La Chiesa di fronte al razzismo

I – Breve storia del razzismo

1. In senso stretto il razzismo è la coscienza della superiorità, biologicamente determinata, della propria razza o etnia rispetto alle altre, è credere veramente che la propria etnia è superiore alle altre. E’ la credenza che le razze abbiano peculiari caratteristiche culturali definite da fattori ereditari, e che queste conferiscano ad alcune razze una superiorità nei confronti delle altre.

2. Anche se non possiamo già parlare di razzismo, possiamo descrivere, a partire da alcuni primi dati storici, le prime inclinazioni verso questo male nella storia umana nei secoli passati. I greci dell’antichità consideravano i popoli di altre culture come “barbari” e si servivano dei popoli vinti in guerra come schiavi; il popolo ebreo dell’Antico Testamento si considerava il popolo eletto di Dio e qualche volta aveva un’idea non chiara degli altri popoli; ed il Medio Evo cristiano distingueva i popoli con criteri religiosi in cristiani, ebrei e “infedeli”.

3. La crescita del pregiudizio razziale peggiorò con la scoperta del Nuovo Mondo quando molti soldati e commercianti, al seguito dei grandi navigatori del XV e XVI secolo, ridussero i popoli delle Tre Americhe in schiavitù ed elaborarono una teoria razzista per giustificarsi.
La tratta dei neri, comprati in Africa in cambio di denaro, qualche volta in cambio di bottiglie di alcol, e condotti a migliaia nelle Tre Americhe, ed il fenomeno della schiavitù che ne derivò a partire dal 1562, furono una dimostrazione vergognosa del disprezzo razzista, giustificato dalla necessità di procurarsi manodopera poco costosa.

4. Ma fu proprio nel secolo XVIII che per la prima volta ci fu il tentativo di usare la scienza per giustificare l’ideologia razzista, che afferma che alcune razze sono intrinsecamente inferiori alle altre. Infatti, fu solo alla fine di quel secolo che il termine “razza” venne usato per la prima volta per classificare gli esseri umani da un punto di vista biologico (cfr. Pont. Comm. Justitia et Pax: La Chiesa di fronte al razzismo, 1988, n. 6). Questa teoria, propagata da Joseph-Arthur comte de Gobineau nei quattro volumi intitolati Essai sur l’inegalité des races humaines, Parigi, 1853-1855, ebbe vasta eco soprattutto in Germania, ove il partito totalitario nazional-socialista eresse l’ideologia razzista a fondamento del suo folle programma, che mirava all’eliminazione fisica di coloro che considerava appartenere a delle “razze inferiori”. Questa follia omicida colpì in primo luogo il popolo ebreo, in modo brutale e feroce, ma anche altri popoli come gli zingari, e perfino gli handicappati e i malati mentali.

5. Nel inondo d’oggi il razzismo non è scomparso. Riaffiora in modo preoccupante e si presenta sotto forme diverse: spontanee, ufficialmente tollerate o addirittura istituzionalizzate. Infatti, mentre sono rare le situazioni di segregazione fondate su teorie razziali, sono molti i fenomeni dì esclusione o di aggressività verso gruppi di minoranza.
L’apartheid, o “separate development”, nella Repubblica del Sud Africa è la forma più palese del razzismo di oggi. Si tratta di razzismo istituzionalizzato dalle leggi e giustificato dall’ideologia della superiorità delle persone di discendenza europea su quelle di origine africana, indiana o “di colore” che a volte si rifà ad un’interpretazione aberrante della Bibbia.
Ma non possiamo non menzionare, anche solo per nominarle, le seguenti forme di discriminazione che mostrano alcuni aspetti della mentalità razzista in diverse parti del mondo, perché il razzismo non è un cancro che si trova solo in una parte del mondo. Serpeggia un po’ ovunque. Occorre infatti menzionare le ingiustizie nei confronti delle popolazioni aborigene (specialmente nelle Tre Americhe e nell’Australia); la discriminazione verso le minoranze religiose in alcuni Stati; l’etnocentrismo che si presenta o come il rifiuto della differenza culturale delle minoranze razziali, o nella forma di discriminazioni razziali e opposizioni tribali in diversi paesi dell’Africa e dell’Asia, essendo il razzismo non solo e non tanto un fatto di colore, ma di egoismo; il razzismo sociale nei confronti dei più deboli e indifesi da parte dei potenti; la diffidenza verso gli immigrati, gli stranieri e i profughi. Taluni si chiedono: “Che cosa fa quella gente in terra nostra?” l’antisemitismo; e il razzismo eugenetico che potrebbe nascere dallo sviluppo delle “tecniche di procreazione artificiale”.
La dottrina della Chiesa deve portare la luce del Vangelo per sanare questa gravissima miseria umana.

II – La dottrina della Chiesa

6. La fede cristiana si compiace del fatto che il principio della uguale dignità di tutti gli uomini, senza distinzione di razza, trova già un solido fondamento a livello scientifico e filosofico, nonché sul piano morale e su quello delle religioni in generale. Ma la dottrina della Chiesa si basa solidamente sulla Rivelazione ricevuta da Dio.

7. Secondo la Rivelazione biblica, Dio ha creato l’essere umano – uomo e donna – a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen. 1, 26-27; 5, 1-2; 9, 6). Questa è la base fondamentale della dignità umana e dei suoi diritti inalienabili che provengono non dal governo, non da noi, non da accordi internazionali, ma da Dio stesso. I diritti umani inalienabili, fondamentali, provengono da Dio Creatore.

8. Inoltre, la Rivelazione insiste sull’unità della famiglia umana: tutti gli uomini sono figli e figlie di Adamo ed Eva. Nel Nuovo Testamento il Figlio di Dio assume la natura umana. Con Cristo e in Cristo, tutti gli uomini sono chiamati ad entrare, grazie alla fede, nell’Alleanza definitiva con Dio (cfr. Rm. 1, 16-17). Questa Alleanza è stata realizzata e suggellata dal sacrificio dì Cristo che ottiene la Redenzione di un’umanità peccatrice. Cristo ha fatto l’unità tra tutti i popoli, “ha fatto dei due (ebrei e gentili) un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia” (Ef 2, 11-13). Di modo che oggi “non c’è più greco o giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o selvaggio, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti” (Col. 3, 11; cfr. Gal. 3, 28). Cristo raduna i figli di Dio dispersi (cfr. Gv. 11, 52).

9. “La Chiesa ha la sublime vocazione di realizzare, in se stessa prima di tutto, l’unità del genere umano al di là delle differenze etniche, culturali, nazionali, sociali e di altro genere, al fine di mostrare proprio la caducità di queste differenze, abolite dalla Croce di Cristo” (Pont. Comm. Justitia et Pax: La Chiesa di fronte al razzismo, n. 22). La Chiesa, infatti, si autodefinisce come “un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Vaticano II: Lumen Gentium, n. 1).

10. Il Concilio Vaticano II, mettendo insieme tutta questa dottrina, insegna: “Tutti gli uomini, dotati di un’anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, redenti da Cristo, godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino: è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti. Sicuramente, non tutti gli uomini sono uguali per la varia capacità fisica e per la diversità delle forze intellettuali e morali. Ma ogni genere di discriminazione circa i diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della razza, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio” (Gaudium et Spes, n. 29).

11. Questa dottrina cristiana ha come conseguenze morali gli obblighi di rispettare le differenze tra i popoli, di promuovere la fraternità basata su Dio Padre di tutti (siamo fratelli perché Dio è nostro Padre e Cristo è divenuto uno di noi, ha preso la nostra natura) e di giungere alla effettiva solidarietà tra tutti gli uomini, specialmente tra ricchi e poveri.
III – Che cosa ha fatto la Chiesa sulla questione?

12. Come si vede facilmente, il razzismo è uno degli ostacoli più grandi sulla strada della promozione dello spirito e della pratica di rispetto per la dignità di ogni persona umana creata ad immagine di Dio. La Chiesa cattolica non poteva, e non può, non fare qualche cosa davanti a questo cancro. La Chiesa ha cercato in molti modi ed in varie epoche di sensibilizzare su questo problema la coscienza del mondo, specie quando diventa di dolorosa attualità.

13. Il 2 giugno 1537 con la bolla Sublimis Deus il Papa Paolo III denunciava coloro che sostenevano che “gli abitanti delle Indie occidentali e dei continenti australi…dovevano essere trattati come animali privi di ragione, e utilizzati esclusivamente a nostro profitto e a nostro servizio” (citato in Pont. Comm. Justitia et Pax: La Chiesa difronte al razzismo, n. 3).
Urbano VIII dovette perfino arrivare a scomunicare coloro che detenevano schiavi indiani.

14. Bartolomeo de Las Casas, vescovo missionario, seguito da molti altri missionari, ed i grandi teologi e giuristi spagnoli Francisco de Vitoria e Francisco Suarez, hanno difeso le popolazioni autoctone e sviluppato la dottrina dell’uguaglianza fondamentale di tutti gli uomini.

15. Leone XIII nella sua enciclica In plurimis del 5 maggio 1888 stigmatizzò la tratta dei neri e la schiavitù.
La Sede Apostolica, anche nel Secolo XVII, ha insistito perché fosse mantenuta la distinzione precisa tra opera di evangelizzazione ed imperialismo coloniale. Quando da una stessa nazione partivano sia i colonizzatori che i missionari il pericolo della confusione era nelle cose stesse e, dunque, bisognava apertamente denunciarlo e combatterlo. La Sacra Congregazione de Propaganda Fide fondata nel 1622, indirizzò nel 1659 ai missionari che andavano in Oriente un’istruzione che è meritatamente famosa. Essa, tra l’altro, raccomandava: “Non mettete alcuno zelo, non adoperatevi a convincere questi popoli a cambiare i loro riti, i loro costumi e le loro tradizioni, a meno che non siano palesemente contrarie alla religione e alla morale. Non c’è niente di più assurdo che trasferire presso i cinesi la Francia, la Spagna, l’Italia o qualunque altro paese d’Europa. Non dovete portar loro la cultura dei nostri paesi, ma la fede…Non cercate di sostituire le usanze europee a quelle dì questi popoli e siate più attenti possibile ad adattarvi a loro”.

16. Papa Pio XI condannò con fermezza le dottrine naziste nella sua enciclica Mit brennender Sorge del 1937. Il suo successore, Papa Pio XII, continuò nella stessa linea. In Germania vi fu allora una resistenza coraggiosa dei cattolici contro le dottrine naziste e non pochi laici, preti e religiosi pagarono con sofferenze di ogni genere e con la morte la loro fedeltà al Vangelo.

17. Papa Paolo VI disse al Corpo Diplomatico nello stesso anno della sua morte: “Per chi crede in Dio, tutti gli esseri umani, anche i meno dotati, sono figli del Padre universale che li ha creati a sua immagine e guida i loro destini con amorevole premura. Paternità di Dio significa fratellanza tra gli uomini: è questo un cardine dell’universalismo cristiano, un punto in comune anche con le altre grandi religioni e un postulato della più alta saggezza umana di ogni tempo, quella che ha il culto della dignità dell’uomo” (Discorso al Corpo Diplomatico, 14 gennaio 1978, AAS LXX H, 1978, p. 172).

18. Nella sua allocuzione al Comitato speciale delle Nazioni Unite per l’apartheid, Papa Giovanni Paolo II disse: “La creazione dell’uomo da parte di Dio’ a sua immagine’ conferisce ad ogni essere umano grande dignità; allo stesso modo essa postula la stessa uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani. Per la Chiesa questa uguaglianza, che è radicata nell’essere stesso dell’uomo, acquista una dimensione di fratellanza assolutamente speciale grazie all’Incarnazione del Figlio di Dio…Nella Redenzione operata da Gesù Cristo la Chiesa vede un fondamento nuovo dei diritti e doveri della persona umana. Di conseguenza qualsiasi forma di discriminazione basata sulla razza… è del tutto inaccettabile” (Allocuzione, 7 luglio 1984, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VII, 2, 1984, p. 36).
Il Papa Giovanni Paolo II, nel suo discorso agli intellettuali africani a Yaoundé, il 13 agosto 1985, biasimò il fatto che persone appartenenti a nazioni cristiane avessero contribuito alla tratta dei neri e chiese il perdono degli africani (cfr. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 2, 1985, p. 370).
Il pregiudizio razziale è blasfemo contro il Creatore. “Dobbiamo rendere pura la nostra visione degli altri” disse lo stesso Sommo Pontefice ai giovani di Mauritius nel suo incontro con loro il 15 ottobre 1989 (cfr. L’Osservatore Romano, 17 ottobre 1989, p. 4).

19. Il passo più esplicito che la Chiesa ha compiuto ai nostri giorni per sottolineare la priorità della peste del razzismo nel mondo di oggi è senz’altro la pubblicazione del 10 febbraio 1989 del documento La Chiesa di fronte al razzismo, della Pontificia Commissione “Justitia et Pax”. Questa nostra conversazione è in gran parte un riassunto di quella appropriata e bellissima dichiarazione.
Il documento offre una sintesi vigorosa del problema. Esplora le origini lontane della mentalità che dopo molti secoli si sviluppò in razzismo in senso stretto. Fa un’analisi acuta delle diverse forme di questo cancro senza pretendere di elencare tutti i paesi ove si trova. Porta la luce della Rivelazione sulla malattia ed indica i doveri dei cristiani e degli altri uomini di buona volontà.

20. Il documento ha trovato una buona accoglienza presso la Chiesa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite e la stampa. Diamo qualche occhiata alla risonanza nella stampa. “Noi applaudiamo il Vaticano per la sua chiarezza e franchezza nel denunciare il razzismo e l’antisemitismo”, dice Abraham H. Foxman, Direttore Nazionale della “Anti-Defamation League” (ebreo) a New York.
“Il testo ha molto da dire ai canadesi sul razzismo qui in casa e che non si deve considerare solo per gli altri paesi”, scrive Padre William Ryan, S.J., Segretario Generale della Conferenza Episcopale Canadese (CCCB Information, OPI-439, 23/2/89, p. 1). Quando si parla di razzismo c’è la tendenza da parte di tutti di pensare al razzismo degli altri e non al nostro.
“Documento splendido” scrive Peter Hebbletwaite, nel National Catholic Reporter, 24/2/89, p. 9.
“Il documento vaticano attacca il razzismo in tutte le sue forme”, dice il Bollettino della “Lutheran World Federation”, marzo 1989.
“Opportuno e relativamente conciso”, scrive Commonweal, 7/4/89, p. 196.
“Un documento romano particolarmente rilevante”, dice il Bollettino della FABC (Federation of Asian Bishops’ Conferences).
“L’apartheid avvelena la pace internazionale” dichiara la “Southern African Catholic Bishops’ Conference”.
‘T razzismo: la Chiesa parla”, intona La Croix di Parigi.
“Il Cattolicesimo contro tutte le circonvallazioni”, dice Bénédicte de Valicourt nel Jeune Afrique, 1/3/89.
“Razzismo, la Chiesa fa autocritica”, intitola il Corriere della Sera, 11/2/89.
“La Chiesa: contro l’apartheid sono giuste anche le sanzioni”, dice La Stampa, 11/2/89.
“No a tutti i razzismi: una piaga aperta nell’umanità”, scrive Il Tempo, 11/2/89.
“La Santa Sede condanna con un documento i pregiudizi razziali e l’apartheid”, riporta L’Avvenire, 11/2/89.
“Il razzismo barriera all’evangelizzazione” dice Popoli e Missioni, aprile 1989, p. 7.
“Pelle di Dio, pelle dell’uomo” , scrive Nigrizia, maggio 1989, p. 40.
“Uno dei mali antichi dell’umanità”, dice ABC di Madrid, 11/2/89.
“Il razzismo è blasfemo e peccato”, dichiara El Paìs, 9/2/89.
“Il peccato del razzismo”, dice Ecclesia, 25/2/89.
Uno dei segni più evidenti della risonanza del documento, La Chiesa di fronte al razzismo, è che è stato il tema di una giornata di studio delle Nazioni Unite il 21 settembre u.s. Il Cardinal Roger Etchegary, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha tenuto la prolusione. Hanno partecipato il Presidente dell’Assemblea Generale, il Nunzio Apostolico e l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Nunzio Apostolico in Washington, e molti membri del Corpo Diplomatico (cfr. L’Osservatore Romano, Weekly English Edition, 23/10/89, pp. 1-4).

21. A livello delle Conferenze Episcopali si sono prese molte iniziative per educare la gente al senso dell’unità umana in Dio Creatore e Salvatore, per promuovere il rispetto per la dignità umana e i diritti fondamentali, per aiutare i cristiani a dare testimonianza di amore fraterno specialmente agli stranieri, e per aiutare a risolvere conflitti razziali o tribali. Si pensi, per esempio, a tutto ciò che ha fatto la Chiesa nella Repubblica del Sud Africa, negli Stati Uniti e nell’Inghilterra, promuovendo dappertutto istituzioni in cui la convivenza fraterna tra gente appartenente a gruppi razziali diversi fosse una forma di educazione e una pratica quotidiana. Affrontare in concreto l’idra del razzismo nelle molteplici forme in cui si manifesta non è mai cosa facile. In molti paesi dell’Africa, per esempio, i colonizzatori hanno messo insieme moltissimi popoli con caratteri diversi, lingue diverse, e poi questi popoli un giorno si sono trovati inclusi in uno Stato estraneo alla loro storia. Nello Stato di cui faccio parte, la Nigeria, parliamo duecentocinquanta lingue. Alcune di queste sono dialetti. lo di queste lingue ne conosco una sola, la mia, che è parlata da 12 milioni di persone, ma non da tutti. La Chiesa deve essere strumento anche di unità in tali situazioni, in cui i conflitti razziali tendono ad esplodere con troppa frequenza.

IV – Cosa possono fare i cristiani?

Di fronte alla peste del razzismo, la Rivelazione cristiana, la dottrina della Chiesa e la storia impongono al cristiano alcuni obblighi.

22. Il primo obbligo è di informarsi bene sulla ragione teologica che rende inaccettabili il razzismo, i pregiudizi e le discriminazioni ad esso congiunti. Alimentare pensieri e atteggiamenti razzisti è un peccato perché va contro il messaggio di Gesù Cristo che dice che ogni persona è il mio prossimo, mio fratello o mia sorella (cfr. Lc. 10, 29-37). Se vogliamo avere leggi giuste, queste devono nascere da idee ed atteggiamenti che rispettino il Dio Creatore e Redentore.

23. Coloro a cui è affidato un ministero di insegnamento nella Chiesa devono fare del loro meglio per diffondere la vera dottrina e l’atteggiamento giusto verso popoli di altre razze. Si deve assolutamente denunciare il ricorso alla Bibbia per giustificare i pregiudizi razziali. Le scuole sono di grande importanza.

24. Verso gli stranieri, i rifugiati e in genere le persone di un’altra razza, il cristiano deve dare testimonianza di apertura, di accettazione, di amore, di fratellanza. Non è sempre facile, ma nostro Signore non ha mai detto che il cristianesimo è facile.

25. Le vittime del razzismo vanno difese. Chi le difende, però, deve essere attento a mantenere un atteggiamento evangelico di amore anche verso l’oppressore; altrimenti il difensore, mostrando odio nei confronti di chi opprime, potrebbe cadere nello stesso male. Se comincia a odiare, anche colui che è nel giusto diventa razzista. Si deve vincere il male con il bene (cfr. Rm. 12, 21).

26. La giovinezza è un’età di speranza. I giovani, se ben formati, dovrebbero mostrarsi più aperti verso gli altri popoli dei loro genitori. I movimenti giovanili hanno una grande importanza nello sforzo di costruire un mondo nuovo, una umanità riunita e rinnovata in Cristo, una società ove cadano le barriere, un mondo senza frontiere artificiali costruite dall’egoismo dei più forti.

27. Nei vari Stati è necessaria la promozione della legislazione per ciò che concerne i diversi gruppi etnici, gli immigrati, gli studenti stranieri, i rifugiati e i profughi. Il problema non è privo di aspetti complessi e delicati. Il senso cristiano della carità, la volontà di condividere in uno spirito di rispetto per le differenze, di fratellanza e di solidarietà, aiuterà il cristiano a cercare e a trovare la strada giusta.

28. Molti cristiani hanno la possibilità di iniziare, di promuovere, o di aiutare azioni tra diversi Stati o a livello dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per soccorrere gli oppressi e per trovare soluzioni a problemi internazionali che riguardano il pregiudizio razziale. Non dobbiamo dire agli oppressi: “Abbiate pazienza, perché andrete in cielo dove tutto sarà pace e gioia”. Noi vogliamo la giustizia qui ed ora perché lo sforzo per realizzare la fraternità è il nostro modo di andare in cielo, ma non si deve aspettare di arrivare in cielo per avere la giustizia. Il regno di Dio noi vogliamo che venga sulla terra, che la volontà di Dio si faccia sulla terra come in cielo.

V – Considerazioni particolari per ì paesi dell’Occidente

29. Poiché in genere i paesi dell’Europa Occidentale, degli Stati Uniti e del Canada sono più avanzati economicamente e tecnologicamente che i paesi del Sud del mondo, non stupisce che molte persone vengano in Europa o nel Nord America da questi paesi, per lo studio, per il lavoro od anche come rifugiati. Cresce perciò il pluralismo etnico in molti paesi dell’Occidente. L’Occidente è anche più ricco ed ha una voce forte nella politica internazionale. Le sue decisioni, le scelte economiche e culturali esercitano una forte influenza sul cosiddetto Terzo Mondo.
E perciò giustificata una breve riflessione sui diritti e sugli obblighi che ha l’Occidente per quanto riguarda i pregiudizi razziali.

30. Fermo restando il principio dell’uguaglianza e della dignità di ogni essere umano e della necessità di fratellanza e di solidarietà, dobbiamo anche tener conto delle differenze che esistono tra i vari popoli. Dire: “vogliamo fratellanza” non deve significare “vogliamo l’abolizione di tutte le differenze”. Non possiamo ridurre tutti i popoli a fiammiferi tutti uguali nelle loro scatole. Come dice il documento, La Chiesa di fronte al razzismo, n. 23, “L’uguaglianza non significa uniformità”. E’ necessario che le minoranze etniche, linguistiche o religiose, che vivono all’interno delle frontiere di uno stesso Stato, si vedano riconoscere gli stessi diritti inalienabili degli altri cittadini, compreso quello di vivere le loro peculiari tradizioni culturali e religiose (cfr. Giovanni Paolo II: Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1989: Per costruire la pace, rispettare le minoranze).

31. Non vogliamo negare che ci siano problemi nell’attuazione di questo principio. I pubblici poteri sono i responsabili del bene comune. Spetta a loro di stabilire la proporzione dei profughi o di immigrati che il loro paese è in grado di accogliere, tenendo conto delle possibilità di occupazione e delle sue prospettive, di sviluppo, ma anche dell’urgenza dei bisogni degli altri popoli.
La comunità locale ha anche il diritto ad una sua identità e alle sue abitudini. Non deve però chiudersi contro altri popoli, altre culture, altre usanze. Infatti noi diventiamo più ricchi come uomini e donne se ci apriamo agli altri. Un incontro con una persona umana di un’altra cultura, razza, lingua può avere un valore decisivo, talora più importante di un corso di studi universitari.

Conclusione

32. Il razzismo è un cancro che riemerge di tempo in tempo, anche quando lo si considera scomparso. Il nostro atteggiamento deve essere quello della vigilanza cristiana alla luce del Vangelo. Il cristiano deve essere convinto che ogni persona umana è suo fratello o sorella. Questa convinzione deve condurre ad atteggiamenti ed azioni dì fratellanza e di solidarietà. Se tutti si comporteranno così, sarà l’inizio della fine del razzismo.

NOTA: testo, non rivisto dal’Autore, della conferenza tenuta a Brescia l’1.12.1989 su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.