oligarchie ricchissime e il resto della popolazione costretto a un impoverimento progressivo. E ancora: Giraud, nel libro, insiste anche sull’importanza della transizione ecologica delle nostre economie, al di là dell’idolatria della crescita illimitata: ad esempio, con «il rinnovamento termico degli edifici, l’eco-mobilità, e cambiamenti nell’ industria e nell’agricoltura». Una transizione che implica una ridefinizione del rapporto tra pubblico e privato.

In breve: un libro – un orizzonte teorico – dove il cristianesimo non si sottrae alle sue responsabilità intellettuali. La dottrina sociale della Chiesa, con al centro le categorie di persona e di bene comune, può essere una bussola di orientamento. Tanto che nell’ultimo capitolo, Giraud sottolinea l’importanza – sociale! – della parola, della fiducia e di uno spazio pubblico di discussione. Una specie di agorà che supplisca alle storture costitutive dei mercati. Dove, come Giacobbe ed Esaù, gli umani, consapevoli che le regole economiche non possono tutto, possono ritrovarsi solo con l’abbraccio tra fratelli. Come dire: capitalismo si dice in più modi; la deriva finanziaria non è irreversibile; la relazione sociale trascende il rapporto economico; l’umano vive del mutuo riconoscimento tra persone di pari dignità. Questo è padre Gaël Giraud: un raffinato, disincantato scienziato sociale e nel contempo un cristiano. Un cristiano per il quale «ci sono due grandi transizioni bibliche da onorare: il profetismo che consiste nel denunciare gli idoli, e la sapienza, che fa riscoprire, nella opacità del quotidiano, il lavoro di Dio nelle nostre vite. Denunciare l’idolatria dei mercati finanziari senza regole rientra totalmente nella tradizione profetica. E operare per la transizione ecologica mi sembra oggi il modo  più nobile per onorare la dimensione sapienziale della vocazione cristiana».