La mia esperienza di nonno

I
“Dove sono i bambini lì c’è un’età dell’oro

Tra le cose che più incidono nella nostra esistenza alcune rinviano ad esperienze esemplari, al-tre nascono da uno stato di mancanza. Da quasi un quarto di secolo vivo con gioia il mio ruolo di “nonno”, ma non ho conosciuto neppure uno dei miei quattro nonni. Parlare della mia esperienza di nonno non è facile perché quel ruolo va interpretato in tanti modi e in rapporto a situazioni assai di-verse. Qui tenterò solo di individuare nei problemi che ci stanno a cuore alcuni aspetti a mio avviso significativi.
Per rendere meno generico quanto sto per dire c’è una distinzione preliminare da fare ed è quella relativa alla diversa età dei nipoti: nel mio caso, il primo è iscritto al quarto anno di ingegneria e l’ultimo ha solo quindici mesi. Devo confessare che il primato di volta in volta io l’ho conferito sempre al più piccolo, perché oggettivamente più bisognoso di cure, senza per questo nulla togliere agli altri.
Sin dall’inizio presi una decisione che si è rivelata la più gradita dagli interessati: venendo dai nonni, in qualsiasi momento, essi hanno sempre avuto un’accoglienza festosa e sono stati liberi di irrompere nello studio e di farla da padroni, quali che fossero i miei impegni di lavoro. Nulla, infatti, è più dolce dell’infanzia dei nipoti e io non ho mai sopportato che, all’arrivo dei miei ospiti più importanti, gli adulti li ignorassero mettendosi a discutere tra loro.

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In cento modi, un poco ogni giorno, noi dobbiamo iniziare i nostri nipotini a un’esperienza e-saltante. Novalis osservava che «dove sono i bambini lì c’è un’età dell’oro» e noi abbiamo il compito di aprire i loro occhi a tutto ciò che è bello. Occorre, infatti, abituarli a contemplare un fiore di campo o un vaso di ciclamini, offrire loro la visione di uno splendido tramonto, di un arcobaleno, di una serata illuminata dalla luna, o del cielo stellato. Tutto ciò non è affatto superfluo, perché un mondo deserto di bellezza non sarebbe più un mondo abitato da creature umane, ma da mostri. Noi nonni non dobbiamo dimenticare che oltre le canzoncine graziose e giocose della scuola materna occorre selezionare con cura brani musicali di grandi maestri, ma pienamente accessibili ai piccoli, e ascoltarli insieme, anche attraverso una video-cassetta, stando seduti accanto a loro. Ci vuole molta misura e buon gusto in questo tipo di iniziazione, ma anche costanza nel destare disposizioni pre-ziose che il bambino porta dentro di sé.

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Si sa che nell’infanzia si può educare divertendo e il tramite elettivo per raggiungere un simile risultato rimane pur sempre il racconto e la lettura. L’uno e l’altra preparano mirabilmente alla vita conservando il genio dell’infanzia sempre protesa a cercare il meraviglioso e l’eroico. Il racconto e la lettura suggeriscono un modo di vedere le cose attraverso l’immaginazione e la fantasia: aprendoci a una pluralità di conoscenze e di sentimenti, contribuiscono in maniera suggestiva a far intuire ai fanciulli il valore morale e a modificare i loro atteggiamenti pratici.
I fanciulli sono insaziabili nel chiederci sempre nuove storie e nel farcele ripetere, soprattutto se nelle vicende dei protagonisti ravvisano avventure e disavventure, monellerie e atti generosi dei loro genitori, degli zii e dei cugini quando erano ancora piccoli come loro. I nonni, però, devono as-solutamente bandire dai loro racconti e dalle loro letture l’orrido, il macabro, quel mondo popolato da mostri, streghe, maghi e diavoli perché, quando il bambino si trova solo, ed evoca quelle orribili rappresentazioni, ne è terrorizzato. Sono molte le cose belle e persino sublimi che possono incantare e commuovere profondamente insieme nonni e nipotini. Penso in particolare alla storia di Giuseppe e dei suoi fratelli e a tanti altri episodi dell’Antico Testamento, senza parlare dei miracoli, delle pa-rabole, della vita di Gesù e dei suoi insegnamenti.

II
“I riti” del Piccolo principe e le attese degli adolescenti

Nel capitolo XXI di un celebre libro, Il piccolo principe, leggiamo che il piccolo principe ha fatto conoscenza della volpe e si sono dati appuntamento per l’indomani. Quando il piccolo principe arriva dalla volpe si sente accogliere con queste parole:
«Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora. Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò così il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora preparare il mio cuore per te. Ci vogliono i riti».
«Che cos’è un rito?» disse il piccolo principe.
«È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore».

Ebbene, i nipoti sono innamorati dei «riti», e non solo i più piccoli. Tra molti esempi ne cito un paio. Quando, all’uscita dalla scuola materna, il penultimo dei nipoti, Pietro, viene a salutare i nonni, egli si aspetta, ben allineati sul tavolo della cucina, tre piccoli doni: una bibita, a cui il limone conferisce una sorta di colore rosso porpora, e la cannuccia per berla; due caramelle mou; tre biscotti rigoli. Allo stesso modo, quando una volta alla settimana il venerdì sera si ferma a dormire con la nonna, il dono atteso è ascoltare o farsi leggere un racconto evangelico.

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Ora, per non abusare della vostra pazienza, mi avvio alla conclusione. Quando un nipote di-venta adolescente, l’attenzione per lui non diminuisce affatto, ma ognuno dei nonni deve allora far sue, alla lettera, le parole pronunciate da Giovanni Battista nei confronti di Gesù: «Bisogna che egli cresca e che io diminuisca» (Gv. 3, 30). La dimensione affettiva sarà salvaguardata e resa ancora più intensa solo se i nonni non vorranno farsi valere in virtù della loro autorità: è questo, infatti, il momento in cui il loro «amore pensoso» dovrà essere espresso nelle sue modalità specifiche più alte quali la delicatezza d’animo, un atteggiamento di confidente attesa, la discrezione che nulla impone e tutto spera.
Queste convinzioni maturano in noi nonni solo col passare degli anni, lentamente e non senza fatica; ma esse sono invece ben presenti nell’animo dei nostri nipoti che vivono le inquietudini e le speranze dell’adolescenza. Ne ho avuto conferma in un e-mail inviatomi da una mia nipote che era venuta a sapere dell’incontro di oggi e voleva offrirmi l’apporto della sua diretta testimonianza. Io la ringrazio di tutto cuore e sono felice di chiudere il mio intervento con le sue stesse parole:
«Con i nonni si può avere un rapporto più profondo e personale di quello che si ha con i ge-nitori; ci si può confidare con maggiore facilità perché loro non giudicano, ma consigliano amore-volmente. Hanno molta esperienza e, anche raccontando un semplice aneddoto del loro passato, sanno parlare al nostro cuore e alla nostra intelligenza. I nonni sono sempre un punto di riferimento quanto mai importante e solido per i loro nipoti. Caratteristica primaria di tutti i nonni degni di questo nome io penso che sia la gentilezza, che si manifesta in primo luogo nel mettere a nostra di-sposizione tutto il tempo di cui abbiamo bisogno per ritrovare serenità e fiducia sia in noi stessi che negli altri. Fin da bambina ricordo la magia che mi invadeva quando, fermandomi a lungo a casa vostra, mi pareva di respirare un’atmosfera senza tempo da cui era assente la fretta ed ogni motivo di ansia».
Giornale di Brescia, 3 ottobre 2005 (Pensiamo di far cosa gradita ai nostri lettori pubblicando il testo dell’intervento del prof. Matteo Perrini alla Festa nazionale dei nonni, celebrata a Brescia il 1° ottobre 2005).