Voci di pace e di libertà nel XX secolo

Città e Dintorni, 31 dicembre 2007, n.93

L’Editrice Ave ha pubblicato l’ultimo lavoro di Anselmo Palini
Voci di pace e di libertà nel XX secolo

Secondo lo storico Eric Hobsbawn il Novecento è stato il “secolo breve”, iniziato col genocidio degli armeni nel 1915, che ha attraversato la II Guerra Mondiale e che è terminato nel 1991, con la disgregazione dell’URSS. Un secolo dunque durato solamente settantasei anni, ma caratterizzato da cambiamenti epocali. “Il secolo delle grandi speranze e delle grandi delusioni, delle grandi ideologie e del loro inglorioso tramonto”, sostiene Paolo Giuntella nella sua lunga prefazione al libro “Voci di pace e di libertà. Nel secolo delle guerre e dei genocidi”, scritto da Anselmo Palini (AVE, Roma 2007). Il secolo che ha visto, però, soprattutto: “il ferro delle spade e il fuoco interiore delle grandi anime”.
Da questa dicotomia si snoda l’itinerario del volume – ideale seguito di “Testimoni della coscienza. Da Socrate ai nostri giorni” (AVE, Roma 2005 – Premio Capri San Michele 2006, sezione Giovani) – che riporta le luminose esperienze di alcuni personaggi appartenuti al “secolo breve”.
Seguendo un ordine cronologico, viene presentata per prima la vicenda di Anna Achmatova. La poetessa russa, con il poema “Requiem”, diede voce a chi ne era privato: le madri e le mogli di quanti nella Russia comunista erano stati incarcerati ingiustamente. Il figlio della Achmatova fu infatti tra questi e così lei, per diciassette mesi, si recò tutti i giorni in carcere. Si ritrovò così a condividere il dolore e il peso dell’attesa con le altre donne: “per loro ho intessuto un’ampia coltre / di povere parole” e “ho appreso come s’infossino i volti, / come di sotto alle palpebre s’affacci la paura”. Quindi: “non per me sola prego, / ma per tutti coloro che erano con me, laggiù”.
Successivamente è accuratamente descritta la vicenda dei tredici professori universitari che, nel 1931, si rifiutarono di prestare l’obbligatorio giuramento al regime fascista. Per decenni la loro testimonianza è stata marginalizzata e sottovalutata, ma questi tredici su oltre milleduecento si assunsero il peso della responsabilità e il rischio della scelta. Persero il loro lavoro, ma seguirono la loro coscienza, in quanto essa è – come dice uno di loro – “la sola luce, la sola direzione, il solo conforto che l’uomo può avere nella vita” (P. Martinetti, “Lettere”, Il Ponte, Firenze 1951).
Josef Mayr-Nusser era un giovane alto-atesino, sposato e responsabile dell’Azione Cattolica. Affascinato dalla figura di Tommaso Moro e di S.Francesco, Mayr-Nusser, arruolato obbligatoriamente nelle SS, a soli trentaquattro anni si rifiutò di giurare fedeltà a Hitler. Convinto che “altrimenti, le cose non cambieranno mai”, il giovane andò incontro alla morte sul treno verso Dachau, lasciando sola la moglie incinta che mai aveva cessato di appoggiarlo.
Infine, la vicenda illuminante di Etty Hillesum. È una giovane ebrea olandese, morta a ventotto anni ad Auschwitz, precedentemente detenuta, per sua scelta, nel campo di transito di Westerbork. “Voglio condividere il destino del mio popolo, essere il cuore pensante della baracca e cercare di essere per gli altri quel che ancora siamo in grado di essere”, annota nel suo diario (“Diario 1941-1943”, Adelphi, Milano 1985).
La rilettura di questa testimonianza è, a mio parere, la più preziosa tra quelle raccolte dal libro. Non solo perché porta alla luce un personaggio ancora poco conosciuto, ma anche perché ne rispetta l’intima libertà, evitando di catalogarla entro un’etichetta o una definizione. La contestualizza, invece, relazionandola ad altre esperienze più o meno analoghe; filosoficamente con la Harendt e la Weil, teologicamente con Bonhoeffer e la Stein, e nel vissuto con Primo Levi.
Il lavoro che Palini svolge in modo più evidente con la Hillesum, è però presente anche per le altre testimonianze. Determinandole storicamente e arricchendole con una documentazione accurata e puntigliosa, caratterizzata da una precisione (anche bibliografica) tagliente, ce le rende accessibili, facilmente fruibili, e ce ne dà una lettura completa. Questa operazione si rivela fondamentale anche per un altro scopo: dimostrare che i protagonisti non sono né santi né eroi in un mondo rarefatto e ora lontano, ma semplicemente persone fedeli a “valori e principi assoluti, ritenuti non negoziabili”. A queste parole dell’autore si aggiungono poi quelle di mons. Bettazzi, pronunciate alla presentazione del volume tenutasi a Brescia lo scorso 19 ottobre nella libreria dell’Università Cattolica su iniziativa della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura e dell’Editrice Ave: “il libro presenta situazioni estreme, dove pare non ci fossero altre scelte. In realtà c’erano, ma erano infinitamente più difficili”.
Grazie ai ricchi riferimenti bibliografici e al generoso avvicinamento agli scritti dei testimoni, “Voci di pace e di libertà” può essere utilizzato anche come un’introduzione a determinate figure, a volte poco note, che l’autore riporta a galla. Così facendo, egli apre un mondo nuovo e stimola a proseguire la ricerca con altro materiale.
Penso fosse questo ciò che Palini intendesse realizzare; il suo raccogliere testimonianza è un effettivo fare testimonianza, porre in uno testo accessibile i suoi studi e le sue fatiche è e resta un grande dono.
Nella conclusione, l’autore cita Tzvetan Todorov il quale sostiene che, per la memoria del XX secolo, vorrebbe che “si ricordassero le figure luminose di individui dal destino drammatico, dalla lucidità impietosa, che hanno continuato malgrado tutto a credere che l’uomo merita di rimanere lo scopo dell’uomo” (“Memoria del male, tentazione del bene”, Garzanti, Milano 2004). Su questa linea s’inserisce anche Palini con il suo libro, convinto che “fare la memoria del bene sia il compito della ricerca storica”; in questo modo le testimonianze del passato continuano ad illuminarci per la costruzione concreta di un mondo migliore.