Paolo VI e la croce

Papa Montini ho imparato a capirlo e a volergli bene a poco a poco, così come è capitato a molti altri, quando ho cominciato a scorgere la sua drammatica associazione al mistero della croce, ciò che ha dovuto e deve soffrire per la Chiesa.

 Sulle sue spalle Paolo VI porta la pesante croce del post-concilio. L’esplosione di tendenze anarcoidi, la corsa allo spretamento e alla secolarizzazione, l’asservimento dei vari «isolotti» alle idolatrie di turno hanno accompagnato e parassitato il grande rinnovamento conciliare, seminando a piene mani lo sgomento tra i fedeli, il sospetto e spesso il rifiuto della Chiesa e di Cristo tra i giovani. Quando la tempesta s’è abbattuta violenta sulla Chiesa, allora il papa bresciano ha mostrato come era alla sequela di Cristo. In lui l’ethos della responsabilità, si può ben dirlo, ha giganteggiato e il coraggio della fedeltà ad ogni costo alla Parola di Dio ha ispirato decisioni difficili e contrastate. Non ha prevalso il chiasso dei noleggiatori dell’opinione pubblica, non la pseudo-modernità di chi non sa far di meglio che proporre vie già dolorosamente percorse dai fratelli separati. Cattolici e non cattolici, credenti e non credenti hanno così, giorno dopo giorno, «scoperto» in Paolo VI colui che difendendo l’integrità della fede, meglio garantiva l’umana dignità, contro ogni equivoco, con appassionata fermezza.

Non vorrei ingannarmi, ma mi sembra che il papa, dopo tante amarezze, può vedere finalmente la Chiesa uscire dalla durissima prova e uscirne purificata e rafforzata, pronta ad affrontare l’aspro cammino della storia con nuova audacia e consapevolezza. E certo, dopo il buio tunnel per il quale siamo passati, non abbiamo più alibi per confondere l’apostolato con l’apostasia, l’animazione lievitante del Vangelo con l’attivismo a vuoto di chi fa tutto tranne che il cristiano e il prete, l’aggiornamento con la capitolazione. Oggi finalmente la coscienza cattolica si avvia a ritrovare tre beni di straordinario valore: il senso della propria identità religiosa e morale, la passione dell’unità del corpo di Cristo, l’apertura schietta a tutto ciò che essendo universalmente umano è di per sé sulla linea dell’annuncio evangelico. Ma chi più del nostro papa, la sentinella che ha vegliato nella lunga notte, attende l’aurora?
 

Humanitas, n. 10 – ottobre 1977.