Shahla Lahiji a Brescia: “I ragazzi in Iran muoiono per la libertà”

“Ci sono vostri coetanei che hanno perso la vita o sono stati torturati per aver partecipato alle manifestazioni per i diritti umani in Iran”. E’ una delle frasi raggelanti dell’editrice iraniana Shahla Lahiji, che questa mattina ha incontrato gli studenti del Liceo scientifico Calini. Ad ascoltare la coraggiosa imprenditrice erano circa 200, in prevalenza ragazze, e nonostante Shahla Lahiji parlasse in inglese senza traduttore e non fosse quindi facile comprendere integralmente i passi più drammatici del suo intervento, era palpabile l’emozione di essere a contatto con una donna che rappresenta un simbolo della lotta per i diritti umani a livello mondiale.
La tappa bresciana di Shahla Lahiji si è conclusa nel tardo pomeriggio alla libreria dell’ Università Cattolica di Brescia, in via Trieste 17/d, dove è stata intervistata dalla giornalista Anna Della Moretta ed è stato presentato il romanzo “Quello che mi spetta” della scrittrice Parinoush Saniee, edito da Garzanti, Premio Boccaccio Internazionale 2010, che è il risultato di ricerche sulla condizione della donna in Iran. Parinoush Saniee, nata a Teheran nel 1949 in una famiglia di intellettuali benestanti, laureata in Psicologia, sposata e madre di due figli, entrambi residenti all’estero. Prima della rivoluzione era ai più alti gradi come dirigente nelle agenzie governative, dove si occupava di formazione e ricerca e nell’Ente di Programmazione e Budget, che però è stato chiuso recentemente da Ahmadinejad.
In un’ intervista rilasciata in passato, così Shahla Lahiji parla dei giovani iraniani: “Loro non hanno colpe, né responsabilità, né ideologie. Non sono idealisti come noi che avevamo fatto la rivoluzione. Reagiscono alla situazione. Capita di vedere ragazze con il rossetto nero e ragazzi con il gel nei capelli alle processioni religiose: magari i miliziani li picchiano, ma loro restano là. E poi si buttano sui nuovi mezzi di comunicazione, su internet. Non sono isolati, hanno connessioni con il mondo: è per questo che lo stato cerca di filtrare i siti web. Hai l’impressione che l’intera gioventù iraniana stia aspettando qualcosa. E qualcosa accadrà: una rivoluzione sociale pacifica. Accadrà attraverso le parole, i romanzi, il teatro, il cinema. Certo, è una fatica, ma è qui, all’interno dell’Iran che avverrà il cambiamento: nessuno ha fiducia nei gruppi di exilés che lanciano messaggi dall’estero. Anzi: se ci fosse un attacco esterno, io andrei subito a difendere il mio paese: nessuno vuole una “democrazia” importata. Glielo ripeto, i cambiamenti culturali sono lenti, ma ormai sono inarrestabili”.
Shahla Lahiji vanta il primato di essere la prima editrice donna in Iran, ha fondato e dirige da oltre trent’anni la casa editrice Roshangaran, che spazia dalla letteratura ai women’s studies. E’ editrice, oltre che amica, di Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace. Per il suo impegno in favore dei diritti delle donne iraniane è stata insignita nel 2006 del Premio per la libertà dell’IPA, l’associazione internazionale degli editori e di altri premi come il PEN “Barbara Goldsmith Freedom to Write Award” nel 2001. Nel 2000, di ritorno in Iran dopo aver partecipato a una conferenza internazionale a Berlino, fu arrestata e condannata a quattro anni di carcere duro per attentato alla sicurezza dello Stato e “propaganda contro il sistema islamico”. Dopo aver trascorso alcuni mesi in carcere fu rilasciata con la condizionale.

Articolo pubblicato su Bresciadomani.net