Per l’etimologia di Brixia

Il toponimo Brixia è tramandato da fonti sia letterarie, sia epigrafiche.
Sulla latinità della formazione esiste un consenso pressoché totale, ma quando la ricerca si rivolge all’individuazione della radice dalla quale detto nome appare formato, le opinioni divergono. Quella che era la communis opinio sino a pochi anni or sono pare essere recentemente inficiata da altre autorevoli inter-pretazioni.
Nella Storia di Brescia, il Rampinelli, che sembra riflettere l’opinione dei più, così si esprime: “Un sicuro insediamento Cenomane troviamo sul Cidneo; e a documentarlo stanno i ritrovamenti fattivi. Probabilmente anzi fu proprio il piccolo gruppo di capanne, strette sulla cima del colle, a specola della pianura, che primo ebbe il nome giunto fino a noi come Brixia. Ci è facile infatti ravvisare in “Brixia” il suffisso (sic) di brig, bric, comune nella lingua gallica e nelle lingue derivate per indicare “monte, cime, culmine”. Successivamente il Rampinelli aggiunge in nota alcuni confronti indeuropei dell’area gallica, tratti, dal Dottin, La Langue Gauloise, Parigi 1920, n. 2373.
In contrasto con questa interpretazione è apparso lo studio dell’Albertini, Brixiana, Brescia 1973, in cui, attingendo sostanzialmente agli studi del Battisti e dell’Alessio, egli identifica un tema toponomastico mediterraneo brixa, in cui sarebbe riconoscibile la radice bric (con la i breve) e il suffisso sa. L’Albertini, o.c. n. 2, p. 6 afferma: “L’attenzione è da rivolgere appunto al tema BRIXA, da cui Brixia, un tema le cui tracce s’incontrano nel territorio occupato, anche al di là delle Alpi, dai “Liguri” (in questo è una conferma che il tema risale a uno strato linguistico mediterraneo preindeuropeo, cf. Alessio, p. 82). E dal tema BRIXA è da tenere distinto il tema gallico brigos “monte”, come aveva fatto il Meyer Luebke (= REW, 1300) e, come, concordando col Meyer Luebke, l’Alessio, p. 83. Anche il Nissen, Ital. Landesk. II, I, (1902), p. 196, pur ritenendo gallico il nome, s’era limitato ad accostare a Brixia, Brixellum e Brixentes”.
Sin qui l’Albertini, che ritiene pertanto ligure la radice bric e che considera riferibili a quello che egli chiama “uno strato linguistico preindeuropeo” (vale a dire al "ligure") alcuni toponimi ed etnici quali, oltre a Brixia, Brixina, odierno Bressanone, Brixellum, Brescello, e Brixenete: un etnico poi sostituito nel periodo celtico da Brigantii.
Nel prosieguo del suo studio, l’Albertini, dopo aver affermato l’identità del valore lessicale del tema BRIXA con quello della radice bric, tenta di stabilire un più stretto rapporto tra l’area linguistica e culturale bresciana con quella ligure, traendo argomento da due iscrizioni7 ritrovate nel territorio della Gallia transalpina, a Luxovium, od. Luxeil les Bains, nelle quali credeva di poter leggere due attestazioni del nome Brixia, ma che studi recenziori hanno mostrato doversi interpretare diversamente.

Ciò non di meno, l’Albertini conclude: “Di tutta l’ipotesi, ormai priva di un sostegno tanto importante, può tuttavia, io credo, rimanere che il nome latino di Brixia (la città romana) sia, previa assunzione del suffisso ia, il derivato del nome (divino) di una fonte, risalente allo strato linguistico e culturale “ligure”, che trova corrispondenza con testimonianze archeologiche che fanno dei “Liguri” i più antichi abitanti del luogo”.
A mio vedere, la teoria sin qui esposta trova conforto da un esame del problema dal punto di vista storico archeologico, ma presenta il fianco ad alcune e notevoli critiche sotto il profilo linguistico: appare necessario io credo, procedere ad un riesame sostanziale, del concetto di "ligure" e della sua collocazione nell’ambito delle altre lingue indeuropee e anarie dell’Italia antica.
Il concetto linguistico di “ligure”, secondo quanto esposto dall’Albertini, appare sostanzialmente alternativo, tanto sul piano diacronico quanto su quello sincronico, al concetto di "celtico" o, più in generale, di “indeuropeo”.
Ma autorevoli studi in questo campo, e tra gli altri non pare fuori luogo citare il Pisani, Le Lingue dell’Italia antica oltre il Latino, 1964, hanno riconosciuto il carattere essenzialmente etnico e storico del concetto di ligure, cui sembra corrispondere una neppure relativa unità linguistica. Sono attualmente ascrivibili al ligure alcune glosse, numerosi toponimi e antroponimi e le iscrizioni cosiddette leponzie e alcuni appellativi: tutto questo materiale appare riconducibile ad un concetto linguistico unitario solo là dove non esiste alcuna possibilità di collegamento col latino, col gallico o con l’etrusco.
Le stesse iscrizioni leponzie, che sono unanimemente attribuite al ligure, presentano anche alcuni e non occasionali tratti che le collegano in una certa misura con le lingue di tipo indeuropeo.
In altre parole, sulla scorta di tali attestazioni, il concetto di "ligure" non pare prestarsi per una caratterizzazione certa nel senso dell’alterità rispetto al celtico, al gallico e, più in generale, all’indeuropeo.
Dello stesso avviso a questo proposito è da tempo anche il Dottin, che nell’introduzione alla sua opera insiste costantemente sul concetto di unità italo celtica succedente al periodo dell’unità indeuropea: questa affermazione, pur coi limiti che competono ad una siffatta teoria, ha però il pregio di acclarare i tratti comuni delle due aree in oggetto: e l’autore, trattando più specificamente dei rapporti tra il celtico e il ligure, cosi conclude: “Par conséquent, entre la langue dite ligure et la langue gauloise, je n’admets pas plus de divergenee essentielle qu’entre le latin de Grégoire de Tours et la français des Serments de Strasbourg. Faire des Ligures l’opposé des Celtes est pour moi la négation méme des faits historiques… ”.
Sostanzialmente coeva allo studio dell’Albeitini è apparsa la comunicazione di Raymond Chevallier in cui, individuando nel toponimo francese Bresse la medesima radice presente in Brixia, avanzava una interpretazione complementare a quella dell’Albertini: a suo vedere il significato originario doveva essere di terra o foresta umida; denominatore comune delle due interpretazioni dovrebbe quindi essere la presenza dell’acqua. Nel prosieguo del suo lavoro, Chevallier citava numerose testimonianze storico letterarie di viaggiatori affermando: “Celui qui frappe tous les visiteurs de Brescia est l’abondance des eaux, à l’intérieur et aux environs de la ville".
Il problema in questione pare non possa essere con certezza disgiunto dalla considerazione della radice presente in Bergomum, Bergamo, città questa che si appalesa vicina, etnicamente e geograficamente, a Brixia, anche nella sua originaria conformazione attorno ad un nucleo primitivo sorto sulla cima di un colle.
Invero anche qui l’Albertini appare disposto ad accreditare la tesi del Battisti che considera pregallico, ossia ligure, il nome Bergomum, e che indica la radice Berg come preindoeuropea. Di contro l’Olivieri, accostando a Bergomum la voce Berghem, luogo non a caso alpestre sopra Riva di Trento, afferma: “Non si può non ravvicinare questa voce, come fu fatto da molti (v. anche Perin, Onom.) al greco Pérgamon, “locus editus”, arx’, gotico bairgam, germ. berg.”.

Il problema pare complicato, anziché risolto dall’esistenza di Bergimus, divinità topica, “ligure” a dire dell’Olivieri ma sicuramente attestata nel mondo cultuale preromano bresciano, e nominata tra l’altro anche nell’iscrizione bresciana mutila edita in CIL V, 420223.
Il nome di questa, divinità è stato spesso accostato, e a mio vedere con buona probabilità di esattezza, al nome della città di Bergamo; si tratta di nomi formati da una base berg con l’aggiunta di due diversi suffissi, uno dei quali pel toponimo appare mo, forse col valore di superlativo o di participio, e per la divinità -im che potrebbe anche essere, con l’Albertini, formante di idronimi.
Dalla somma dei dati sin qui esposti, appare possibile riassumere quanto segue: alcune tracce collegano le attestazioni bresciane con toponimi dell’area ligure; il nome stesso della città più vicina a Brixia in cui può essere individuata una radice berg , risulta collegato in qualche modo con l’area transalpina mediterranea; detta area appare sicuramente configurata nelle sue caratteristiche etniche e storiche, non altrettanto in quelle linguistiche, per le quali è invece possibile instaurare confronti indeuropei.
E’ noto infatti che nel territorio ligure sono "giunti, prima dell’occupazione romana, gli influssi diretti o indiretti dei Galli, che hanno recato apporti cospicui soprattutto nel campo dell’onomastica.
Ora, se è, vero che nel territorio anticamente abitato dai liguri si riscontrano tracce del tema BRIXA da cui Brixia,, non sarà forse fuori luogo pensare alla possibilità che si tratti di testimonianze di una successiva colonizzazione gallica, storicamente accertata sia nell’area bresciana sia in quella transalpina mediterranea, soprattutto se della radice in questione sarà possibile trovare tracce di presenza anche in altre lingue indeuropee, allo scopo di istituire più ampi e probanti confronti; tenterò di esporre tutto ciò nel seguito del presente lavoro.
La radice indeuropea da cui sarebbero derivate le forme celtiche in bric , brig(a) va, secondo me ricercata in “bheregh ‘hoch, erbaben’, bherghos ‘Berg’, bhrghus ‘hoch’”, ecc. Si tratta dei diversi gradi apofonici di una delle più diffuse radici indeuropee, che stanno tutti a indicare un luogo elevato o comunque posto più in alto della pianura. Scorgendo alla base di dette forme la radice in oggetto, è possibile instaurare un gran numero di confronti indeuropei. che rendono bene la diffusione della radice nei diversi parlari e ben si prestano, all’interno del più generale ambito indeuropeo, a ribadire alcuni e noti tratti comuni a determinate lingue delle aree periferiche.
Possiamo così citare numerosi sostantivi, toponimi e antroponimi, presenti in numerose lingue indeuropee, ma diffusi soprattutto in ambito celtico e germanico e, in misura minore, in latino e in sanscrito.
Si tratta di cimrico bera ‘mucchio’, acorn. bret. bern, il toponimo gallico Bergusia, mir. bri. acc. brig ‘collinetta’, gall. Litano briga, gall. Brigantes, Brígantes in greco; nome di popolo ‘quelli della montagna, montanari’. top. Brigantia, od. Bregenz, airl. Brigit (bhrĝhnti). nome di divinità e, più in generale, di donna", cimrico Braint ‘privilegio, prerogativa’, propr. ‘altezza’, acorn. brentyn.
In ambito germanico abbiamo gotico bairgahei ‘luogo montano’, aisl. bjarg e berg monte’. ags. beorh, beorg ‘altezza, terra che copre il sepolcro’, inglese barrow, idem: germ. *burgundí, in Burgund, aat. Purgunt nome di donna da cui Burgundiones, nome di popolo, got. baurgs ‘città’. aat. Burg ‘borgo’, corrispondente esattamente all’avestico baraz e al celtico brig, lat. Burgus. Sempre in ambito germanico sono da segnalare le forme inglesi borough, burrow. bury, evidentemente dal grado zero ie. bhrgh.
Numerosi e significativi i riscontri arii: causativo barháyat ‘aumenta’, agg. brhánt ‘grande, alto’, anche ‘snello’, femm. brhatì, av. barazant, fem. barazai ‘alto’, av. barasnu ‘elevazione, cima’, avverbio brhánà ‘denso, sodo’.
Armeno berj ‘altezza’ in composti quali erkna berj, lerna berj ‘cima’ barjr ‘alto’. Latino for(c)tis, alat. forctus, dial. Horctus, horctis ‘forte’, da forg tos, ie. brgh tos, ser. brddáh.
In ambito mediterraneo il Pokorny accosta il trace Bergóule, macedone Bérga, ill. Berginium, lig. (sic) Bergomum, celto ligure Bergusia, spagn. Bergantia, e le forme micrasiatiche con p-iniziale Pérge, Pérgamos; per cui rimanda al Kretschmer, “Glotta” 22, 100 f., Krahe ZNF. 19, 64.
Anche l’area slava e i due dialetti tocari partecipano di questa forma e il Pokorny attesta, tra le altre, le seguenti voci: asl. bregò ‘riva’, russo bereg ‘collinetta, sponda’, toc. AB paerk ‘innalzarsi’, A prakaer, B prákre ‘solido’, ittito pár ku us ‘alto’, ecc.
Tralascerò, in quanto esulerebbe dall’ambito del presente lavoro, di esaminare compiutamente i diversi fenomeni avvenuti nelle predette lingue e recanti alle forme ora citate. Mi limito,ad esaminare il passaggio avvenuto, nella radice celtica brigbric, dalla primitiva forma indeuropea.
La voce celtica a mio vedere appare come esito di ie. bhrĝ (u s), in cui r ha dato, come di norma, in celtico –ir, limitatamente alla posizione avanti mute e sonanti. Detta forma, derivata dal grado zero, risulta quindi in rapporto di alternanza apofonica con le forme germaniche quali Berg e derivati, che appaiono invece esiti del grado normale ie. bhereĝh , bherĝhos, ovviamente con le normali evoluzioni richieste dalla legge di Grimm; invece nella forma celtica si appalesa il normale esito di bh all’iniziale di parola che dà, con ie. b , b.
Di conseguenza le due forme brig e berg risultano essere gli esiti di due diversi gradi apofonici (zero la prima, normale la seconda) della medesima radice indeuropea di cui sopra. In ambito cèltico si è in seguito avverato il passaggio, in taluni casi, della media finale a tenue, comune a molti parlari di tipo mediterraneo, con cui detta lingua è venuta in contatto nelle sue sedi storiche, se è vero che lat. Brixia presuppone un Bric sa: ma anche la radice in media potrebbe essere alla base della forma attestata.
Sembra perciò ora possibile collegare il nome di Brixia a quello di numerosi toponimi settentrionali, sia padani che transalpini, tutti contenenti la predetta radice nei suoi diversi gradi apofonici: oltre alle località sopra citate, Brexa in Spagna, Bresso in Gallia, Breisgau (Brisgovia), Breislau (in Germania), Brixina, cioè Brixen, Bressanone, Bregano (prov. di Varese), antico Bergauna, Brenno (prov. di Varese e fraz. di Costa Masnaga, prov. di Como), sopra una collina e nome di monte “ex quo oritur Mella”, forse Breno, con un castello sopra una rupe, Breoso, antico Brixium, Bric rupe posta sopra Lecco e collina nei pressi di Casteggio e, quello che mi sembra il confronto più significativo, Brianza, da una forma celtica Brigantia.
Un altro importante confronto, che, a mio vedere, è possibile instaurare è quello con la popolazione dei Brigantes in Ptol., nominati da Giovenale 5, 196 e Tacito, Annales, XII, 32. Si tratta della più settentrionale fra le popolazioni della Britannia romana, colla capitale Eburacum. Il riscontro più immediato di questa voce è il sanscrito brhánt , femminile brha tì, cui corrisponde in irl. Brigit col passaggio in celtico di nt a t , e il già citato Brigantia. Brigantes vale perciò ‘uomini del brig/berg, cioè montanari, quelli che vivono in alto’.
Dalla somma dei dati sin qui esposti, appare possibile constatare la presenza di questa radice in numerosi e importanti parlari indeuropei, e segnatamente in celtico, germanico, parzialmente in latino e sanscrito.
Si tratta di una delle radici più importanti e più diffuse nell’ambito indeuropeo, a testimonianza significativa del valore della località montana per queste popolazioni, come sito naturale d’abitazione e di difesa e come termine di devozione cultuale
La grande copia di toponimi e antroponimi ne fa fede sicura.

“Commentari dell’Ateneo di Brescia”, 1978

(il testo completo di note è disponible in formato .pdf)