Silvestro Romani

Tematiche: Biografie

BRESCIA, VIA PILA, 37

QUI ABITAVA
SILVESTRO ROMANI
NATO NEL 1923
ARRESTATO IL 18.11.43
COME POLITICO
DEPORTATO A MAUTHAUSEN
ASSASSINATO IL 17.3.1945
Silvestro Romani nasce a Vicenza il 14.9.1923 dal padre Giuseppe e dalla madre Osanna Salamon, casalinga. Motivi di lavoro spinsero il padre Giuseppe, di professione bottaio,  a trasferirsi con la famiglia nell’agosto del 1926 a Brescia, nella residenza storica di Sant’Eufemia, via Pila 37. Terzo di cinque figli, Silvestro frequenta le scuole elementari fino alla classe IV, poi abbandona gli studi e lo ritroviamo qualche anno dopo, insieme al fratello gemello Stefano, come “muratore elementare”, ovvero come manovale. Ma la famiglia Romani ben presto verrà travolta degli eventi della storia, dando il suo  contributo alla resistenza bresciana e pagando un grosso tributo in vite umane alle insensatezze e scelleratezze della guerra. Giuseppina (1916-1994), primogenita della famiglia Romani diventerà la moglie del partigiano bresciano Luigi Guitti, meglio noto con il nome di battaglia di “Tito Tobegia”; mentre il secondogenito, Giocondo, risulterà disperso sul fronte russo nel 1943. La famiglia Romani si era contraddistinta da sempre per un certo impegno politico, aderendo al Partito comunista italiano, che in quegli anni operava in clandestinità e all’annuncio dell’armistizio, dopo l’8 settembre, Silvestro e Stefano, allora ventenni decidono entrambi di aggregarsi alle forze partigiane, che operavano nelle montagne bresciane. Durante un rastrellamento fascista, i due fratelli si dividono e il 18 novembre 1943, dopo alcuni mesi dalla sua aggregazione alla resistenza bresciana, Silvestro viene catturato sui Piani di Vaghezza, mentre Stefano riuscirà a sfuggire alla cattura e a continuare la sua lotta partigiana fino alla fine della guerra. Silvestro viene condotto a Verona e tenuto in stato di schutzhaft, “fermo precauzionale”, una denominazione che indicava gli oppositori politici; in realtà era accusato di essere disertore, per non essersi unito all’esercito della Repubblica sociale di Salò che andava costituendosi in quei mesi. Dopo gli interrogatori di rito, il 21 gennaio del 1944 viene trasferito nel Lager di Bolzano, dove resterà circa un anno, prima di essere trasferito definitivamente, tramite la polizia di sicurezza di Verona, nel campo di concentramento di Mauthausen, dove arriverà l’11 gennaio del 1945. Qui viene registrato con il numero di matricola 115702 e un mese dopo, il 16 febbraio del 1945, mandato  nel campo di comando di Gusen, uno dei sottocampi di Mauthausen, che si distingueva sia per quantità di deportati che per durezza delle condizioni di prigionia e di lavoro. In questo campo il lavoro costituì uno dei mezzi di eliminazione dei prigionieri, che venivano sottoposti a bagni di acqua gelida, annegamenti anche di massa, iniezione al cuore e torture di ogni genere. Qui, nonostante le apparenti buone condizioni fisiche al suo arrivo, come si evince dalla scheda personale del prigioniero, il 17 marzo del 1945 alle ore 04:30 del mattino, a un mese esatto dal suo arrivo al campo, Silvestro muore, come recita il referto, per “debolezza del muscolo del cuore, polmonite”. Non aveva ancora 22 anni e inutili furono i tentativi del padre, recatosi di persona a Mauthausen, dopo la fine della guerra, di ritrovare le spoglie del figlio.
A cura degli studenti della classe 3A del Liceo delle Scienze umane (corso serale) “Veronica Gambara” di Brescia.