Corpo, anima e salute secondo Platone

Il Duemila si aprirà a nome di tutte le associazioni culturali, compresi i vescovi, sul tema: “Uomo chi sei?” Molti dicono che questo è un problema che si sono sempre posti, però una statistica fatta interrogando i giovani ha dato una risposta al problema in maniera veramente allucinante, perché molti rispondono: “Il problema non mi interessa, assolutamente”. Allora voi capite che questo fenomeno è veramente grave. Ma il problema da dove comincia? Vediamo chi ha creato la cultura occidentale, dato che anche oggi il concetto di uomo è basato su due categorie create dalla grecità e imposte poi da Socrate e Platone: corpo e anima (ricordo che il concetto di anima non è cristiano ma è greco e il Cristianesimo l’ ha desunto dai Greci). Pertanto cominciamo di qui, e poniamo come prima domanda questa: l’uomo ha sempre immaginato e pensato di avere un corpo? Oppure no? Molti penseranno che è evidente che deve aver pensato di avere un corpo! E invece non è così. Ha pensato e detto di avere un corpo solo a partire dal VI e V secolo a.C. Prima di questo periodo, ci chiediamo, come immaginava e pensava sé medesimo dal punto di vista fisico? Tutti sapete che la parola greca che dice corpo è “soma” (entrata anche in molte parole come radice, per esempio somatico, somatizzazione, somatologia); il primo che la usa è il documento fondamentale della cultura occidentale, cioè i poemi omerici, però non vuole dire “corpo”, vuol dire esattamente il contrario:“soma”, in Omero, vuole dire “ la salma, il cadavere”. Quindi la seconda domanda che ci si pone è questa: “ Se non si pensava come corpo, allora come si pensava?” Ecco, qui è molto difficile entrare e devo fare una notazione preliminare: prima che la scrittura si imponesse era la fase dell’oralità e i messaggi si comunicavano e tramandavano oralmente. All’epoca poco dopo Omero è nata la scrittura, pertanto i poemi di Omero erano i due documenti con cui tutti imparavano a parlare, a pensare e a comunicare. Per parecchi secoli quindi l’uomo colto parlava con quel linguaggio, pensava con quelle immagini, si esprimeva in quel modo, quindi i poemi omerici erano, li han chiamati giustamente così, il sunto dell’enciclopedia tribale, la Bibbia della cultura laica. Vediamo dunque come Omero rappresenta il corpo. Tenete presente che nella poesia, la corrispettiva, diremmo, parte del pensare poetico è avere immagine delle cose particolari, pertanto manca il concetto di sintesi, di unità, che nasce solo con la filosofia: perciò, a livello di poesia, si conoscono solo i particolari. Allora il corpo veniva rappresentato in tutte le sue parti e quindi mai chiamato come unità, ma solo le singole parti a secondo delle loro funzioni. L’unica espressione che diceva “ corpo” era “ le membra” (qualche poeta ha ripetuto questo e probabilmente nelle scuole avete ancora letto qualche frase come questa: “ A riposare le stanche membra”). La prima obiezione è la seguente: “ Ma scusi, l’arte greca, che è la più antica, ha delle statue stupende che sono un’unità. E come mai?” “No, -dico- le statue sono diventate così belle a partire dal VI secolo”. Prima c’è la cultura arcaica che è quella che corrisponde ad Omero e allora, come vediamo da frammenti di vasi o anfore, l’uomo veniva rappresentato esattamente come l’insieme delle membra articolate, proprio tale e quale, in modo identico ad Omero. In Omero non solo non c’è la parola che vuol dire corpo, ma non c’è nemmeno un vocabolo che corrisponde al braccio tutto intero, ma solo alle parti del braccio, soltanto per indicare la mano, l’avambraccio, che è importantissimo per i Greci perché lo scudo si tiene con l’avambraccio: quindi proprio secondo la funzionalità dell’organo, lo stesso per il piede, la parte inferiore e la parte superiore della gamba, non c’è neanche il termine che indica tutta la gamba, e manca altresì una parola che designi il tronco nel suo complesso. E allora capite perfettamente in che senso la filosofia è stata veramente rivoluzionaria, perché, nascendo, la filosofia ha fatto cambiare all’uomo il modo di rappresentare sé stesso e le cose dalla molteplicità all’unità. Il punto chiave è questo: l’uomo è visto e rappresentato come un insieme molto ben articolato di parti, e però c’è il fatto curioso che talvolta la singola parte indica l’uomo intero. Per esempio Achille dice: “ La maggior parte della guerra la fanno le mie mani.” La mano è Lui. Non solo, ma tutti sappiamo come veniva chiamato questo eroe: “il piè veloce”, identificato col piede, cioè la parte diceva l’intero. L’altro elemento che dobbiamo esaminare per capire poi la rivoluzione che hanno fatto i filosofi, e che è durata fino ad oggi , è che anima si dice in greco “psiche”, come tutti sapete. Psiche addirittura non solo una decina di volte, come per il soma, ma parecchie volte compare in Omero, però vuol dire esattamente il contrario anche in questo caso. Psiche, in Omero, puoi tradurlo tranquillamente anima, ma che cosa vuol dire anima in Omero? Psiche in Omero? Vuol dire esattamente l’opposto, dicevo, di quello che dopo definitivamente da Socrate in poi si intenderà, da Eraclito si potrebbe dire, ma chi l’ ha fissato è Socrate. L’anima, “psiche”, è quello che noi oggi chiameremmo il fantasma e cioè il non essere più dell’uomo che era. Un filologo tedesco ha detto molto bene: “ E’ l’essere del non esserci più, non ha né vita, né potenza, né conoscenza, è quindi l’ombra, la pura ombra, è questa la psiche”. Quindi soma e psiche nascono solo quando l’uomo si spacca e muore. Allora mi domando: quando l’uomo è morto, di lui gli altri che cosa ritengono sia rimasto? Non certo la psiche che è il puro fantasma, bensì è il corpo che diventa sacro, infatti un genitore che aveva il figlio in guerra riteneva che il non ritrovare il cadavere del figlio fosse sciagura ancora più grave di quella di averlo perduto. Quindi il lui stesso che rimaneva era il cadavere, e la sepoltura del cadavere perché la psiche aveva ancora una certa, diremmo, fisionomia positiva fino a quando il cadavere veniva bruciato: una volta bruciato, andava nell’Ade. Questa era la posizione omerica emblematica. Ma ecco ancora un particolare che farà capire il senso del dopo, le novità che i filosofi hanno portato, e per quale motivo è verissimo che noi pensiamo con la mente dei Greci: i Greci sono un punto di riferimento assolutamente irrinunciabile a tutti gli effetti. Allora, quando un dio infonde la forza in un uomo, in che senso la infonde? Dove la infonde? Evidentemente non si può dire nel corpo. La infonde nelle mani, nelle ginocchia, nei piedi, ed è proprio così specificato perché l’uomo è quelle parti specifiche particolari. E quindi come nasce il concetto di anima vera? E il concetto di corpo? Nascono per due motivi. Il primo è che, a partire dal VI secolo a. C., si diffonde una corrente religiosa molto importante, quella degli Orfici, la quale insegna una dottrina di questo tipo: “Sai chi sei, uomo? Eri un dio, un demone, e per un peccato che hai commesso, una colpa originaria, sei stato gettato per punizione in un carcere che è il tuo corpo”. Ecco allora come nasce l’idea di corpo, in antitesi con il concetto di anima intesa come il demone. Però gli Orfici non hanno identificato l’anima con la intelligenza e la coscienza, anzi solo nello svenimento e nella morte quel demone acquisisce una forza. E in più una seconda idea, connessa strettamente con questa, è che una sola vita non basta per purificarti dalla colpa che hai commesso, ma dovrai passare attraverso diverse vite fino a che la tua anima non si purificherà dalla colpa originaria e di conseguenza ritornerai ad essere presso gli dei. Questa era la tesi che fu rivoluzionaria e poi accettata da tutti i filosofi, con la riforma molto importante di Socrate, ma già un po’ dei Presocratici, come si vede da un frammento di Eraclito : “ I confini dell’anima non li potrò mai conoscere così profonda è la sua ragione”. E allora l’anima è la ragione, l’anima è l’intelligenza. E’ stato Socrate ad imporre questo concetto: “Sai cos’è l’anima? E’ l’intelligenza. E tu uomo chi sei? Tu sei fondamentalmente la tua intelligenza, la tua personalità intellettuale e morale, capacità di intendere e volere”; chi ha creato questo concetto è stato proprio Socrate e poi Platone l’ha fondato. Allora l’uomo chi è? Prima di rispondere definitivamente a questa domanda dirò anche che i Greci hanno una tradizione religiosa molto elevata, incentrata sul tempio di Delfi di Apollo, dove c’era la famosa Sibilla che dava risposte a quesiti, e probabilmente come dono i sette saggi della Grecia hanno scritto sul tempio di Apollo le massime più belle della loro sapienza e, sul frontone, il motto che i Greci hanno ritenuto più bello, e anche più difficile, che era : “Conosci te stesso”. Per entrare nel tempio si doveva capire questo: uomo, conosci te stesso. Ma al di sopra di questo motto c’era una “e”. I filologi, gli studiosi del mondo antico, fino ad oggi non hanno dato una risposta definitiva a questa “e”. La risposta più bella l’ha data Plutarco, e credo che sia giusta. La “e” sarebbe la seconda persona del verbo essere greco (ei’) che vuol dire “sei”. E allora che significato ha? Quando tu entri nel tempio, tu dici al dio: “ Tu sei colui che sei, e io uomo devo imparare che invece sono un’altra cosa”. Condannato a nascere, ma a morire, e quindi nel divenire: una differenza strutturale. Se fosse esatta l’interpretazione di Plutarco di questa “e” che vuol dire “sei”, corrisponderebbe addirittura al testo biblico: “Chi sei tu?” e il Dio risponde: “ Io sono colui che è”. Ecco, allora l’uomo si capisce a fondo se si mette a paragone con Dio. Cioè tu capisci fino in fondo la tua radice se sai benissimo che non sei la totalità, la misura, il tutto, il Dio. Veniamo al punto: questa antitesi, anima e corpo, ha fatto dunque nascere questi due concetti su cui tutta la cultura ancora si basa. C’è però una tendenza di una forma di psicologia d’avanguardia, (chiamiamola di avanguardia), la quale vorrebbe addirittura riformare sé stessa distruggendo la parola psicologia, perché dice che siamo vittime di Platone e dei Greci, che l’anima non c’è e c’è solo il corpo e quindi dovremmo strutturare in un altro modo il problema. Il libro che dice questo nella maniera più forte è quello di Galimberti, che mi piace molto perché dice esattamente il contrario di quello che io penso , e cioè che tutto si riduce al puro corpo. E io gli ho risposto questo: “ Scusa, ma come puoi dire che la psicologia deve rifondarsi distruggendo la psiche, e fare tutto un libro su questo? Se la psiche non fosse, il tuo libro cosa sarebbe? Non ci sarebbe. Sia che tu ammetta questo concetto, sia che tu polemizzi con esso, strutturalmente il tuo discorso è fondato esattamente su questi concetti che hanno elaborato i Greci”. E allora torniamo al punto: tu, Platone, che cosa ci hai detto del corpo? ( Platone ha detto sul corpo cose molto brutte e molto belle, invece ha detto le cose più belle sulla salute, ha trovato dei concetti medici che oggi stanno rinascendo, come vi dimostrerò, addirittura in maniera sorprendente, e nella sua accademia c’erano medici ). Platone ha due concetti di corpo: uno, ripeto, è molto, molto negativo, ma poi ce n’è anche un altro. Il concetto più famoso, quello preso dagli Orfici, è quello che dice: “il tuo corpo è la tomba della tua anima”. E quindi qual è il compito del filosofo? Liberarsi dal corpo. Questo non vuole dire uccidersi, liberarsi vuol dire vivere mettendo il corpo in subordine totale all’anima, e addirittura Platone nelle immagini ripete “carcere, tomba”, giocando sulla parola “soma” che somiglia a “sema”, che vuol dire appunto “sepolcro”. Il passo più famoso è questo: “Io non mi meraviglierei se Euripide affermasse il vero là dove dice : – Chi può sapere se il vivere non sia un morire e se il morire non sia l’inizio del vivere? – Anche noi in realtà forse qui nel corpo siamo morti. Io ho già sentito dire infatti anche da sapienti che noi ora siamo morti e che il corpo è per noi una tomba.” Naturalmente di fronte a questo concetto non si capirebbe neanche una parola di quello che Platone ha detto in verità sulla salute se non si tenesse conto anche di un altro aspetto che vi metterò in evidenza dopo,ma prima voglio citare un passo del Fedone che è ancora più forte, tanto che io credo che sul corpo non si sia mai scritto qualcosa di peggio : “Sembra che ci sia un pensiero che ci porta, mediante il ragionamento, direttamente di fronte a questa considerazione: fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima rimane invischiata in un male di questo genere (quindi corpo=male), noi non raggiungeremo mai in modo adeguato quello che ardentemente desideriamo, ossia la verità. Infatti il corpo ci procura innumerevoli preoccupazioni, malattie che ci piombano addosso, e impedisce la ricerca dell’essere; –e poi qui calca ancora la mano- inoltre esso ci riempie di amori, di passioni, di paure, di fantasmi di ogni genere, di vanità; per colpa sua non ci è neppure possibile pensare in modo sicuro nessuna cosa. In effetti guerre, tumulti, battaglie sono prodotti da niente altro se non dal corpo e dalle sue passioni, tutte le guerre si originano per brama di ricchezze, e per le ricchezze, che noi dobbiamo di necessità pur procurarci se dobbiamo mantenere il corpo, per questo noi siamo servi del corpo.” Per parecchio tempo anch’io ho creduto che Platone pensasse questo e solo questo, mentre ha pensato anche un’altra cosa. Ma come mai dice queste cose in maniera così forte in questo contesto? Siccome è un grande genio poetico, le dice per provocazione: sono testi provocatori per insegnanti. Pochi sanno che lo stesso Aristotele ha preso di qui addirittura l’immagine che ha peggiorato nel brutto, e cioè che il corpo e l’anima avrebbero quel rapporto che certi barbari usavano per punire gli avversari: legavano un corpo vivente ad uno morto di modo che il cadavere lo corrompesse e lo distruggesse. Ma pensiamo a Plotino, che qui è platonico in toto, il quale (dice il suo discepolo ) si vergognava di essere in un corpo, e ha proibito a tutti di ritrarlo, ma per fortuna l’hanno ritratto di nascosto. Plotino non volle dire nemmeno dove era nato, come era nato, perché cose riguardanti il corpo, e aveva anche una frase contro i cristiani molto forte che vi spiegherà tutto il suo pensiero : “I cristiani parlano di resurrezione: sbagliato, non resurrezione del corpo, ma resurrezione dell’anima dal corpo”. Tutta questa storia ha portato molti a capire, a credere, che Platone pensasse solo queste cose negative del corpo, e basta. Allora come mai se pensava solo questo del corpo ha esaltato in modo tale, come pochi altri, la ginnastica e la salute, dando, come vedrete subito, delle dimostrazioni splendide? La verità è che il suo libro che sicuramente è il più famoso, il Timeo, nell’età moderna è stato dimenticato, ma era una enciclopedia di tutto il sapere di quel tempo, oltre che di metafisica, quindi, di medicina, di fisica etc.. Ecco che cosa dice: “Il Dio demiurgo ha creato dell’uomo l’anima, ma, come Dio demiurgo, crea solo le cose perfette e immortali, e perciò ha dato il compito di preparare il corpo agli dei creati ( gli dei creati sono anche tutti gli astri, diremmo tutta una serie di cose che lui riteneva divine, vive, o in un certo senso anche divine in senso neutro) , con questo ordine: – Dovete creare le cose, il corpo dell’uomo, nella misura del possibile nel modo migliore e più bello- e aggiunge: – per portare ad effetto l’idea dell’ottimo quanto è possibile.” E allora adesso vi do la prova del nove di quello che sto dicendo: nel Fedone, dopo il passo che vi ho citato, scrive questo: “ Gli occhi non vedono nulla di sicuro, le orecchie non sentono nulla di sicuro, perché molto più importante degli occhi e degli orecchi è il logos, è la ragione”. Ebbene, nel Timeo afferma inoltre che noi facciamo filosofia partendo da quello che noi vediamo, dagli occhi, e dice addirittura che proprio dagli occhi ci siamo procurati il genere della filosofia del quale nessun bene maggiore né venne né verrà agli uomini. Ma attenti a cosa aggiunge: “Essendo un dono che ci hanno dato gli dei, dico appunto che questo degli occhi è il bene più grande”. E degli orecchi dice la stessa cosa: “Ci è stato fornito dagli dei con gli stessi scopi e per la stessa ragione l’orecchio”. Non con questo cambia il suo modo di vedere, perché sempre in questo documento, nel Timeo, scrive che l’anima quando viene legata al corpo perde un po’ di senno, e anche parecchio, e quindi deve poi ricostruirlo. Aggiungerei ancora un’altra cosa perché è molto bella: Socrate diceva che il corpo è lo strumento dell’anima, e Platone riprende questo concetto e dice che il corpo è il veicolo dato all’anima, inoltre nel Timeo scrive: “Per quanto riguarda la forma di anima che in noi è la più importante, l’anima razionale, bisogna rendersi conto di questo, ossia che Dio l’ha data come un demone a ciascuno di noi. E questa è la forma di anima che noi diciamo che abita nella parte superiore del corpo, e che dalla terra ci innalza verso la realtà, e ci congiunge al cielo in quanto noi siamo piante non terrestri ma celesti. E questo che diciamo è giustissimo. Infatti tenendo sospesa con la testa la nostra radice, proprio là dove l’anima ha tratta la sua prima origine, la divinità erige tutto quanto il nostro corpo”. Non vi stupite che in un autore dello spessore di Platone ci siano idee così contraddittorie apparentemente, perché quanto più è grande un autore e tanto più è aperto verso varie dimensioni: questo è il punto fondamentale. Allora potete capire per quale motivo il concetto di salute diventa fondamentale in Platone, come dimostra anche il fatto che egli nel suo Stato dà molta e molta importanza alla ginnastica, per lui anche più importante della medicina per i motivi che subito spiegheremo. Ma prima voglio concentrarmi sul concetto di salute facendo una annotazione: Hans Gorg Gadamer è oggi il filosofo più grande, il creatore della ermeneutica, e fra tre mesi compie 100 anni, ed è ancora in perfetta forma, ma di salute sa molte cose perché gli è toccata una disgrazia terribile. Io l‘ho conosciuto indirettamente da sempre attraverso i libri, ma direttamente quando aveva 96 anni, e cioè quattro anni fa, per un convegno, gli ho fatto una intervista per il “Sole 24 Ore” e gli ho chiesto come mai in certe pagine del suo libro, che sono di alta epistemologia, parla della sofferenza e spiega la tragedia greca e il concetto bellissimo secondo il quale Zeus ha stabilito che gli uomini possono conoscere la verità solo incamminandosi e attraversando la via della sofferenza. Mi ha risposto nell’intervista che è proprio quello che hanno dimenticato i giovani, e che uno dei danni più grossi che si possono individuare nella gioventù è che il giovane non sa soffrire, con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma a tavola mi ha poi detto tutta la verità: “A venti anni io ho avuto la poliomielite, sono rimasto completamente paralizzato”. Completamente, ma con quella intelligenza, forza di volontà e capacità, ha cominciato, secondo i consigli che i medici gli hanno dato, a fare due passi, poi tre, poi quattro, fino a che poi si è ricostruito, ma si è ricostruito davvero bene, dato che ora ha 100 anni, ed è ancora ragionante. Doveva anche venire a Milano, l’avevo invitato, e aveva accettato, ma era caduto e nella sua lettera, con un po’ di ironia squisita, diceva: “Le mie ginocchia non mi reggono più, per fortuna non si pensa e non si scrive con le ginocchia!”. Ecco, lui ha trovato in Platone la risposta al problema che oggi i medici stessi non sanno risolvere:“che cos’è la salute?” La risposta di Platone è che la salute è un’armonia: è una specie di equilibrio di forze simmetrico, ma quando si dice questo si può far tranquillamente un errore, perché dice Platone che ci sono due modi diversi per rispondere a questo problema. Il problema infatti è il seguente: c’è salute quando il corpo non cade nel più, nel meno, nel troppo o nel troppo poco, ma c’è equilibrio. Però questo equilibrio si può intendere in due modi: in modo matematico, aritmetico, ma anche in un altro modo e cioè assiologico, ontologico. Il primo è puramente quantitativo, è un calcolo, e l’altro invece è un rapporto di valore e cioè è il giusto mezzo: il giusto mezzo è il conveniente. Allora il troppo o il troppo poco, se fra di loro hanno un certo rapporto matematico, rispetto al conveniente ne hanno un altro. Per il conveniente ciò che è poco matematicamente può essere non poco, o viceversa ciò che è troppo può essere non troppo. Dove si nasconde la salute? Platone dice : “Non dovremo costringere il più e il meno ad essere misurabili, non soltanto nei loro rapporti reciproci ma anche in rapporto alla produzione del giusto mezzo? Ne consegue che potremo distinguere l’arte del misurare nel modo che è stato detto, dividendola così in due parti, ponendo cioè da una parte di essa tutte le arti che misurano il numero, la lunghezza, l’altezza, la larghezza, la velocità rispetto ai loro contrari e dall’altra parte tutte le arti che misurano in rapporto con il giusto mezzo, con il conveniente, con il doveroso”.
Bene, ora sentite alcune osservazioni di Gadamer che sono frutto di una sofferenza provata e di una verità vista direttamente: “Sappiamo approssimativamente in cosa consistono le malattie, in quanto sono caratterizzate per così dire dalla rivolta di un guasto che si verifica in noi, si manifestano come oggetto, come qualcosa che oppone resistenza e quindi a cui bisogna opporsi. E’ un fenomeno che si può osservare attentamente giudicando il valore clinico. La salute invece si sottrae curiosamente a tutto ciò, non può essere esaminata in quanto la sua essenza consiste proprio nel nascondersi; – e qui fa una notazione molto bella – : a differenza della malattia la salute non è mai causa di preoccupazione, anzi non si è mai consapevoli di essere sani”. Una mia esperienza personale gli dà ragione perfettamente: mio padre ha avuto la fortuna, o la sfortuna, di non ammalarsi mai se non della malattia di cui è morto, non ha mai avuto la febbre nemmeno una volta. Ebbene, non capiva assolutamente le sofferenze degli altri, e le cure per la salute, diceva infatti che la cura era una cosa da “donnette”, ma non riusciva assolutamente a capirla perché, in maniera blasfema, gli era toccata questa fortuna o sfortuna, ripeto, di non ammalarsi mai: chi non si è ammalato non sa che cosa sia la salute, si comincia a capire che cos’è la salute quando ci si ammala, e pertanto questa non è una condizione che invita o ammonisce a prendersi cura di sé stessi: “Sto bene, basta, chiuso”. E poi Gadamer fa un’altra annotazione: “Tengo in gran conto i pensieri di Platone; – (quelli che parlano del giusto mezzo) – perciò consideriamo la salute come una armonia, come giusta misura, così come la vedevano i Greci ; – e poi aggiunge una cosa molto ma molto bella e che per molti medici dovrebbe essere una specie di Vangelo – : la scienza moderna è giunta invece a considerare tutti i risultati delle misurazioni come dei reali dati di fatto e raccoglie scrupolosamente questi. Ora queste misure dipendono da un criterio fissato per convenzione. Un certo difetto della medicina è proprio quello di trasformare la salute in questi conteggi che sono strumenti matematici, ma che non sono la essenza della salute. Quando il mio amico medico, che era un grande medico, si ammalò e io gli domandai quanta febbre avesse, questo fece un gesto sprezzante con la mano per significare che ciò non aveva alcuna importanza: non usava il termometro, non lo interessava. Infatti esiste un concetto di misura superiore che è il concetto di livello di salute: ciò che è adeguato, ciò che è conveniente, e l’essenza della salute risiede proprio nel fatto che non la si può definire se non in questo modo”. Ricollegandoci poi a quanto afferma Platone nel Fedro, egli chiama in causa proprio i medici, Ippocrate, e dice: “Quando vuol capire il medico bene il corpo, sai quando lo capisce bene e lo studia bene? Quando lo vede nell’insieme delle cose a cui appartiene, nel tutto a cui appartiene. E allora sai quando vuoi una salute vera che cosa devi fare? Collocare te stesso nel tutto. E il tutto che cos’è? Il rapporto che hai con gli altri, con la tua famiglia, con la società in cui vivi, con tutto, con l’ambiente”. La salute quindi è un rapporto, come voi ben vedete, ben superiore a quell’analisi che quel foglietto ti dà in laboratorio, è un rapporto estremamente complesso e che si costruisce con notevole impegno e fatica, in senso globale. Vi dicevo che Platone esaltava la ginnastica ( che però non aveva niente a che vedere con la ginnastica di oggi): i Greci passavano parecchie ore a fare ginnastica e il maestro di ginnastica stabiliva anche la dieta da seguire, i modi in cui vivere. E allora Platone dice che questo è assiologicamente superiore al medico, perché la ginnastica fa in modo che tu non ti ammali, il medico invece viene quando già sei ammalato. Perché ti sei ammalato? Perché non ti sei curato. E allora Platone che cosa ha scoperto? La famosa medicina preventiva, come oggi si chiamerebbe, che purtroppo oggi è molto più semplice, mentre allora la medicina preventiva era di una complessità veramente straordinaria. Nel Timeo Platone ha addirittura preso posizione sulle medicine, e ha dato una risposta così moderna, così attuale, che veramente sorprende: “ Le malattie, qualora non comportino gravi pericoli, non si devono continuamente molestare con farmaci; in effetti ogni decorso di malattia ha una somiglianza con la natura degli animali, in quanto anche la costituzione di questi si produce avendo in sé tempi determinati di vita per tutto quanto il genere animale e anche ciascun animale nasce ed ha un tempo stabilito, diciamo un ciclo della malattia, e il medesimo carattere è proprio anche della costituzione delle malattie. Quando qualcuno, al di fuori del tempo destinato, cerca di eliminarle, mediante medicine, allora da piccole malattie di solito rischia di farne derivare delle grandi, e da poche, molte.” Dunque Platone è contro l’abuso delle medicine, di cui oggi siamo vittime. A me in primavera è capitato di sentirmi poco bene per questioni cardiache e mi hanno fatto l’holter: il cardiologo si è spaventato, mi ha detto che alla sera sarei stato ricoverato perché avrei potuto morire sul colpo. Io mi sono rifiutato perché era un sabato. Ho chiamato il competente più specifico di questa materia, ma, quando ha visto il tracciato, si è spaventato anche lui e mi hanno fatto una prova terribile sottoponendo il cuore ad una forza particolare … insomma, devi firmare persino perché in quella prova potrebbe capitare qualsiasi tipo di disgrazia. Dalla prova sono uscito in maniera brillante, cioè il cuore se ne è impipato di tutte le cose, e allora il medico mi ha detto: “Lei stia tranquillo che non muore”, e mi ha dato una medicina speciale che non ha funzionato per niente; quindi il cardiologo, dopo una mattinata di hospital day, mi ha dato un’altra medicina che ha funzionato magnificamente, tanto che in una mattinata sola mi ha portato livelli normali. A questo punto però il medico ha voluto ancora sentire lo specialista, gli ha telefonato in presenza mia e quello gli ha dato questa risposta platonica, che mi ha lasciato di stucco nel senso positivo del termine: “Lui questo disturbo se lo tiene e non muore, se gli diamo questa forte medicina invece creiamo un farmaco-dipendente e un cardiopatico. Così da una piccola malattia ne facciamo derivare una grande”. Sono rimasto di stucco perché pensavo: ma ha letto Platone? No, non l’aveva letto. E’ una posizione di avanguardia di una certa medicina di avanguardia. Poi ho fatto i complimenti al medico, al professore, che si è stupito quando gli ho riferito che Platone ha detto esattamente quello che lui aveva detto: “ Da un piccolo male, che rimane un disturbo, con questa medicina che glielo toglie noi ne facciamo in realtà derivare uno grande”. Sapete quante malattie noi ci provochiamo abusando dei farmaci e non volendo sopportare il piccolo malanno del momento?
Il primo ottobre c’era la riunione dei medici cattolici a Bologna e mi hanno fatto aprire l’incontro con questo argomento: hanno molto e molto gradito questi concetti e hanno detto che soprattutto i giovani medici promettono molto male, dal punto di vista assiologico, non di conoscenza delle cose, e perciò vorrebbero far tornare il medico ad una certa figura assiologica. A questo proposito è interessante ricordare come è nato il concetto di medico e notare ciò che Gadamer dice: “Sapete che chi ha creato il concetto di medico, l’ha creato come guaritore ferito?” Il creatore della medicina infatti, secondo il mito greco, era un centauro di nome Chirone da cui è nata spiritualmente tutta la medicina dei Greci. Dice il mito greco che Eracle lanciando una freccia la conficcò nel ginocchio di Chirone, Chirone stesso estrasse la freccia e applicò sulla ferita un farmaco, ma la ferita era incurabile, perciò si appartò nella caverna, e voleva morire ma non poteva perché era immortale. Allora Prometeo offrì a Zeus lo scambio: “Fai diventare me immortale e lascia morire lui”. Ma il medico è stato creato come colui che non può guarire sé stesso in certi casi: “ il medico ferito”. Platone, poi, si spinge anche molto più in alto: “I medici sarebbero veramente perfetti se fin da fanciulli, oltre che apprendere la tecnica della loro arte, prendessero in cura molti corpi in gravi condizioni, anzi, se essi stessi contraessero ogni sorta di malattie e non godessero di una sana costituzione e di salute. In effetti, io credo, non è col corpo che si curano i corpi, altrimenti si dovrebbe a priori escludere che i loro corpi diventino malati, ma si curano con l’anima, la quale non può curare con successo qualcosa se essa stessa è cattiva o lo è diventata. Il vero medico, quindi, se non ha sofferto lui il dolore non sa con chi ha a che fare e che cosa fa.”

Il presidente dei medici, dopo la mia relazione, ha detto che queste sono cose sublimi, ma che purtroppo i giovani medici, i giovanissimi medici, oggi spesso addirittura hanno delle figure sciatte, ed ha fatto un esempio raccontando che da alcuni suoi vicini una signora si è sentita male e ha chiamato in soccorso l’ospedale che ha mandato il medico di turno, mentre nel frattempo in casa c’era un guasto al lavandino. E’ arrivato il medico: barba lunga, non fatta, orrendi jeans, scamiciato, e naturalmente chi ha aperto l’ ha scambiato per l’idraulico, e però niente di male fin qui, se non che la signora che si era sentita male si è sentita peggio; quindi il presidente dei medici ha sottolineato che la figura del medico ha per il malato un significato assiologico, che ha uno spessore ben diverso dalla riduzione a cui adesso si minaccia di andare incontro trasformando il medico in un funzionario e burocrate della salute. Questo è un dramma perché significa: “ Non mi interessa chi sei tu, tu hai questo male, ti do questa medicina per il tuo male e poi affari tuoi”. Invece il medico cura l’uomo, non l’accidentalità che in quel momento lo ha preso. Ma è difficile fare questo se l’uomo non recupera chi è, e tutti devono recuperarlo: “ Uomo, chi sei?” Ancora una volta Platone ci illumina con un esempio: “ Carmita ha un grosso male di testa e Socrate afferma che ha un rimedio per guarirlo, e dice: – Si tratta di un’ erba a cui si deve accompagnare un incantesimo, e se qualcuno dice l’incantesimo mentre prende la medicina funziona, altrimenti non serve a niente”-.  Allora, il significato dell’erba è semplicissimo: l’erba è la medicina vera e propria. E che cos’è l’incantesimo? L’incantesimo vedrete che è una cosa molto bella: “ In primo luogo però bisogna intendere – dice Platone – per capire questo, il nesso strutturale che lega le parti del corpo al corpo. Sai per curare bene la parte del corpo cosa devi fare? Se ti fa male un occhio, è l’intera testa, e la testa l’intero corpo.” Cioè non puoi curare solo il punto che fa male senza l’insieme, e scrive: “Come forse hai sentito dire anche tu a proposito dei medici valenti, se qualcuno va da loro perché ha male agli occhi, essi gli dicono che non possono curare gli occhi da soli ma bisogna curare contemporaneamente anche la testa, se si vuole che i primi tornino ad essere sani, e che il credere di potere curare la testa di per sé stessa senza pensare al corpo nel suo insieme è una cosa insensata”. E allora che cosa deve fare un buon medico? Deve curare mai la parte ma il tutto. Quanti medici cadono in questo errore oggi? Senz’altro gli iper specialisti, che curano solo la parte senza tenere conto che certe cure di quella parte sono un danno per l’insieme! Ma il discorso di Platone non finisce qui: “ Per quanto riguarda la vera arte di curare il corpo, siccome l’uomo non è solo corpo ma è di più, corpo+anima, ecco qui il grande problema: tu curi veramente il tuo corpo quando curi anche la tua anima. La maggior parte delle malattie si possono curare non solo curando tutto il corpo ma anche tutto l’uomo.” Quindi curando l’anima, perché i mali più grandi derivano all’uomo dall’anima: hanno fatto una statistica, in alcuni ospedali, e hanno stabilito che l’ 80% sono mali psicofisici. Ma giungiamo al passo più bello, quello rivoluzionario che ha fatto addirittura saltare sulla sedia tutto un insieme di medici che si domandavano come mai non ci fosse scritto sui loro libri questo passo di Platone: “Ho lodato i medici greci, dicendo che il buon medico greco ha capito che per curare una parte bisogna curare tutto il corpo, ma che cosa non hanno capito i medici greci?” E allora usa come maschera Salmosside che sarebbe un medico orientale, naturalmente qui usato in maniera fantastica, per dire: “Salmosside, il nostro re che è anche un dio, afferma che come non si possono curare gli occhi senza curare la testa, né la testa indipendente dal corpo, così neppure il corpo si può curare senza curare l’anima. Ecco, questa sarebbe la ragione per cui ai medici greci sfugge la maggior parte delle malattie, – ( è chiaro che Platone dà una lezione ai medici greci e quindi finge che questa teoria venga da un altro medico orientale, ma in realtà è lui che dice questo ) – poiché essi trascurerebbero di prendersi cura della totalità dell’uomo senza la cui piena salute non è possibile che la singola parte sia efficiente, infatti tutti i mali e tutti i beni per il corpo e per l’uomo nella sua interezza nascono dall’anima, come per gli occhi derivano dalla testa, e a loro innanzitutto bisogna rivolgere la cura se si desidera ottenere la salute per la testa e per il resto del corpo, così l’anima, caro, si cura con gli incantesimi.” L’incantesimo sarebbe (in greco) l’equilibrio interiore, cioè lo spirito interiore nella sua pienezza. I Greci avevano capito che in realtà Platone era un grande medico, in un certo senso, e sentite cosa hanno scritto di lui : “Il Dio Febo ( Apollo) ha fatto nascere per gli uomini due medici, Asclepio per curare il corpo e Platone per curare l’anima.” E Platone in una bellissima frase riassuntiva nella Repubblica dice: “ Non mi risulta che un corpo in buona forma possa rendere buona l’anima per la sua salute, viceversa un’anima buona per la propria virtù può perfezionare il corpo in misura straordinaria”.

Per concludere, per capire l’importanza di questi concetti che ho svolto e la necessità di meditare, il punto è questo: c’è un essere vivente che tra le sue caratteristiche più rilevanti ha quella di dover prendere posizione circa sé stesso, cosa per la quale è precisamente necessario avere un’ immagine di sé: “chi sono io?”  “Cerca te stesso” significa cerca le tue pulsioni, qualità percettive etc.; sapere chi si è necessari per sapersi trattare in modo giusto, ma anche fondamentalmente per trattare gli altri, perché se tu non sai chi sei tu tratti male anche gli altri, poiché non sai esattamente la cosa che fai e come la fai . Un augurio che io faccio per il 2000 è che voi imbocchiate proprio questa strada assolutamente essenziale: “io, chi sono?”

In questo momento accade che i libri che scrivo sono tradotti in undici lingue, soprattutto perché non leggono cosa dice Reale come suo pensiero ma quello che hanno detto i Greci, i grandi Greci. In Russia, anzi non solo in Russia ma anche in Polonia dove stanno traducendo il quarto volume della mia storia della filosofia antica e in Romania dove stanno traducendo la “Saggezza antica”, ho scoperto questo: dal vuoto ideologico, dal nichilismo politico, sono passati al nichilismo consumistico e dentro a molti giovani c’è il vuoto assoluto, e quindi la costruzione di questi popoli è proprio cercare di costruire sé stessi all’interno, ma quel vuoto corrisponde esattamente ad un vuoto che c’è qui, dove molti giovani dicono: “Non mi interessa sapere chi sono, mi interessa vivere la mia vita, godermela, poi del resto non mi importa”. Ecco, questo è un dramma. Bisogna allora cercare di riempire quel vuoto che il consumismo di qui ha creato, e non è la cosa più facile. Anzi, vi dirò che più un uomo ha beni materiali e più si sente vuoto, e quindi il fatto che nei paesi nordici ci sia una estensione di malattie psichiche, molto superiore che nei paesi del sud, è per il motivo che sono stati i primi ad avere tutto. Dunque il mio messaggio per il 2000 è che il consumismo, l’idea che ci hanno messo in testa di cercare di avere sempre di più, perché il consumismo è questo, accompagna un vuoto interiore, aumenta il senso del vuoto interiore, mentre, se tu non ti riempi dentro, fuori puoi avere qualsiasi cosa, ma non sarai mai felice.

NOTA: testo, non rivisto dall’Autore, della conferenza tenuta a Brescia il 25.10.1999 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.