Un grazie a don Renato Laffranchi

Cari amici di Don Renato e della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, siamo qui in tanti questa sera per festeggiare Don Renato, per dirgli pubblicamente grazie del bene che ha fatto a tutta la sua città, ed a tanti di noi singolarmente, spendendo fino in fondo, a nostro vantaggio, il suo grande talento di predicatore della Parola.

Il compito, che mi è stato affidato dagli amici della CCDC in quanto ho seguito da vicino la genesi del libro che presentiamo, è soltanto quello di introdurre questo incontro con i due illustri relatori che abbiamo invitato: Monsignor Francesco Beschi ed il prof. Pietro Gibellini i quali, debbo dirlo, hanno accettato il nostro invito con un entusiasmo ed una disponibilità che, insieme alla vostra presenza qui questa sera, costituiscono la prova più evidente dell’affetto e della gratitudine che circondano don Renato.

Le poche parole introduttive che mi competono saranno dedicate a raccontare perché è nata l’idea di tradurre in testi scritti le prediche di Don Renato, operando una commistione di generi letterari audace, che ha destato perplessità, per non dire addirittura opposizione, nello stesso Don Renato, il quale, in un evidente eccesso di modestia, si diceva convinto che i pregi che gli amici desiderosi di pubblicare le sue prediche attribuivano alle stesse si sarebbero perduti nella traduzione scritta.

In effetti è legittimo chiedersi se abbia senso costringere il fascino di un’espressione orale potente, che coinvolge congiuntamente i sensi, il cuore e l’intelletto in un esperienza cognitiva ed emotiva unitaria entro la rigidità, l’asetticità sensoriale di un testo, se abbia cioè senso imporre l’immodificabilità e l’anonimato tipici dell’espressione scritta alla libertà, al colore, alla potenza evocativa di un’espressione orale quale quella di Don Renato, che si avvale tra l’altro, come tutti ben sappiamo, di una voce di rara suggestione, dal timbro particolarmente caldo ed intenso, ma che soprattutto è destinata ad inserirsi (con scrupolosa fedeltà) nel contesto di una celebrazione eucaristica.

La risposta è positiva per due ordini di motivazioni. La prima può essere condivisa soltanto con i frequentatori della messa di Don Renato ed ha a che fare con il desiderio che tutti noi, penso, tante volte abbiamo provato, uscendo dalla chiesa, di conservare la traccia e la memoria di un’esperienza di fede profondamente coinvolgente, la traccia appunto che questo libro ci offre. (É lo stesso desiderio che ha indotto Alberto Zecchini e prima di lui mio fratello Stefano a portare in chiesa l’apparecchio per registrare le prediche).

La predicazione della parola di Dio da parte di Don Renato nell’ambito della celebrazione della messa ha infatti la capacità di condurre il fedele in ascolto ed in preghiera ad un dialogo intimo e personalissimo con la parola stessa, un dialogo che coinvolge nel profondo l’intelletto e lo spirito e sollecita un immediata e naturale adesione del cuore. Questa è l’esperienza che io ho fatto tante volte partecipando alla messa ed uscendo dalla Chiesa di S. Nazaro nella consapevolezza felice di aver udito e creduto alla buona novella.

Ed in questo libro ritrovo appunto la traccia di quella esperienza.

Ma credo che la traduzione in un testo scritto delle prediche di Don Renato rivesta grande interesse e significato anche per coloro che non hanno mai partecipato alla messa. E prova di ciò è il riscontro entusiasta offerto da tanti amici che non conoscono Don Renato se non per aver letto questo libro, oltre al successo editoriale dello stesso.

Invero l’approccio di Don Renato alla sacra scrittura ha un tratto fortemente originale, che si radica sia in una profondissima conoscenza dei testi sacri e delle culture antiche e moderne, sia nella sua sensibilità di artista, capace di “vedere” con gli occhi creativi del pittore innamorato di Dio e dell’Uomo le situazioni ed i personaggi descritti nel vangelo e nell’antico testamento,.

Questa originalità e sensibilità tutt’affatto particolari sono a mio avviso pienamente trapassate dall’orale allo scritto. Ma di ciò ci parleranno i due relatori, ai quali cui ora cedo la parola, non senza aver prima ringraziato per il lavoro prezioso svolto Ulrico Agnati, curatore del libro, che nella fedeltà più rigorosa al discorso pronunciato ha saputo rendere fruibile la lettura del testo scritto, operando scelte editoriali non facili né scontate.

NOTA: testo rivisto dall’Autore della introduzione alla conferenza tenuta a Brescia il 21.11.2005 dalla Cooperativa cattolico-democratica di Cultura.