Parlarsi di Dio nella diversità riconciliata

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Il millennio che sta esaurendosi c’invita ad affrontare il futuro con maggiore consapevolezza del passato.
Dal punto di vista religioso, è stato il millennio delle grandi scissioni fra i cristiani: la scissione fra Oriente e Occidente (1054) e quella operata dalla riforma protestante (1517), fronteggiata da parte cattolica con il Concilio di Trento (1545-1563).
Divisioni dolorose e profonde, degenerate in guerre lunghe e sanguinose, e in scandalose scomuniche reciproche.
Per grazia di Dio, l’ultimo secolo di questo millennio ha visto sorgere il movimento ecumenico, con confortanti risultati, da esso resi possibili, sul piano della pacificazione degli animi e della riunificazione del mondo cristiano.
In campo protestante il movimento ecumenico si può datare dal 1910 (Conferenza missionaria di Edimburgo), mentre, nel 1948, nasceva il Consiglio ecumenico delle Chiese, al quale, attualmente, aderiscono più di trecento chiese, unanimi nella confessione della fede trinitaria.
In campo cattolico, l’avvenimento di maggior rilievo è stato certamente il Concilio Vaticano II (1962-65) che dal suo ideatore, Papa Giovanni XXIII, ricevette una chiara impronta ecumenica, condivisa da Paolo VI, il quale contribuì decisamente a fare della Chiesa cattolica-romana una Chiesa in dialogo.
In entrambi i campi, apparve a tutti evidente che la linea della riunificazione era quella del comune ritorno al Cristo. Non più il ritorno degli altri alla propria Chiesa, come chiedeva nel 1928 l’enciclica Mortalium animos, ma il convergere di tutti verso l’unico Signore. “Luce delle genti è il Cristo”, proclama solennemente il Concilio.
Non si possono qui elencare tutti i progressi conseguiti dall’ecumenismo, né le prospettive e i problemi ancora aperti.
L’ostilità non c’è più e le differenze, vissute con sofferenza ma nel rispetto reciproco, non creano più scandalose contrapposizioni. Si parla di diversità riconciliata, di unità sinfonica. “Non siamo più divisi, non siamo ancora uniti, siamo insieme” (Paolo Ricca). Il Cristo che già ci unisce, ci spinge verso l’unità che ancora non c’è.
Tutto questo è molto confortante. Ma la storia non cessa mai, col suo dinamismo, di creare sempre nuovi problemi. Uno di questi, urgentissimo, è il dialogo interreligioso, e in particolare quello in atto fra le tre religioni monoteiste che si rifanno ad Abramo: ebraismo, cristianesimo e islamismo.
Il dialogo è decisivo proprio per quella pace mondiale, che, come ha messo in luce Papa Giovanni Paolo II, è l’incontestabile diritto delle nuove generazioni nei nostri confronti. Il convegno interreligioso di Assisi del 1986 rimane un segno profetico.
In ordine alla pace da costruire insieme, ogni religione dovrà essere molto decisa nel combattere, al proprio interno, ogni forma di fondamentalismo, integrismo e, diciamo pure, fanatismo. Dove c’è aggressione e violenza non si parli di religione, non si parli di Dio.
Ma è possibile un parlarsi di Dio fra le religioni, un dialogo teologico che faccia da solida base alla comune ricerca della pace?
Il cristiano che crede in questa possibilità, cercherà proprio in Cristo l’ispirazione più vera. Cristo è una ricchezza irrinunciabile per l’intera umanità, anche se sembra costituire un ostacolo sulla via della sua unità. Ma non si può cercare un’unità in basso, cioè rinunciando a ciò che arricchisce l’uomo proteso verso la verità.
Rimane la domanda: quale Cristo possiamo sperare di potere introdurre nel dialogo interreligioso? Il Cristo vero, chiaramente, e cioè non il Cristo che noi cerchiamo talvolta di trattenere e di isolare, ma il Cristo mandato dal Padre e che al Padre fa ritorno, insieme a tutti gli uomini da lui cercati e redenti. Il Cristo, dunque, che ci parla di Dio, che ce ne rivela il volto, nella luce dell’amore assoluto, senza preclusioni. Su questo tema si può sicuramente dialogare. Con l’ebraismo, che mediante i suoi profeti annuncia il Dio della misericordia e del perdono, della tenerezza e del soccorso, il Dio che ci ama come una madre e più di una madre (Isaia 49,15). Con l’islamismo, che proclama il Dio “clemente e misericordioso” e che nel Corano non cessa di invocarlo sotto questi due attributi.
Nel Vangelo di Cristo, questo Dio, semplicemente, è identificato con l’Amore stesso, con la carità che è all’origine e alla fine di tutto (cfr. I Gv 4,8). La via del dialogo interreligioso sembra dunque aperta, per tutti gli uomini di buona volontà, disposti a cercare la verità insieme. 

Giornale di Brescia, 16.1.1996