Quando la salute parte dal cervello

Un paio di settimane fa il professor Giovanni Reale svolse il tema Corpo, anima e salute in rapporto al pensiero greco; l’argomento torna ora ad essere affrontato nella prospettiva di quella nuova scienza designata col nome di Psicologia della salute e a parlarcene è il più autorevole esponente in Italia di quella disciplina che già nel nome sta a indicare un «cambiamento di paradigma» nel panorama della salute umana. Ho chiesto al professor Mario Bertini in che cosa consiste la «psicologia della salute» e come sia per così dire emersa questa nuova scienza. In realtà la psicologia scientifica moderna, fin dai suoi inizi, si è intensamente occupata di problematiche riguardanti la salute e la malattia, non solo della mente ma anche del corpo: basterebbe ricordare il suo coinvolgimento con il mondo della medicina attraverso i percorsi teorici e applicativi della psicosomatica o della psicologia medica. Con la dizione specifica psicologia della salute, tuttavia, sembra farsi strada un orientamento nuovo, di proporzioni più vistose, e sostanzialmente più coerente con il modello psicologico. Sviluppatasi negli Stati Uniti, la sua emergenza formale può essere ricondotta agli anni Settanta con la costituzione della Divisione di psicologia della salute dell’American Psychological Association. La definizione che fu proposta in quella sede, e poi generalmente accettata, è la seguente: «La psicologia della salute è l’insieme dei contributi specifici (scientifici, professionali, formativi) della disciplina psicologica alla promozione e al mantenimento della salute; alla prevenzione e al trattamento della malattia, all’identificazione dei correlati eziologici, diagnostici della salute, della malattia e delle disfunzioni associate; all’analisi e al miglioramento del sistema di cura della salute e di elaborazione delle politiche della salute». Che vi sia uno stretto rapporto fra dinamiche comportamentali, oggetto specifico della disciplina psicologica, e processi di salute-malattia, è ormai universalmente riconosciuto. A confronto dell’ipotesi che certe abitudini, spesso fortemente indotte dal1’ambiente, assumano un peso notevole nella genesi delle malattie, il professor Bertini ricorda come una circostanziata relazione del Ministero della sanità statunitense, nella quale si attribuiva a stili di vita non sani – come il fumare, la mancanza di esercizio fisico, il consumo eccessivo di alcol, l’uso di droga, le diete inadeguate, il non uso delle cinture di sicurezza – un ruolo determinante in oltre il 50% di tutte le morti avvenute nel 1976 negli Stati Uniti.
La psicologia della salute si occupa evidentemente del rapporto tra “stili di vita” e insorgenza di certe malattie, ma anche delle reazioni alla malattia da parte del malato. È, infatti, innegabile che la rappresentazione della malattia nell’immaginario delle persone suscita una serie di atteggiamenti rilevanti sul piano delle conseguenze concrete. Basterebbe ricordare la tendenza a minimizzare o accentuare i sintomi procrastinando indebitamente, nel primo caso, l’intervento medico, o renderlo problematico nel secondo. I meccanismi di delegazione, specie per particolari malattie come il cancro, sono alla base di una quota rilevante d’insuccesso dei trattamenti, effettuati tardivamente, ma vistosi inconvenienti si possono attribuire anche all’accentuazione esasperata del sintomo da parte di vari pazienti. È inoltre di grande interesse il controllo dei fattori psicologici nel decorso della malattia, nell’alleviamento delle complicazioni croniche, nella terapia del dolore, nella valorizzazione delle varie modalità di supporto sociale, nelle situazioni di crisi.
Un altro grosso capitolo riguarda infine la problematica dei rapporti fra il paziente e la sua malattia da una parte e il sistema sanitario, a cominciare dalla figura del medico, dall’altra. Oltre gli «stili di vita», le reazioni del malato dinanzi alla malattia e il suo modo di rapportarsi al medico vi sono ripercussioni sulla salute direttamente legate a influente psicologiche. Ciò accade di continuo e vi sono momenti nella vita in cui ci è parso di sperimentarlo direttamente, ma tocca alla scienza dirci come fattori psicologici possono agire sulle cellule, sugli organi e sulle funzioni attraverso la mirabile mediazione del sistema nervoso centrale. Per meglio illustrare la portata degli effetti psicofisiologici diretti il professor Bertini ricorre ad una esemplificazione particolarmente rilevante: l’analisi di ciò che noi oggi indichiamo con il termine stress. Il problema dello stress sta assumendo grande rilievo nella psicologia della salute. Prima degli anni Settanta si pensava che lo stress contribuisse allo sviluppo solo di poche malattie fisiche, in particolare di quelle cosiddette «psicosomatiche». Successivamente tuttavia la ricerca ha cominciato a mettere in evidenza nuove relazioni fra lo stress e una grande varietà di patologie che prima si ritenevano di stretta natura organica, come le malattie cardiache, l’ictus, la tubercolosi, il diabete, la leucemia, il cancro, vari tipi di malattie infettive. Prendiamo come esempio, per molti aspetti rilevanti, le ricerche compiute da Friedman e Rosenman ( 1974). Questi due autori, infatti, riuscirono a mettere in evidenza la connessione esistente fra il rischio coronarico e una sindrome caratterizzata da forte competitività, ostilità, urgenza del tempo. Questa sindrome sarebbe in certo senso indicativa di una sorta di stress che i soggetti stessi si autoimpongono, con le conseguenti intense reazioni che ne derivano. Se l’ influenza dei fattori psicologici sulla salute fisica era stata ipotizzata da molto tempo, solo di recente, con il fiorire delle conoscenze sul sistema nervoso centrale, si può cominciare a vedere un concreto sviluppo nel valorizzare quelle intuizioni. Si deve allo straordinario sviluppo delle neuroscienze la scoperta di una serie di meccanismi che spiegano come eventi psicologicamente rilevanti si traducono in modificazioni fisiologiche dannose alla salute e in vere e proprie malattie. Il cervello, con i suoi collegamenti con il sistema endocrino da una parte e con il sistema immunitario dall’altra, appare sempre più un punto di riferimento obbligato per la comprensione dell’organismo nel suo stato di malattia e di salute. Il cervello serve e coordina contemporaneamente le funzioni mentali, il comportamento e i processi che regolano le funzioni corporee (per es. i meccanismi omeostatici e quelli immunologici); questi processi a loro volta influenzano la recettività dei tessuti e la resistenza ai vettori patogeni di ogni tipo.
Per il professor Bertini il senso e lo scopo delle nuove prospettive che si aprono nella medicina possono essere così sintetizzati: occorre passare dalla lotta alla malattia alla costruzione della salute. La medicina moderna, nello sforzo certamente coronato da notevoli successi di sconfiggere la malattia, ha finito talvolta per oscurare a vantaggio di Panacea, l’altra figlia di Esculapio, Igea, che, secondo la mitologia, insegnava ai greci come essere sani. L’impegno a rispettare lo spirito di Igea, per lo più, non è andato oltre il crinale della «prevenzione» della malattia; ben raramente si è spinto sui sentieri della «promozione» di comportamenti che favoriscono la salute. Il concetto di promozione è consonante con gli orientamenti verso lo sviluppo o la realizzazione dell’organismo, nella sua interezza biopsicologica. La psicologia, nella sua identità disciplinare, è ricchissima di ispirazioni evolutivo-sociali e, pertanto, i contenuti dell’intervento dello psicologo dovrebbero agevolmente declinarsi nell’obiettivo di sviluppare, mantenere e usare pienamente le capacità fisiche, mentali ed emotive dell’individuo nella complessa rete delle sue relazioni sociali, e non solo di prevenire o curare la malattia, come un qualcosa di «altro da sé». Promuovere questo processo di “sviluppo della salute”, o “benessere”, è diventato dì fatto l’obiettivo principe della psicologia della salute. In questo spostamento di baricentro sul versante della salute, viene coniato il termine di salutogenesi chiaramente oppositivo rispetto a quello di patogenesi. Anziché interrogarsi sui meccanismi che conducono allo stato di malattia, viene posto il tema dei fattori che orientano verso lo stato di salute. Qualcuno ha visto nei processi di trasformazione avviati, o richiesti, dalla psicologia della salute la “ terza rivoluzione” nell’area della salute mentale. I sostenitori dell’unità organica psicofisica della persona umana ne sono i più convinti.

Giornale di Brescia, 12.11.1999. Articolo scritto in occasione dell’incontro promosso dalla Ccdc con Mario Bertini sul tema: “Dalla lotta alla malattia alla costruzione della salute”.