Il comunismo ateo e la dissacrazione delle coscienze

Si dice: c’è anti-comunismo e anti-comunismo. Ed è vero. Di contro a un anticomunismo farisaico e conservatore c’è un anticomunismo non solo legittimo, ma doveroso, in cui confluiscono sentimenti ed atteggiamenti diversi, ma tutti validi perché tutti giustificati dalla realtà storica in cui viviamo e dalla preoccupazione di salvare l’umana dignità. C’è, infatti, chi combatte quel regime perché ha affermato la sua concezione della vita e il suo potere con una serie di crudeltà, che non hanno neppure il pregio di essere sempre «ben usate» come suggeriva il Machiavelli: basti pensare a quanto i sovietici stessi ci hanno rivelato sui vergognosi fatti dell’era staliniana e all’orrenda repressione della rivolta ungherese compiuta in era Krousceviana. C’è, poi, l’avversione degli uomini liberi per un regime che disconosce nel modo più crudo e brutale i principi della libertà, il diritto al dissenso ideologico, la libertà più elementare di movimento e di emigrazione: l’impossibilità a rinunciare alla dittatura a quasi mezzo secolo dalla rivoluzione dell’ottobre 1917 e il «muro» di Berlino sono fatti incontestabili. C’è, infine, ed in intima connessione coi precedenti motivi di avversione, il rifiuto del comunismo da parte dei credenti, perché quel sistema dittatoriale e liberticida è legato ad una filosofia atea, anzi anti-teista, che dispregia il valore spirituale dell’uomo e la sua fondazione ed esplicazione religiosa.

Queste dolorose verità sul comunismo, così cariche di tragedia, devono essere ricordate a chiare lettere, perché nessuno nasconda la testa nella sabbia come lo struzzo per non vedere il pericolo incombente. Oggi incombe il pericolo di un nuovo radicale rilancio del totalitarismo nel mondo: dopo il nazismo, il comunismo. Occorre conoscere l’essenza ideologica del comunismo, per non lasciarsi ingannare dalla sua camaleontica disponibilità a mutare qualsiasi obiettivo e qualsiasi tattica.

Per adempiere a questo compito, oltre l’azione politica occorre un’opera di documentazione e di risveglio per tutti gli spiriti nobilmente pensosi. Abbiamo letto in questi giorni in traduzione   italiana un documento raccapricciante sul programma che la scuola russa persegue di aperta, violenta lotta contro l’orientamento a Dio delle coscienze dei ragazzi e dei giovani che pure sono cresciuti in un’atmosfera di sistematica propaganda atea e di ignoranza del messaggio cristiano.

L’articolo a cui ci riferiamo, dal significativo titolo «La scuola non può essere neutrale» (Škola ne možet byt’ neitral ‘noj), è tratto dalla rivista «Naúka i Religÿa», 1961, n. 10, pagg. 10-14. Nello stesso fascicolo, a pagg. 56-58, è pubblicato un altro articolo «Il sacro compito dell’educatore» (Svjatoe delo vospitatelja), la cui «sacralità» consisterebbe appunto nell’ossessione di distruggere, con ogni tecnica di avvilimento della coscienza, il senso di Dio, il bisogno e l’idea di Dio dal cuore e dalla mente dei discenti. E così non si ha ritegno a proclamare «sacro» proprio il compito di dissacrare le anime!

Il comunismo del nostro Paese trova utile e comodo mascherarsi dietro le tesi della neutralità della scuola e del laicismo; la sua meta finale è, però, e non può non essere, quella stessa del comunismo sovietico: la scristianizzazione della scuola, l’oppressione delle coscienze, l’uniformità totalitaria nell’ateismo e nella lotta anti-teistica. Come ieri il nazismo totalitario, così ieri e oggi il comunismo totalitario esclude rigorosamente il Cristianesimo come forza animatrice dell’educazione e dell’etica. Dio è respinto in modo assoluto, per principio, in virtù di un dommatismo metafisico in cui si esprime la più fanatica e la più vasta forma di intolleranza che la storia conosca. Ancora nello stesso numero della rivista «Naúka i Religÿa», a pagina 4, è scritto testualmente: «Tutta la storia della lotta ideologica del Partito Comunista contro la religione è una luminosa realizzazione della propaganda anti-religiosa, indipendentemente dalle concrete condizioni di questa o di quella tappa della lotta di classe». È una conferma in più, se pure ce ne fosse bisogno, che l’ateismo non è una conseguenza del sistema sociale, ma un presupposto indimostrato, un presupposto indimostrabile. Siamo quindi di fronte ad una specie di fede rovesciata, pervertita, e per questo decapitata di Dio e della libertà, una fede irrazionale divenuta cieco fideismo, intimamente oppressivo, asservito senza via di scampo agli idoli della propaganda totalitaria, agli dei dell’Olimpo e del Cremlino, a volta a volta osannati e infangati. E così, con tutto il suo pseudo titanismo e la sua retorica della «rottura emancipatrice», il comunismo ateo, proprio perché concepisce la storia come tempo chiuso e la vita senza e contro Dio, immanentisticamente, è prigioniero di una totale, servile sottomissione al mondo.

Il Cittadino, 25 novembre 1962